Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26289 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26289 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’annullamento limitatamente al riconoscimento della continuazione, con rinvio per la determinazione del trattamento sanzionatorio
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME propone ricorso avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Corte di appello di Campobasso ha rigettato l’impugnazione proposta dall’imputata nei confronti della sentenza del Tribunale di Larino del 19/12/2022, che l’aveva dichiarata responsabile dei reati di cui agli artt. 56 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 nonché 73, comma 5, T.U. Stup. uniti dal vincolo della continuazione per avere illecitamente detenuto, al fine di cederli a terzi, 4 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina suddivisa in 19 dosi ternnosigillate, 14 grammi di eroina suddivisa in sette dosi termosigillate, 4 grammi lordi di hashish e per avere compiuto atti idonei e diretti in modo non equivoco a cedere a COGNOME NOME sostanza stupefacente del tipo cocaina per l’importo di euro 80, non riuscendo nell’intento per l’intervento delle Forze dell’ordine. Con recidiva specifica e infraquinquennale in Termoli il 23 settembre 2022.
La ricorrente deduce, con unico motivo, violazione di legge per avere i giudici di merito ravvisato nella vicenda in esame due autonome ipotesi delittuose avvinte dal vincolo della continuazione, segnatamente la detenzione di sostanza stupefacente e la tentata cessione. Secondo la ricorrente, dopo avere qualificato il fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. Stup., la distinzione tra tipologie di stupefacente non avrebbe potuto essere mantenuta e la condotta avrebbe dovuto ritenersi unitaria. Il possesso di sostanza stupefacente da cui viene prelevata una piccola quantità nel tentativo di cederla a terzi, si assume, integra un unico reato in quanto le fasi di detenzione, cessione e vendita della medesima sostanza non possono essere ontologicamente né cronologicamente scisse.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento limitatamente al riconoscimento della continuazione, con rinvio per la determinazione del trattamento sanzionatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondatamente promosso.
Secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità, le diverse condotte previste dall’art. 73 T.U. Stup. perdono la loro individualità, con conseguente esclusione del concorso formale, se costituiscono manifestazione di disposizione della medesima sostanza e risultano poste in essere contestualmente o comunque senza apprezzabile soluzione di continuità in funzione della realizzazione di un unico fine (Sez. 3, n.23759 del 10/02/2023, NOME COGNOME, RV. 284666).
Nel caso in esame le differenti azioni tipizzate dalla norma violata, segnatamente la detenzione e la tentata cessione, non concorrono in quanto non vi è distinzione sul piano ontologico, cronologico e psicologico, essendo state poste in atto nel medesimo contesto spazio-temporale nel quale è avvenuto l’accertamento.
La sentenza impugnata ha valorizzato la circostanza che la detenzione concernesse diverse tipologie di droghe. Tale unica ragione, posta a fondamento del rigetto del relativo motivo di impugnazione, non si attaglia al fatto soggetto a giudizio, posto che la polizia giudiziaria ha sottoposto a perquisizione personale la COGNOME dopo aver notato, nel corso di un servizio di osservazione, che una persona, successivamente identificata in COGNOME NOME, si avvicinava alla donna estraendo dalla tasca alcune banconote. In quel medesimo contesto sono state rinvenute sulla persona le diverse tipologie di sostanza stupefacente.
Il giudice di primo grado ha qualificato le condotte ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. Stup.; conseguentemente, avrebbe dovuto applicare il principio secondo il quale la fattispecie di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, T.U. Stup. costituisce un’ipotesi autonoma di reato con una pena unica e indifferenziata quanto alla tipologia di stupefacente rispetto a quella delineata dall’art. 73, comma 1, T.U. Stup., in linea con quanto affermato da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 -02 a proposito del fatto che la detenzione nel medesimo contesto di sostanze stupefacenti tabellarmente eterogenee, qualora sia qualificabile nel suo complesso come fatto di lieve entità, integra un unico reato e non una pluralità di reati in concorso tra loro.
Ne consegue che la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto sussistente la pluralità di reati sul presupposto della differente tipologia di taluna delle droghe detenute a fini di spaccio e quella oggetto del tentativo di cessione, dovendo piuttosto valutare se fossero configurabili più reati ovvero si trattasse di un unico reato sulla base del principio, sopra richiamato, secondo il quale le
diverse condotte previste dall’art. 73 T.U. Stup. perdono la loro individualità quando si riferiscono alla stessa sostanza stupefacente e sono indirizzate a un unico fine, ove consumate senza apprezzabili soluzioni di continuità (Sez. 3, n. 3323 del 17/11/2021, dep. 2022, Bruno, Rv. 282699). Trattasi di principio che, letto unitamente a quanto espresso dalle Sez. U, Murolo, cit., qualora il fatto sia stato sussunto nell’ipotesi di cui all’art.73, comma 5, T.U. Stup., trova applicazione anche nel caso in cui siano detenute sostanze tabellarmente eterogenee e il detentore proceda alla cessione di un solo tipo di sostanza.
Conclusivamente, la sentenza deve essere annullata senza rinvio limitatamente alla ritenuta pluralità di reati; alla determinazione del trattamento sanzionatorio può provvedere direttamente questa Corte ai sensi dell’art.620 lett. L) cod. proc. pen. in quanto non è necessario alcun giudizio discrezionale. Il .giudice di merito ha irrogato la pena di otto mesi di reclusione ed euro 16.000 di multa, aumentata a un anno di reclusione ed euro 24.000 di multa ai sensi dell’art.99 cod. pen.; tale pena, omesso quindi l’aumento ai sensi dell’art.81 cod. pen., deve essere ridotta di un terzo per la scelta del rito come in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, che determina in mesi otto di reclusione ed euro sedicimila di multa.
Così deciso il 6 giugno 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente