Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 10895 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 10895 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: PRIFT ERVIS nato il 20/07/1985
avverso la sentenza del 10/12/2021 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla requisitoria scritta con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza della Corte di appello di Firenze, in data 10 dicembre 2021, è stata confermata la pronuncia del GUP di Firenze con la quale NOME COGNOME è stato condannato in relazione al reato di cui all’art. 7 d.P.R. n. 309/1990, aggravato dall’art. 4 L. n. 146/2006, perché, in concorso con altri, si adoperava per procurarsi un quantitativo di sostanza stupefacente del tipo cocaina (kg. 1,150) proveniente dall’Olanda che veniva sequestrata il 24 settembre 2009 a Vipiteno.
2. Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse del Prift affidandolo ad unico motivo con il quale si deduce il vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606 lett. c) cod. proc. pen. La Corte territoriale non avrebbe rilevato che l’art. 4 della L. n. 146/2006 ha superficialmente recepito l’art. 2 lettere a) e c) della Risoluzione Onu nella parte in cui specifica che per gruppo criminale organizzato deve intendersi un gruppo strutturato di tre o più persone che esiste per un periodo di tempo, che non si sia formato in maniera aleatoria o casuale e che agisca per commettere uno o più atti criminali.
L’art. 3 della legge di ratifica n. 146/2006 avrebbe erroneamente trasposto il principio posto dalla risoluzione Onu prevedendo che ai fini della presente legge si considera reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato nonché sia commesso in più di uno Stato; sia commesso in uno Stato ma una parte della sua preparazione, pianificazione avvenga in un altro Stato; sia commesso in uno Stato ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato, impegnato in attività criminali in più di uno Stato ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in uno altro Stato. Circa la rilevata contraddizione t l’art. 4 della L. n. 146/2006 e la Risoluzione Onu n. 55/2000 la Corte di appello ha taciuto né ha motivato in merito alla prova che il gruppo di cui faceva parte l’imputato, presentasse quelle connotazioni di organizzazione e struttura tali da poter rispondere ai principi di cui alla Risoluzione Onu e alla corretta interpretazione degli artt. 3 e 4 della legge di recepimento.
All’udienza del 3 dicembre 2024, il P.G., in persona del sostituto NOME COGNOME riportandosi alle conclusioni scritte già depositate, ha
chiesto il rigetto del ricorso. Il difensore non è comparso. Il processo è stato rinviato stante la necessità di diversa composizione del Collegio.
All’odierna udienza, il P.G., si è riportato alle conclusioni già depositate. Il difensore non è comparso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. Se è vero che l’aggravante della c.d. “transnazionalità” è stata prevista dall’art. 3 della L. n. 146/2006 è del pari vero che, con l’introduzione introduzione dell’art. 61 bis cod. pen., a seguito della novella di cui all’art. 5 comma 1, lett. d.lgs. n. 21/2018, l’aggravante in parola presuppone che la commissione di un qualsiasi reato, punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, sia stata determinata o anche solo agevolata, in tutto o in parte dall’apporto di un gruppo criminale organizzato, impegnato in attività illecite in più di uno Stato (Sez. U, n. 18374 del 31/3/2013, COGNOME, Rv. 255033-01). L’aggravante in parola è astrattamente compatibile anche con il reato il reato associativo, sempre che il gruppo organizzato transnazionale non coincida con l’associazione a delinquere.
Il giudice di primo grado ha già escluso il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n 309/1990 dal che discende che non viene in rilievo il presupposto della diversità del gruppo rispetto ad un reato associativo che si ritenga aggravato dal contributo garantito da quello stesso gruppo associativo.
Inoltre, la transnazionalità non è un elemento costitutivo di una fattispecie di reato ma un predicato riferibile a qualsiasi delitto purché si tratti di reto punito c pena non inferiore a quattro anni di reclusione, sia riferibile a un gruppo criminale operante solo in ambito nazionale e ricorra una delle seguenti condizioni: a) che il reato sia commesso in più di uno Stato; b) che il reato sia commesso in uno stato ma che parte della preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro stato; c) che il reato sia commesso con implicazioni di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d) che il reato sia commesso in uno Stato ma con produzione di effetti sostanziali in un altro Stato (Sez. U del 31/01/2013, Adami, Rv. 25503801 – 01).
E’ stato, inoltre, affermato quanto alla nozione di gruppo criminale organizzato che lo stesso può ritenersi a fronte della stabilità dei rapporti fra li
adepti, di una organizzazione pure minimale, della non occasionalità o estemporaneità della stessa e della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato oltre che al conseguimento di un vantaggio finanziario o comunque materiale (sez. 5, n. 500 del 6/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262217; sez. 4, n. 3398 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285702-02; sez. 3, n. 23896 del 19/4/2016, COGNOME, R. 267440-01).
Nel caso in esame, l’aggravante in esame è stata dai giudici di merito, di volta in volta, riconosciuta con riferimento ai singoli reati e tra questi anche co riferimento al capo 2h) del quale era chiamato a rispondere il ricorrente in concorso con COGNOME e COGNOME
Il ricorso, con il quale ci si duole della mancata esclusione della circostanza aggravante della transnazionalità non scalfisce gli argomenti spesi dalla Corte territoriale che, nel riconoscere maggiore offensività della condotta posta in essere a cagione del “percorso” dello stupefacente attraverso più Stati e l’avvenuta pianificazione della importazione, ha posto l’accento sulle intercettazioni richiamate nella sentenza che davano conferma non solo della circostanza che COGNOME, avvalendosi di un gruppo capace di importare lo stupefacente in Italia, conosceva la provenienza dall’estero ma monitorava il trasporto, anche alla luce delle vicissitudini legate al guasto dell’autovettura sulla quale la droga era trasportata.
Già il Gup aveva posto l’accento sulla conversazione intercorsa tra COGNOME e COGNOME nel corso della quale l’odierno ricorrente informava COGNOME della necessità del recupero dell’autovettura rimasta in Austria a causa del guasto e, nell’occasione, i due discutevano anche del taglio della droga.
Era stato, altresì, evidenziato che proprio il COGNOME veniva informato da COGNOME allorquando si recava alla stazione di Verona a prelevare NOME di ritorno dall’Austria dove aveva dovuto lasciare l’auto.
La Corte territoriale, dal canto proprio, con motivazione non manifestamente illogica, ha disatteso le censure difensive formulate rilevando che la difesa non aveva introdotto alcun elemento che consentisse di accedere a una lettura alternativa delle emergenze probatorie, ponendo, peraltro, in evidenza la circostanza che non fosse dubbia l’identificazione del ricorrente che nell’occasione del suo arresto era trovato in possesso della sim oggetto di intercettazione. Da quanto detto discende il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 29 gennaio 2025
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