Reato di Spendita di Monete False: La Cassazione Sottolinea i Requisiti del Ricorso
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia di reato di spendita di monete false. La decisione sottolinea la necessità di un confronto specifico e puntuale con le motivazioni della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità del ricorso stesso. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dalla Suprema Corte.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dalla condanna di una donna per il reato previsto dall’art. 459 del codice penale, relativo alla spendita e messa in circolazione di monete falsificate. La Corte d’Appello di Bologna, pur riconoscendo la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), aveva confermato la condanna, rideterminando la pena.
Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre distinti motivi:
1. Errata qualificazione giuridica del fatto: si chiedeva di riclassificare il reato nella diversa e meno grave ipotesi prevista dall’art. 466 c.p.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità: si lamentava la non applicazione dell’art. 131-bis c.p. per la particolare tenuità del fatto.
3. Eccessività della pena: si contestava la determinazione della pena base ritenuta sproporzionata.
La Decisione sul reato di spendita di monete false
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Secondo i giudici di legittimità, tutti e tre i motivi sollevati dalla difesa erano manifestamente infondati, in quanto non affrontavano in modo adeguato e critico le argomentazioni sviluppate dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata.
Le Motivazioni dell’Inammissibilità
La Corte ha smontato punto per punto le censure della ricorrente, offrendo una lezione sulla corretta tecnica di redazione di un ricorso in Cassazione.
Primo Motivo: la Necessità di un Confronto Specifico
Sul primo punto, relativo alla riqualificazione del fatto, la Cassazione ha evidenziato come la ricorrente non si fosse confrontata con la motivazione, definita “non manifestamente illogica né contraddittoria”, con cui i giudici d’appello avevano spiegato perché la condotta rientrasse nell’ipotesi dell’art. 459 c.p. e non in altre. Un motivo di ricorso non può limitarsi a riproporre una diversa tesi giuridica, ma deve demolire il ragionamento del giudice precedente.
Secondo Motivo: Valutazione Complessiva della Condotta
Riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha specificato che il riconoscimento di una circostanza attenuante non comporta automaticamente l’applicazione della causa di non punibilità. La Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato altri elementi, come “la messa in pericolo del bene protetto e il livello organizzativo realizzato dalla imputata”, per escludere la particolare tenuità del fatto. Anche in questo caso, il ricorso non ha contestato efficacemente tali argomenti.
Terzo Motivo: la Discrezionalità del Giudice di Merito sulla Pena
Infine, sull’eccessività della pena, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito, nel determinare la sanzione, non è obbligato a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che motivi la sua scelta facendo riferimento a quelli ritenuti decisivi. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata esente da “evidenti illogicità”, rendendo la censura inammissibile.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la pratica legale. Evidenzia come un ricorso per Cassazione non possa essere una semplice lamentela o una riproposizione di tesi già respinte. È necessario, invece, un’analisi critica e puntuale della sentenza impugnata, dimostrando in modo specifico dove e perché il giudice di merito abbia errato nel suo percorso logico-giuridico. In assenza di tale confronto, specialmente in casi come il reato di spendita di monete false, il rischio di una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, è estremamente elevato.
Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati e non si confrontavano adeguatamente con le specifiche argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata.
Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Nonostante il riconoscimento di una circostanza attenuante, la Corte d’Appello ha ritenuto che il pericolo per il bene protetto e il livello organizzativo dell’imputata fossero tali da escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., e il ricorso non ha efficacemente contestato questa valutazione.
È sufficiente lamentare genericamente l’eccessività della pena per ottenerne una riduzione in Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte ha ribadito che il giudice di merito ha ampia discrezionalità e deve motivare la sua decisione solo sulla base degli elementi ritenuti decisivi. Se la motivazione è logica e non contraddittoria, non è sindacabile dalla Corte di Cassazione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47082 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47082 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: PILLA EGLE
Data Udienza: 13/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONCALIERI il 17/07/1975
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
Rilevato che COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza della Corte D’Appello di Bologna che, in parziale riforma della pronunzia del Tribunale di Rimini, ha rideterminato la pena a seguito del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art.62 n.4 cod. pen., confermando nel resto la condanna per il reato di cui alli art. 459 cod. pen.
Considerato che il primo motivo con il quale la ricorrente lamenta vizio di motivazione in relazione alla mancata riqualificazione giuridica del fatto nella diversa ipotesi di cui all’art.466 cod. pen. è manifestamente infondato atteso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata (p.3) che con motivazione non manifestamente illogica, né contraddittoria ha adeguatamente chiarito le ragioni per le quali la condotta in esame non sia sussumibile nella ipotesi di cui all’art.466 cod. pen.
Rilevato che il secondo motivo con il quale si denunzia violazione della legge in riferimento alla mancata applicazione della condizione di non punibilità ex art. 131 bis cod. pen., è manifestamente infondato non confrontandosi con il contenuto della sentenza impugnata che, pur riconoscendo la circostanza attenuante di cui all’art.62 n. 4 cod. pen., ha valorizzato ha valorizzato la messa in pericolo del bene protetto e il livello organizzativo realizzato dalla imputata rispetto alla commissione del reato (si vedano, in particolare, pag.2 e 3) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini dell’affermazione della responsabilità.
Considerato che il terzo e ultimo motivo di ricorso che contesta la eccessività della determinazione della pena base è manifestamente infondato in presenza (si veda pag. 3 della sentenza impugnata) di una motivazione esente da evidenti illogicità, anche considerato il principio affermato da questa Corte, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche o nella determinazione della pena, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che faccia riferimento a quelli ritenuti decisiv o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13 novembre 2024 Il c , øis1gliere estensore
COGNOME Il Presidente