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Reato spendita monete false: Cassazione chiarisce

Un’imputata, condannata per il reato di spendita di monete false (art. 459 c.p.), ha presentato ricorso in Cassazione dopo che la Corte d’Appello aveva parzialmente riformato la pena. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, giudicando manifestamente infondati tutti i motivi: la richiesta di riqualificazione del reato, l’applicazione della particolare tenuità del fatto e la contestazione sull’eccessività della pena. La decisione sottolinea la necessità che il ricorso si confronti specificamente con le argomentazioni della sentenza impugnata.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Spendita di Monete False: La Cassazione Sottolinea i Requisiti del Ricorso

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha fornito importanti chiarimenti sui requisiti di ammissibilità dei ricorsi in materia di reato di spendita di monete false. La decisione sottolinea la necessità di un confronto specifico e puntuale con le motivazioni della sentenza impugnata, pena l’inammissibilità del ricorso stesso. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dalla condanna di una donna per il reato previsto dall’art. 459 del codice penale, relativo alla spendita e messa in circolazione di monete falsificate. La Corte d’Appello di Bologna, pur riconoscendo la circostanza attenuante del danno di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), aveva confermato la condanna, rideterminando la pena.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, basandolo su tre distinti motivi:

1. Errata qualificazione giuridica del fatto: si chiedeva di riclassificare il reato nella diversa e meno grave ipotesi prevista dall’art. 466 c.p.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità: si lamentava la non applicazione dell’art. 131-bis c.p. per la particolare tenuità del fatto.
3. Eccessività della pena: si contestava la determinazione della pena base ritenuta sproporzionata.

La Decisione sul reato di spendita di monete false

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Secondo i giudici di legittimità, tutti e tre i motivi sollevati dalla difesa erano manifestamente infondati, in quanto non affrontavano in modo adeguato e critico le argomentazioni sviluppate dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata.

Le Motivazioni dell’Inammissibilità

La Corte ha smontato punto per punto le censure della ricorrente, offrendo una lezione sulla corretta tecnica di redazione di un ricorso in Cassazione.

Primo Motivo: la Necessità di un Confronto Specifico

Sul primo punto, relativo alla riqualificazione del fatto, la Cassazione ha evidenziato come la ricorrente non si fosse confrontata con la motivazione, definita “non manifestamente illogica né contraddittoria”, con cui i giudici d’appello avevano spiegato perché la condotta rientrasse nell’ipotesi dell’art. 459 c.p. e non in altre. Un motivo di ricorso non può limitarsi a riproporre una diversa tesi giuridica, ma deve demolire il ragionamento del giudice precedente.

Secondo Motivo: Valutazione Complessiva della Condotta

Riguardo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., la Corte ha specificato che il riconoscimento di una circostanza attenuante non comporta automaticamente l’applicazione della causa di non punibilità. La Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato altri elementi, come “la messa in pericolo del bene protetto e il livello organizzativo realizzato dalla imputata”, per escludere la particolare tenuità del fatto. Anche in questo caso, il ricorso non ha contestato efficacemente tali argomenti.

Terzo Motivo: la Discrezionalità del Giudice di Merito sulla Pena

Infine, sull’eccessività della pena, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: il giudice di merito, nel determinare la sanzione, non è obbligato a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, ma è sufficiente che motivi la sua scelta facendo riferimento a quelli ritenuti decisivi. La motivazione della Corte d’Appello è stata giudicata esente da “evidenti illogicità”, rendendo la censura inammissibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito per la pratica legale. Evidenzia come un ricorso per Cassazione non possa essere una semplice lamentela o una riproposizione di tesi già respinte. È necessario, invece, un’analisi critica e puntuale della sentenza impugnata, dimostrando in modo specifico dove e perché il giudice di merito abbia errato nel suo percorso logico-giuridico. In assenza di tale confronto, specialmente in casi come il reato di spendita di monete false, il rischio di una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria, è estremamente elevato.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati erano manifestamente infondati e non si confrontavano adeguatamente con le specifiche argomentazioni contenute nella motivazione della sentenza impugnata.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
Nonostante il riconoscimento di una circostanza attenuante, la Corte d’Appello ha ritenuto che il pericolo per il bene protetto e il livello organizzativo dell’imputata fossero tali da escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., e il ricorso non ha efficacemente contestato questa valutazione.

È sufficiente lamentare genericamente l’eccessività della pena per ottenerne una riduzione in Cassazione?
No, non è sufficiente. La Corte ha ribadito che il giudice di merito ha ampia discrezionalità e deve motivare la sua decisione solo sulla base degli elementi ritenuti decisivi. Se la motivazione è logica e non contraddittoria, non è sindacabile dalla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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