Reato Presupposto: Quando la Prova Logica Sostituisce l’Accertamento Fattuale
Nel diritto penale, alcuni reati, come la ricettazione o il riciclaggio, per esistere necessitano di un reato presupposto, ovvero un crimine precedente che ha generato i beni o il denaro di provenienza illecita. Ma cosa succede se questo reato originario non è stato accertato con una sentenza definitiva? È possibile condannare ugualmente? Con l’ordinanza n. 5772 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: non è necessario provare il reato originario in ogni suo dettaglio, essendo sufficiente la prova logica della provenienza illecita dei beni. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso
Tre individui presentavano ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Il loro principale motivo di doglianza era la presunta mancanza o, quantomeno, la mancata individuazione specifica del reato presupposto da cui sarebbero derivati i beni oggetto del procedimento a loro carico. In sostanza, la difesa sosteneva che, non essendo stato provato con certezza il crimine originario (ad esempio un furto o una truffa), non si potesse procedere con una condanna per il reato successivo.
La Decisione della Corte sul Reato Presupposto
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendoli privi di specificità e manifestamente infondati. La Corte ha confermato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, rigettando la tesi difensiva. Secondo gli Ermellini, la pretesa di un accertamento completo e dettagliato del reato a monte è errata. La condanna dei ricorrenti è stata quindi confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La Prova Logica del Reato Presupposto
Il cuore della decisione risiede nel principio, citato anche attraverso un precedente specifico (sentenza Failla, n. 46419/2019), secondo cui la provenienza delittuosa di un bene può essere dimostrata anche attraverso prove logiche. Il giudice può desumere l’origine illecita basandosi su elementi indiretti, come la natura e le caratteristiche del bene stesso, le circostanze del suo ritrovamento o la condotta dell’imputato.
La Corte ha sottolineato come, nel caso specifico, le argomentazioni difensive fossero state palesemente smentite dagli atti processuali, dove il reato presupposto era stato sufficientemente individuato sia nel capo d’imputazione sia nelle motivazioni della sentenza di merito. Non è quindi necessario che esista una sentenza di condanna passata in giudicato per il reato-fonte, né che ne siano stati identificati gli autori o ricostruiti tutti i particolari. Ciò che conta è che il giudice, sulla base di un ragionamento logico e coerente con le prove raccolte, possa affermare con un alto grado di credibilità razionale che i beni in questione non possono che provenire da un’attività criminosa.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza consolida un principio di grande rilevanza pratica. Essa chiarisce che una linea difensiva basata unicamente sulla mancata prova “granitica” del reato presupposto ha scarse possibilità di successo. Per i giudici, l’assenza di una spiegazione lecita e credibile da parte di chi viene trovato in possesso di beni sospetti, unita a elementi indiziari solidi, è sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza. La decisione rafforza gli strumenti a disposizione dell’accusa nella lotta a reati come la ricettazione e il riciclaggio, che sono per loro natura successivi ad altre attività criminali spesso difficili da tracciare completamente.
È sempre necessario provare in ogni dettaglio il reato da cui provengono i beni per poter essere condannati per un reato come la ricettazione?
No, secondo la Corte di Cassazione, il reato presupposto non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale. È sufficiente che la sua esistenza sia dimostrabile logicamente.
Come si può dimostrare la provenienza illecita di un bene se il reato originario non è stato definito con una sentenza?
La provenienza delittuosa può essere desunta attraverso prove logiche. Il giudice può basarsi sulla natura e sulle caratteristiche del bene stesso, sulle circostanze del suo possesso e su altri elementi indiziari per concludere che derivi da un’attività criminale.
Cosa accade se un ricorso in Cassazione viene giudicato generico e manifestamente infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la Corte non entra nel merito della questione e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5772 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5772 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2023
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/06/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi presentati, con unico atto, dal difensore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo dei ricorsi, con il quale si contesta la mancanza e/o mancata individuazione del reato presupposto, è privo di specificità e manifestamente infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di legittimità (Sez. 1, n. 46419 del 18/09/2019, Failla, Rv. 277334), secondo cui il delitto presupposto non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale, in quanto la provenienza delittuosa del bene posseduto può ben desumersi, attraverso prove logiche, dalla natura e dalle caratteristiche del bene stesso;
che, nella specie, le doglianze difensive sono palesemente smentite dalla specifica individuazione del reato presupposto, in imputazione e in motivazione (si veda, in particolare, pag. 3);
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 5 dicembre 2023.