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Reato presupposto: la prova logica è sufficiente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5772/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di tre imputati che contestavano la mancata individuazione del reato presupposto. La Corte ha ribadito un principio consolidato: la provenienza delittuosa di un bene può essere dimostrata attraverso prove logiche, basate sulla sua natura e caratteristiche, senza che sia necessario un accertamento giudiziale completo del reato originario. Di conseguenza, i ricorsi sono stati respinti con condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Presupposto: Quando la Prova Logica Sostituisce l’Accertamento Fattuale

Nel diritto penale, alcuni reati, come la ricettazione o il riciclaggio, per esistere necessitano di un reato presupposto, ovvero un crimine precedente che ha generato i beni o il denaro di provenienza illecita. Ma cosa succede se questo reato originario non è stato accertato con una sentenza definitiva? È possibile condannare ugualmente? Con l’ordinanza n. 5772 del 2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: non è necessario provare il reato originario in ogni suo dettaglio, essendo sufficiente la prova logica della provenienza illecita dei beni. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Tre individui presentavano ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte d’Appello di Napoli. Il loro principale motivo di doglianza era la presunta mancanza o, quantomeno, la mancata individuazione specifica del reato presupposto da cui sarebbero derivati i beni oggetto del procedimento a loro carico. In sostanza, la difesa sosteneva che, non essendo stato provato con certezza il crimine originario (ad esempio un furto o una truffa), non si potesse procedere con una condanna per il reato successivo.

La Decisione della Corte sul Reato Presupposto

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendoli privi di specificità e manifestamente infondati. La Corte ha confermato l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, rigettando la tesi difensiva. Secondo gli Ermellini, la pretesa di un accertamento completo e dettagliato del reato a monte è errata. La condanna dei ricorrenti è stata quindi confermata, con l’aggiunta del pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: La Prova Logica del Reato Presupposto

Il cuore della decisione risiede nel principio, citato anche attraverso un precedente specifico (sentenza Failla, n. 46419/2019), secondo cui la provenienza delittuosa di un bene può essere dimostrata anche attraverso prove logiche. Il giudice può desumere l’origine illecita basandosi su elementi indiretti, come la natura e le caratteristiche del bene stesso, le circostanze del suo ritrovamento o la condotta dell’imputato.

La Corte ha sottolineato come, nel caso specifico, le argomentazioni difensive fossero state palesemente smentite dagli atti processuali, dove il reato presupposto era stato sufficientemente individuato sia nel capo d’imputazione sia nelle motivazioni della sentenza di merito. Non è quindi necessario che esista una sentenza di condanna passata in giudicato per il reato-fonte, né che ne siano stati identificati gli autori o ricostruiti tutti i particolari. Ciò che conta è che il giudice, sulla base di un ragionamento logico e coerente con le prove raccolte, possa affermare con un alto grado di credibilità razionale che i beni in questione non possono che provenire da un’attività criminosa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di grande rilevanza pratica. Essa chiarisce che una linea difensiva basata unicamente sulla mancata prova “granitica” del reato presupposto ha scarse possibilità di successo. Per i giudici, l’assenza di una spiegazione lecita e credibile da parte di chi viene trovato in possesso di beni sospetti, unita a elementi indiziari solidi, è sufficiente a fondare un giudizio di colpevolezza. La decisione rafforza gli strumenti a disposizione dell’accusa nella lotta a reati come la ricettazione e il riciclaggio, che sono per loro natura successivi ad altre attività criminali spesso difficili da tracciare completamente.

È sempre necessario provare in ogni dettaglio il reato da cui provengono i beni per poter essere condannati per un reato come la ricettazione?
No, secondo la Corte di Cassazione, il reato presupposto non deve essere necessariamente accertato in ogni suo estremo fattuale. È sufficiente che la sua esistenza sia dimostrabile logicamente.

Come si può dimostrare la provenienza illecita di un bene se il reato originario non è stato definito con una sentenza?
La provenienza delittuosa può essere desunta attraverso prove logiche. Il giudice può basarsi sulla natura e sulle caratteristiche del bene stesso, sulle circostanze del suo possesso e su altri elementi indiziari per concludere che derivi da un’attività criminale.

Cosa accade se un ricorso in Cassazione viene giudicato generico e manifestamente infondato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la Corte non entra nel merito della questione e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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