Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 2589 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 2589 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
SENTENZA
Sul ricorso proposto da :
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA in Svizzera avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia in data 5/12/2022;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
preso atto che il procedimento viene trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n.137/2020, convertito nella L. 18/12/2020 n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dall’art. 16 del D.L. 30/12/2021, n.228, convertito nella L. 25/02/2022 n. 15);
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME:
letta la requisitoria con la quale il Sostituto procuratore generale NOME COGNOME ha chiesto l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria difensiva dell’AVV_NOTAIO difensore di COGNOME NOME con la quale ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5/12/2022 la Corte di appello di Brescia, ha confermato la
1 GLYPH
NOME,
condanna pronunciata dal Tribunale di Bergamo il 14/7/2022, nei confronti di COGNOME NOME per i delitti di ricettazione, falso e sostituzione di persona di cui agli artt. 648, 497 bis e 494 c.p.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato articolando i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo e secondo motivo, tra loro connessi, si eccepisce la nullità della sentenza per violazione degli artt. 178 e 500 c.p.p.
La Corte d’appello non avrebbe adeguatamente risposto alla censura difensiva, sollevata con l’atto di gravame, concernente la violazione del diritto di difesa, consistita nell’avere impedito al difensore di effettuare le contestazioni ai testi COGNOME e COGNOME, ai sensi dell’art. 500 c.p.p.
2.2.Con il terzo motivo si contesta l’affermazione di responsabilità dell’imputato in relazione al delitto di ricettazione avuto riguardo al delitto presupposto (art. 647 c.p.: appropriazione di cose smarrite), depenalizzato
2.3. Con il quarto motivo si contesta il difetto di correlazione tra accusa e sentenza con riguardo al delitto di cui all’art. 497 bis c.p. e la violazione del divieto di reformatio in peius. Ad avviso della difesa la condotta contestata andava inquadrata nella fattispecie di cui all’art. 477 c.p.
2.4. Con il quinto motivo si denuncia la violazione dell’art. 649 c.p., avendo la Corte di merito ritenuto sussistere il concorso di reati agli artt. 494 e 497 bis c.p. 2.5. Con il sesto motivo si contesta la determinazione della pena avuto riguardo al’erronea individuazione del reato più grave ( art. 497 bis, co. 2, c.p.)
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è parzialmente fondato avuto riguardo al terzo motivo proposto e per il resto è inammissibile.
1.2. Manifestamente infondati sono i primi due motivi. Se infatti, in astratto, il non consentire al difensore dell’imputato di procedere alle contestazioni nell’esame testimoniale, realizza un’ ipotesi di nullità di ordine generale sotto il profilo dell’art. 178 lett. c) c.p.p., in quanto comporta certamente lesione del diritto di difesa nell’ambito della procedura predisposta all’accertamento dei fatti e tale nullità, in quanto non rientrante tra le ipotesi di cui al successivo art. 1 c.p.p., si profila a regime intermedio e pertanto sanabile per effetto della mancata eccezione ad opera della parte che vi assiste immediatamente dopo il compimento dell’atto, nel caso in esame non si rinviene il vizio dedotto posto che, diversamente da quanto assume la difesa, l’esame dei testi COGNOME e COGNOME,
non lasciava spazio alle contestazioni difettandone il presupposto e cioè avendo i testi operato il riconoscimento fotografico del COGNOME tanto nella fase delle indagini preliminari quanto in dibattimento ( cfr. pag.12 della sentenza impugnata). A ciò si aggiunga che la Corte di appello ha significativamente valorizzato ai fini dell’affermazione di responsabilità, i rilievi tecnici del Ris Parma che hanno condotto all’identificazione certa del COGNOME con il soggetto che si spacciava per NOME COGNOME, comparando la fotografia apposta sulla carta d i identità intestata a NOME COGNOME, con alcune immagini dell’imputato ( cfr. pag. 12).
1.3. Fondato è il terzo motivo concernente la inconfigurabilità del delitto di ricettazione per essere il reato presupposto ( art. 647 c.p.) stato depenalizzato nel 2016.
La Corte di merito a pag. 13 ha richiamato l’indirizzo giurisprudenziale delineato da questa Sezione secondo cui la ricettazione di bene proveniente dal reato presupposto di cui all’art. 647 cod. pen. conserva rilevanza penale anche dopo la depenalizzazione, ad opera del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, del reato di appropriazione di cosa smarrita, atteso che nella ricettazione la provenienza da delitto dell’oggetto materiale del reato è elemento definito da norma esterna alla fattispecie incriminatrice, per cui l’eventuale abrogazione di tale norma non assume rilievo ai sensi dell’art. 2 cod. pen., dovendo la rilevanza penale del fatto essere valutata con esclusivo riferimento al momento in cui ha avuto luogo la condotta tipica di ricezione della cosa”, senza avvedersi che il reato presupposto (art. 647 c.p.), in assenza di riferimenti temporali certi circa la su consumazione deve presumersi commesso, in ragione del principio del favor rei, in epoca prossima al 2018 ( epoca della denuncia di smarrimento dell’assegno), con la conseguenza che, a quella data, detto reato in quanto depenalizzato per effetto del D.Ivo n. 7 del 15/1/2016, non poteva condurre a ravvisare il delitto di ricettazione.
1.4. Con riferimento, poi, alla ritenuta sussistenza del delitto di cui all’art. 4 bis, co.2, c.p., non si rinviene la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, né tantomeno la violazione del divieto di reformatio in peius.
La Corte di merito condividendo la ricostruzione dei fatti operata del primo giudice ha evidenziato come non fosse stato affatto escluso dal Tribunale che COGNOME aveva concorso formazione del documento falso avendo per l’appunto apposto, sul documento, la propria fotografia ( cfr. pag. 13) .
1.5 E’ stata altresì fondatamente esclusa la violazione del principio di ne bis in idem poiché, in conformità con l’orientamento della giurisprudenza di legittimità
secondo cui le condotte di sostituzione di persona di cui all’art. 494 c.p. e quella di possesso e fabbricazione di documenti falsi di cui all’art. 497 bis c.p., concorrono in quanto il delitto di sostituzione di persona può ritenersi assorbito in altra figura criminosa solo quando ci si trovi in presenza di un unico fatto, contemporaneamente riconducibile sia alla previsione di cui all’art. 494 del c.p., sia a quella di altra norma posta a tutela della fede pubblica; mentre, si ha concorso materiale di reati quando ci si trovi in presenza di una pluralità di fatti e quindi di azioni diverse e separate ( Sez. 6, n. 13328 del 17/02/2015, Rv. 263076 ;Sez. 5, n. 23029 del 03/04/2017, Rv. 270206).
La Corte di merito si è conformata a tale orientamento giurisprudenziale evidenziando che il delitto di sostituzione di persona (art. 494 c.p.) non era assorbito da quello di possesso di documenti di identità falsi (art. 497 bis c.p.) ( cfr. pag. 13).
1.6. Inammissibile per carenza di interesse l’ultimo motivo di ricorso relativo alla determinazione della pena.
Il giudice di appello ha rilevato che nella sentenza di primo grado il giudice, erroneamente, era partito dalla pena d2:IZIIME base di anni due per il reato più grave di ricettazione anziché da quella di anni 2 e mesi 8 di reclusione prevista per il delitto di cui all’art. 497 bis c.p., osservando come tale errore avesse comportato un trattamento di maggior favore per l’imputato.
Si tratta di un’osservazione corretta che il ricorrente contrasta ribadendo che il giudice di prime cure avrebbe escluso la sussistenza della fattispecie di cui all’art. 497 bis c.p., e riconosciuto l’ipotesi lieve di cui all’art. 648, co.4, circostanze queste che non trovano alcun riscontro in atti.
Alla luce delle considerazioni che precedono deve annullarsi la sentenza impugnata limitatamente al capo 3), con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia ai fini della rideterminazione della pena sui residui reati e declaratoria di inammissibilità nel resto del ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al capo 3) perché il fatto non sussiste. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto e definitivo l’accertamento di responsabilità per le ulteriori imputazioni. Rinvia per la determinazione del trattamento sanzionatorio sui reati residui ad altra Sezione della Corte d’appello di Brescia.
Roma, il 14/12/2023