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Reato presupposto depenalizzato: cade la ricettazione

Un soggetto viene condannato in appello per ricettazione, falso e sostituzione di persona. La Corte di Cassazione annulla la condanna per la ricettazione, poiché il reato presupposto (appropriazione di cose smarrite) era stato depenalizzato prima della commissione del fatto. In applicazione del principio del favor rei, in assenza di una data certa, si presume che il reato sia avvenuto dopo la depenalizzazione. La Corte conferma le altre condanne e rinvia per la rideterminazione della pena.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato presupposto depenalizzato: un’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2589 del 2024, offre un’importante chiarificazione sul rapporto tra il reato di ricettazione e la depenalizzazione del suo reato presupposto. La decisione sottolinea l’impatto diretto delle modifiche legislative sulla configurabilità di reati collegati, applicando il principio del favor rei in un caso di incertezza temporale. Questo intervento giurisprudenziale è cruciale per comprendere come un reato presupposto depenalizzato possa far venir meno la base stessa dell’accusa di ricettazione.

I Fatti di Causa

Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado per una serie di reati, tra cui ricettazione (art. 648 c.p.), possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497 bis c.p.) e sostituzione di persona (art. 494 c.p.). In particolare, l’accusa di ricettazione era legata al possesso di un assegno proveniente dal delitto di appropriazione di cose smarrite, previsto dall’art. 647 del codice penale.

L’imputato, tramite il suo difensore, presentava ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni, tra cui la violazione del diritto di difesa, l’errata configurazione del reato di ricettazione e la violazione del principio del ne bis in idem tra i reati di falso e sostituzione di persona.

I motivi del ricorso e l’analisi della Cassazione

Il ricorso si articolava su più fronti. La difesa lamentava la nullità della sentenza per non aver potuto effettuare contestazioni ai testimoni, ma la Corte ha ritenuto tale motivo infondato, data la solidità delle prove, incluso un riconoscimento fotografico e accertamenti tecnici del RIS.

Tuttavia, il punto nevralgico del ricorso, accolto dalla Suprema Corte, riguardava proprio il delitto di ricettazione. La difesa sosteneva l’inconfigurabilità del reato poiché il suo presupposto, l’appropriazione di cose smarrite (art. 647 c.p.), era stato oggetto di depenalizzazione ad opera del D.Lgs. n. 7 del 15 gennaio 2016.

La decisione sul reato presupposto depenalizzato

La Cassazione ha ritenuto fondato questo motivo. Il reato di ricettazione richiede che il bene provenga da un ‘delitto’. A seguito della riforma del 2016, l’appropriazione di cose smarrite non costituisce più un delitto. La Corte ha osservato che, nel caso di specie, mancava una data certa sulla consumazione del reato presupposto. In una situazione di incertezza, deve applicarsi il principio del favor rei, ossia la regola più favorevole all’imputato. Pertanto, si deve presumere che l’appropriazione dell’assegno sia avvenuta in un’epoca successiva alla depenalizzazione (nel caso specifico, prossima alla denuncia di smarrimento del 2018). Di conseguenza, venendo meno la natura di ‘delitto’ del reato presupposto, crolla l’impalcatura stessa dell’accusa di ricettazione.

La Corte ha invece dichiarato inammissibili gli altri motivi di ricorso. Ha confermato che i reati di sostituzione di persona e possesso di documenti falsi possono concorrere materialmente quando derivano da azioni diverse e separate, escludendo la violazione del principio del ne bis in idem.

le motivazioni

La motivazione centrale della sentenza risiede nella rigorosa applicazione dell’art. 2 del codice penale e del principio del favor rei. La Corte ha stabilito che la provenienza del bene da un ‘delitto’ è un elemento strutturale della fattispecie di ricettazione. Se una riforma legislativa, come il D.Lgs. n. 7/2016, interviene a privare il fatto-presupposto della sua rilevanza penale, tale fatto non può più essere qualificato come ‘delitto’.

L’elemento decisivo è stato l’aspetto temporale. In assenza di prove certe che collocassero l’appropriazione dell’assegno prima del 2016, il giudice non può che adottare l’interpretazione più benevola per l’imputato. Presumere che il fatto sia avvenuto dopo la depenalizzazione non è una scelta arbitraria, ma una diretta conseguenza di un principio cardine del diritto penale. Per questo motivo, la condotta di ricezione dell’assegno non poteva integrare il delitto di ricettazione.

le conclusioni

La sentenza annulla senza rinvio la condanna per il reato di ricettazione ‘perché il fatto non sussiste’. Per le restanti imputazioni, la cui colpevolezza è stata definitivamente accertata, la Corte ha disposto il rinvio ad un’altra sezione della Corte d’appello di Brescia per la sola rideterminazione della pena. Questa decisione ha un’importante implicazione pratica: chiarisce che la depenalizzazione di un reato ha effetti a catena, potendo neutralizzare la punibilità di reati successivi e logicamente dipendenti, come la ricettazione. Essa riafferma la centralità del principio di legalità e del favor rei nell’interpretazione delle norme penali nel tempo.

Cosa succede al reato di ricettazione se il reato da cui proviene il bene viene depenalizzato?
Se il reato presupposto (ad esempio, l’appropriazione di cose smarrite) viene depenalizzato, il fatto non costituisce più ‘delitto’. Di conseguenza, viene a mancare un elemento essenziale del reato di ricettazione, che quindi non può più essere configurato. L’accusa di ricettazione deve essere annullata perché il fatto non sussiste.

Perché il principio del favor rei è stato decisivo in questo caso?
Il principio del favor rei (la regola più favorevole all’imputato) è stato decisivo perché non era possibile stabilire con certezza la data di commissione del reato presupposto. Nel dubbio se il fatto fosse avvenuto prima o dopo la depenalizzazione del 2016, la Corte ha dovuto scegliere l’ipotesi più vantaggiosa per l’imputato, cioè presumere che sia avvenuto dopo, quando non era più considerato un delitto.

I reati di sostituzione di persona e possesso di documenti falsi possono coesistere?
Sì. Secondo la Corte, i due reati possono concorrere quando si è in presenza di una pluralità di fatti e di azioni diverse e separate. Il delitto di sostituzione di persona non viene assorbito da quello di possesso di documenti di identità falsi, e quindi l’imputato può essere condannato per entrambi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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