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Reato presupposto: Cassazione annulla sequestro

La Corte di Cassazione ha annullato un sequestro preventivo di una cospicua somma di denaro, contestato come riciclaggio. La decisione si fonda sulla mancata specificazione del reato presupposto, indicato genericamente come ‘reati tributari’. La Corte ha ribadito che, per procedere con una misura cautelare reale per riciclaggio, è indispensabile individuare la tipologia specifica del delitto da cui provengono i fondi, non potendo il sequestro basarsi su mere presunzioni come la sproporzione tra il denaro e il reddito dichiarato.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Riciclaggio: il Reato Presupposto Deve Essere Specifico, non Presunto

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. n. 19954/2024) ha riaffermato un principio fondamentale in materia di riciclaggio: per giustificare un sequestro preventivo, il reato presupposto non può essere indicato in modo generico, ma deve essere individuato nella sua specifica tipologia. La decisione annulla un sequestro di ingenti somme di denaro, sottolineando come le presunzioni e i sospetti non possano sostituire l’onere dell’accusa di fornire elementi concreti sull’origine delittuosa dei fondi.

I Fatti del Caso: Un Sequestro Basato su Sospetti

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale di Verona, che aveva confermato il sequestro preventivo di quasi 100.000 euro nei confronti di un soggetto. Il denaro era stato rinvenuto in parte addosso alla persona e in parte nascosto nell’autovettura, sotto la ruota di scorta. L’accusa di riciclaggio si fondava su una serie di elementi: le modalità di occultamento del denaro, le dichiarazioni ritenute contraddittorie sulla sua provenienza e, soprattutto, la notevole sproporzione tra la somma sequestrata e i redditi dichiarati dall’indagato.

Il problema centrale, sollevato dalla difesa, risiedeva nella vaghezza del reato presupposto. L’accusa si era limitata a ipotizzare che i fondi provenissero da non meglio specificati “reati tributari”, senza fornire alcun elemento concreto a supporto di tale tesi.

La Decisione della Cassazione e l’Importanza del Reato Presupposto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando senza rinvio l’ordinanza e disponendo la restituzione del denaro. La decisione si basa su un principio consolidato: ai fini della configurabilità del riciclaggio, è necessario che il reato presupposto sia individuato nella sua tipologia, anche se non in tutti i suoi dettagli storici e fattuali.

L’Analisi della Corte: Perché “Reati Tributari” non Basta

I giudici di legittimità hanno chiarito che un’indicazione generica come “reati tributari” non soddisfa il requisito di specificità richiesto. Il Tribunale, secondo la Corte, si era limitato a valorizzare le circostanze del ritrovamento e la sproporzione reddituale, elementi che possono costituire indizi, ma che da soli non bastano a fondare un’accusa di riciclaggio. Manca, infatti, l’elemento essenziale: un collegamento, anche solo a livello di gravità indiziaria, con una specifica attività criminosa che abbia generato quel profitto.

La Clausola di Riserva dell’Art. 648-bis c.p.

La Corte ha inoltre evidenziato una contraddizione nell’impianto accusatorio. I giudici di merito avevano persino ipotizzato che l’indagato potesse essere l’autore stesso del reato presupposto. Questa eventualità, tuttavia, escluderebbe la configurabilità del riciclaggio per effetto della “clausola di riserva” contenuta nell’art. 648-bis del codice penale, la quale prevede che il reato non si applichi a chi ha concorso a commettere il delitto originario.

Le Motivazioni: la Necessità di Concretezza nell’Accusa

La motivazione della sentenza è un richiamo al rigore e alla necessità di concretezza. Un provvedimento ablativo come il sequestro preventivo non può fondarsi su una ‘doppia presunzione’: quella che sia stato commesso un delitto (non specificato) e quella che il denaro rinvenuto ne costituisca il profitto. L’accusa ha l’onere di individuare elementi sufficienti per circoscrivere l’origine illecita dei fondi a una determinata tipologia di reato. In assenza di tale specificazione, il sequestro risulta illegittimo perché privo del fumus commissi delicti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia rafforza le garanzie difensive nei procedimenti per riciclaggio. Essa impone agli organi inquirenti di non fermarsi a meri sospetti derivanti dal possesso di ingenti somme di contante, ma di svolgere indagini concrete per delineare il reato presupposto. Per i cittadini, ciò si traduce in una maggiore tutela contro misure cautelari patrimoniali basate su accuse vaghe e indeterminate. La sentenza ribadisce che il processo penale si deve fondare su fatti e prove, non su congetture, anche nella fase preliminare.

Il possesso di una grande somma di denaro contante, sproporzionata al proprio reddito, è sufficiente per disporre un sequestro per riciclaggio?
No. Secondo questa sentenza, sebbene sia un indizio rilevante, non è di per sé sufficiente. È indispensabile che l’accusa individui la specifica tipologia di reato presupposto da cui si presume provenga il denaro.

Quanto deve essere specifica l’indicazione del reato presupposto per giustificare un sequestro?
L’accusa deve individuare la tipologia del delitto (ad esempio, frode fiscale, truffa, corruzione, etc.). Un riferimento generico e indeterminato, come ‘reati tributari’, è stato ritenuto insufficiente dalla Corte di Cassazione.

Cosa succede se si sospetta che la persona trovata con il denaro sia la stessa che ha commesso il reato da cui esso proviene?
La sentenza chiarisce che tale circostanza escluderebbe il reato di riciclaggio. In base alla clausola di riserva dell’art. 648-bis del codice penale, chi concorre nel reato presupposto non può essere accusato anche di averne riciclato i proventi (potrà, ovviamente, rispondere del reato originario).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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