Reato Permanente: Niente Sconti di Pena se l’Illecito Continua
La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla disciplina del reato permanente, una categoria di illeciti penali la cui condotta si protrae nel tempo. La Suprema Corte ha ribadito che la continuità dell’azione illegale preclude l’accesso a benefici come le attenuanti generiche e la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata.
I Fatti di Causa e l’Oggetto del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato per un reato contro il patrimonio, riconducibile agli articoli 633 e 639-bis del codice penale (invasione di terreni o edifici). La difesa aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello lamentando due specifiche violazioni di legge:
1. Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
2. La mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ovvero la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
L’imputato sperava di ottenere una riduzione della pena o, addirittura, di evitare la condanna, ma la Corte di Cassazione ha respinto integralmente le sue richieste, dichiarando il ricorso inammissibile.
La Decisione della Corte e la Natura del Reato Permanente
La Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, confermando la decisione dei giudici di merito. La chiave di volta della pronuncia risiede proprio nella natura del reato permanente, che ha influenzato l’analisi di entrambi i punti controversi.
Le Motivazioni: Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Sul primo punto, la Corte ha specificato che la decisione di non concedere le attenuanti generiche era stata adeguatamente motivata e non presentava vizi logici. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il diniego di tale beneficio può essere giustificato anche solo dall’assenza di elementi o circostanze di segno positivo. In altre parole, non è necessario che sussistano elementi negativi specifici; la semplice mancanza di fattori meritevoli di una valutazione favorevole è sufficiente.
Nel caso specifico, i giudici hanno potuto valorizzare in senso negativo anche i precedenti penali a carico dell’imputato, un elemento che, secondo la Corte, legittima pienamente la scelta di non applicare alcuna riduzione di pena.
Le Motivazioni: L’Inapplicabilità della Particolare Tenuità del Fatto al Reato Permanente
Il secondo motivo di ricorso è stato respinto sulla base di un principio ancora più netto. L’art. 131-bis c.p. esclude la punibilità quando l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non è abituale. Tuttavia, la Corte ha ribadito che questa norma non può trovare applicazione nel caso di un reato permanente finché la condotta illecita perdura.
Il reato di invasione di terreni è, per sua natura, permanente: l’offesa al patrimonio non si esaurisce in un singolo momento, ma continua finché l’occupazione abusiva non cessa. Di conseguenza, la condizione di ‘permanenza’ dell’illecito è di per sé ostativa alla valutazione della ‘particolare tenuità del fatto’. Finché l’imputato non pone fine alla sua condotta antigiuridica, non è possibile applicare la causa di non punibilità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza consolida due importanti principi del diritto penale. In primo luogo, ribadisce che le attenuanti generiche non sono un diritto automatico dell’imputato, ma una concessione discrezionale del giudice, che può negarle anche solo in assenza di elementi positivi. In secondo luogo, e con maggiore incisività, stabilisce un limite chiaro all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.: per un reato permanente, la cessazione della condotta illecita è una precondizione indispensabile per poter anche solo considerare la non punibilità per tenuità del fatto. La decisione serve da monito: non si può beneficiare di sconti di pena mentre si persevera nell’illecito.
È sufficiente l’assenza di elementi positivi per negare le circostanze attenuanti generiche?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche può essere legittimamente giustificato anche solo dall’assenza di elementi o circostanze di segno positivo, potendo essere valorizzati in senso negativo anche i precedenti penali dell’imputato.
Perché la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica al reato permanente?
Perché la condotta illecita è ancora in corso. La Corte ha stabilito che per un reato permanente, l’applicazione della causa di non punibilità è preclusa finché la permanenza della condotta antigiuridica non sia cessata.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Comporta che il ricorso viene respinto senza un esame nel merito delle questioni sollevate. Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31416 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31416 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il 15/07/1986
avverso la sentenza del 07/03/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche, è manifestamente infondato, a fronte della congrua e non illogica motivazione esposta dalla Corte territoriale sul punto (si vedano le pagg. 2 e 3 della impugnata sentenza), in linea con i principi di diritto consolidati nell giurisprudenza di legittimità, secondo cui il mancato riconoscimento delle suddette diminuenti può legittimamente giustificarsi anche solo con l’assenza di elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986; Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610), potendosi valorizzare in tale direzione ed in senso negativo anche i soli precedenti penali a carico del prevenuto (cfr., ad es., Sez. 3, n. 34947 del 03/11/2020, S., Rv. 280444; Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME, Rv. 274783; Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269);
considerato che anche il secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’art. 131-bis cod. pen., risulta manifestamente infondato, avendo i giudici di appello, con corretta e logica motivazione, conforme a quanto affermato da questa Corte (cfr. Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096 – 01; Sez. 3, n. 30383 del 30/03/2016, COGNOME, Rv. 267589 – 01), ritenuto l’impossibilità di configurare la particolare tenuità del fatto nel caso di specie, in quanto il reato d cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. per cui si procede è un reato permanente, per il quale è preclusa l’applicazione della causa di non punibilità de qua finché la permanenza non sia cessata;
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.