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Reato permanente: no a 131-bis se l’offesa dura

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due persone condannate per l’occupazione di un immobile. L’ordinanza conferma un principio chiave: per un reato permanente, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non può essere applicata finché la condotta illecita perdura. La Corte ha inoltre rigettato le censure relative alla mancata concessione di un’attenuante e al diniego di rinnovare l’istruttoria in appello, ritenendo le motivazioni della Corte territoriale logiche e sufficienti.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Permanente e Tenuità del Fatto: La Cassazione Conferma il Principio

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta una questione cruciale nel diritto penale, relativa all’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a un reato permanente. La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, consolida un orientamento giurisprudenziale di fondamentale importanza, specialmente in contesti come l’occupazione abusiva di immobili. Questo provvedimento chiarisce che la permanenza della condotta illecita ostacola l’accesso a benefici premiali, sottolineando la necessità che l’offesa al bene giuridico tutelato sia cessata.

I Fatti di Causa

Due persone, legate da una relazione e genitori di tre figli, proponevano ricorso per Cassazione avverso una sentenza della Corte d’Appello di Milano. La condanna riguardava l’occupazione illecita di un immobile. I ricorrenti sollevavano tre distinti motivi di doglianza:

1. La mancata applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, ossia la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, giustificata dalla Corte territoriale con il perdurare dell’occupazione.
2. Il diniego della circostanza attenuante del contributo di minima importanza (art. 114 c.p.) a uno dei due imputati, con una motivazione ritenuta illogica.
3. Il rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale in appello per ascoltare una testimone, considerata decisiva dalla difesa.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La Corte ha ritenuto tutti e tre i motivi manifestamente infondati, confermando in toto la decisione della Corte d’Appello di Milano. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: Analisi del Reato Permanente e dei Limiti Processuali

La Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni difensive, basando la propria decisione su principi consolidati sia nel diritto penale sostanziale che in quello processuale.

Il Primo Motivo: L’inapplicabilità dell’art. 131-bis c.p. al reato permanente

Il cuore della pronuncia risiede nella gestione del primo motivo. I giudici di legittimità hanno ribadito che, in tema di reato permanente, l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è preclusa finché la condotta illecita non cessa. La logica è stringente: la permanenza dell’offesa al bene giuridico protetto (in questo caso, il diritto di proprietà o possesso sull’immobile) è intrinsecamente incompatibile con il concetto di ‘tenuità’. Finché l’occupazione abusiva continua, la compressione del diritto altrui si rinnova costantemente, impedendo una valutazione di scarsa offensività del fatto. La Corte richiama specifici precedenti giurisprudenziali per sostenere questa posizione, rendendola un principio stabile e difficilmente derogabile.

Il Secondo Motivo: La valutazione delle circostanze attenuanti

Riguardo alla richiesta di applicazione dell’attenuante del contributo minimo, la Cassazione ha sottolineato che la valutazione del giudice di merito non era né illogica né manifestamente errata. La Corte d’Appello aveva ritenuto verosimile che il compagno, padre dei figli della coimputata, avesse convissuto sin dall’inizio nell’immobile occupato. In assenza di prove concrete che dimostrassero il contrario, questa valutazione, basata su un criterio di logica e normalità, non è sindacabile in sede di legittimità.

Il Terzo Motivo: Il rigetto della rinnovazione istruttoria

Infine, la Corte ha respinto la censura sulla mancata assunzione di una prova in appello. La rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, prevista dall’art. 603 c.p.p., non è un diritto della parte, ma una facoltà del giudice. Essa è subordinata alla constatazione che l’indagine svolta in primo grado sia stata incompleta e che sia impossibile decidere senza nuove prove. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la superfluità della testimonianza richiesta, poiché verteva su accertamenti già compiuti e riferiti da un altro testimone. La motivazione è stata giudicata congrua e logica, e quindi non censurabile in Cassazione.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza riafferma con forza alcuni capisaldi del diritto penale. In primo luogo, stabilisce che la natura di un reato permanente ha conseguenze dirette sull’applicabilità di istituti premiali come la particolare tenuità del fatto. Chi commette un illecito la cui offensività si protrae nel tempo non può beneficiare della non punibilità fino a quando non pone fine alla propria condotta antigiuridica. In secondo luogo, la decisione ricorda i limiti del sindacato della Corte di Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente motivata, dei giudici di merito. Infine, viene ribadita la natura eccezionale della rinnovazione dell’istruttoria in appello, uno strumento da attivare solo in caso di reale e insuperabile necessità probatoria.

È possibile applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a un reato permanente ancora in corso, come l’occupazione abusiva di un immobile?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito la sua giurisprudenza consolidata secondo cui l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. è preclusa finché la permanenza del reato non è cessata, a causa della perdurante compressione del bene giuridico tutelato.

La decisione di non rinnovare l’istruttoria in appello per sentire un nuovo testimone può essere contestata in Cassazione?
Può essere contestata, ma solo se la motivazione del giudice d’appello è assente, contraddittoria o manifestamente illogica. La decisione rientra nella valutazione discrezionale del giudice di merito, che in questo caso ha ritenuto motivatamente superfluo il nuovo esame testimoniale.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tutti e tre i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati. Essi si basavano su principi giuridici già consolidati e su valutazioni di merito che non possono essere riesaminate in sede di legittimità, poiché la motivazione della corte d’appello è stata ritenuta logica e congrua.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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