Reato Permanente e Occupazione Abusiva: Quando Scatta la Prescrizione?
L’occupazione abusiva di un immobile è una questione complessa che solleva importanti interrogativi giuridici. Uno dei più dibattuti riguarda la natura di reato permanente di questa fattispecie e le conseguenze sulla decorrenza della prescrizione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre chiarimenti fondamentali, confermando un orientamento giurisprudenziale consolidato e respingendo le argomentazioni di un ricorrente.
Il Caso in Esame: Subentro nell’Occupazione e Prescrizione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per il delitto di invasione di edifici, previsto dall’art. 633 del codice penale. L’imputato sosteneva diversi motivi per l’annullamento della condanna. In primo luogo, riteneva di non essere punibile in quanto era semplicemente subentrato a un precedente occupante, anch’egli privo di titolo. In secondo luogo, eccepiva l’intervenuta prescrizione del reato. Contestava inoltre la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e la dosimetria della pena applicata.
La Corte di Appello aveva già respinto tali argomentazioni, ma il caso è approdato dinanzi alla Suprema Corte per una valutazione definitiva.
La Natura di Reato Permanente nell’Invasione di Edifici
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi manifestamente infondati. Il punto centrale della decisione risiede nella qualificazione del delitto di invasione di edifici come reato permanente. Questo concetto è cruciale per comprendere la decisione dei giudici.
A differenza di un reato istantaneo, che si consuma e si esaurisce in un unico momento (ad esempio, un furto), il reato permanente è caratterizzato da una condotta che si protrae nel tempo, mantenendo viva l’offesa al bene giuridico tutelato. Nel caso dell’occupazione abusiva, l’offesa al diritto di godimento del proprietario dell’immobile continua per tutto il tempo in cui l’occupazione perdura.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha smontato punto per punto le tesi difensive, basandosi su principi giuridici consolidati.
In primo luogo, è stato chiarito che subentrare a un precedente occupante abusivo non esclude la responsabilità penale. Anzi, costituisce una nuova e autonoma condotta di invasione, a meno che il precedente detentore non avesse un titolo legittimo, circostanza assente nel caso di specie.
Il motivo più significativo, relativo alla prescrizione, è stato respinto sulla base della natura di reato permanente del delitto. I giudici hanno ribadito che, per tali reati, il termine di prescrizione non inizia a decorrere dal primo momento dell’occupazione, ma dal giorno in cui la condotta illecita cessa. La cessazione coincide con l’allontanamento dell’occupante dall’edificio e la restituzione del bene al legittimo proprietario. Fino a quel momento, il reato si considera in corso di consumazione.
Anche la richiesta di applicazione della non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata giudicata infondata. La Corte di Appello aveva correttamente evidenziato come la lunga durata dell’occupazione fosse un elemento ostativo a tale beneficio, indicando una gravità della condotta non trascurabile. La Cassazione ha ritenuto questo motivo una mera riproposizione di argomenti già validamente respinti.
Infine, riguardo alla sanzione, i giudici hanno osservato che la pena inflitta era addirittura inferiore al minimo edittale previsto dalla normativa vigente, modificata in senso più sfavorevole (in peius) durante il periodo dell’occupazione. Per il reato permanente, si applica la legge in vigore durante la protrazione della condotta, anche se più severa di quella esistente al momento del suo inizio.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza riafferma con forza un principio cardine del diritto penale: l’occupazione abusiva è un reato permanente la cui consumazione perdura fino alla liberazione dell’immobile. Di conseguenza, chi occupa un edificio non può sperare nell’estinzione del reato per prescrizione finché vi rimane. La decisione serve da monito, chiarendo che ogni giorno di occupazione illecita rinnova la condotta criminosa e sposta in avanti l’inizio del decorso della prescrizione. Inoltre, conferma che il subentro in un’occupazione già in atto non è una scusante, ma integra un nuovo reato, e che la lunga durata dell’illecito può precludere l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto.
Se una persona subentra nell’occupazione abusiva di un’altra, commette reato?
Sì, secondo la Corte subentrare in un’invasione già in atto costituisce un nuovo reato, a meno che il precedente occupante non avesse un titolo legittimo per detenere l’immobile.
Quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato permanente di occupazione di un edificio?
Il termine di prescrizione per il reato di invasione di edifici, avendo natura permanente, inizia a decorrere solo dal momento in cui cessa l’occupazione, ovvero con l’allontanamento dell’occupante dall’immobile.
La lunga durata di un’occupazione abusiva può impedire l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Sì, la Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, il quale ha ritenuto che la lunga durata dell’occupazione fosse un elemento ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale, in quanto indice di una non particolare tenuità della condotta.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 175 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 175 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 03/10/1985
avverso la sentenza del 12/04/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, che deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità per il delitto di cui all’art 633 cod. pen., ritenendo che non possa affermarsi la punibilità di chi subentra in una invasione già in atto – come nel caso di specie -, è manifestamente infondato poiché il giudice di appello, con argomenti logici e non incongrui, ha correttamente affermato (si veda pag. 4 della sentenza impugnata) che nessuna rilevanza assume la circostanza che il detentore precedente sia stato a sua volta occupante dell’edificio ad eccezione dell’ipotesi in cui quest’ultimo abbia un titolo legittimo, assente rispetto alla vicenda in esame;
considerato che il secondo motivo di ricorso, che lamenta la mancata declaratoria di estinzione del reato per intervenuta prescrizione, è manifestamente infondato, oltre che reiterativo, poiché prospetta enunciati ermeneutici in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità per la quale «il delitto di invasione di edifici, di cui all’art. 633 cod. pen., ha natura permanente quando l’occupazione si protrae nel tempo, determinando un’immanente limitazione della facoltà di godimento spettante al titolare del bene, con la conseguenza che il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui cessa l’occupazione, con l’allontanamento dell’occupante dall’edificio. (Sez. 2, n. 46692 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 277929 – 01; Sez. 2, n. 29657 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 277019 – 01; Sez. 2, n. 16363 del 13/02/2019, COGNOME, Rv. 276096 – 01; Sez. 2, n. 40771 del 19/07/2018, Vetrano, Rv. 274458 – 01);
che, inoltre, il giudice di appello ha fatto corretta applicazione di tali principi ritenendo non prescritto il reato in considerazione degli atti del procedimento analiticamente indicati a pag. 5 della sentenza impugnata;
osservato che il terzo motivo di ricorso che lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito alle pagg. 5-6 (dove si indica come ostativa all’applicazione della causa di non punibilità la lunga durata dell’occupazione) della sentenza impugnata, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
ritenuto che il quarto motivo di ricorso, con il quale si contesta la dosimetria della pena comminata, è manifestamente infondato avendo il giudice di appello correttamente ritenuto la pena irrogata addirittura inferiore al minimo edittale a seguito dell’intervenuta modifiCa normativa dell’art. 633 cod. pen. atteso che,
trattandosi di reato permanente, la disciplina applicabile in caso di modifiche legislative “in peius” non è quella del momento dell’inizio della condotta, che, perdurando, ricade sotto il regime meno favorevole della normativa sopravvenuta;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.