Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18838 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18838 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata il 25/08/1971 a SCALA avverso la sentenza in data 28/11/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l ‘inammissibilità del ricorso;
a seguito di trattazione con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 d.l. N.137/2020 e successivo art. 8 d.l. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 28/11/2024 della Corte di appello di Roma che, in riforma della sentenza in data 29/02/2024 del Tribunale di Roma, ha ridotto la sola pena pecuniaria e ha confermato la pena detentiva inflittale per il reato di cui agli artt. 633 e 639bis cod. pen.
Con un unico motivo deduce la violazione dell’art. 2 cod. pen., perché la Corte di appello ha applicato l’art. 633 cod. pen. nella precedente formulazione, più favorevole all’imputato rispetto a quella vigente dal 18/12/2018, con conseguente irrogazione della pena pecuniaria congiunta a quella detentiva, mentre la precedente formulazione prevedeva la pena pecuniaria in alternativa alla pena detentiva.
Secondo il ricorrente, invero, il reato di cui all’art. 633 cod. pen. è un reato istantaneo e , in quanto tale, si perfeziona al momento dell’invasione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
1.1. Risulta preliminare e dirimente, ai fini della soluzione del quesito, sciogliere la questione sollevata dal ricorrente circa la natura -permanente o istantaneadel reato di cui all’art. 633 cod. pen.
Il ricorrente sostiene che si tratta di reato istantaneo, ma il suo convincimento è contrastato dall’orientamento di questa Corte, a mente del quale «il delitto di invasione di edifici, di cui all’art. 633 cod. pen., ha natura permanente quando l’occupazione si protrae nel tempo, determinando un’immanente limitazione della facoltà di godimento spettante al titolare del bene, con la conseguenza che il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui cessa l’occupazione, con l’allontanamento dell’occupante dall’edificio» (Sez. 2, n. 46692 del 02/10/2019, COGNOME, Rv. 277929 -01, in fattispecie in cui il ” dies a quo ” di decorrenza del termine di prescrizione è stato individuato nel momento in cui l’immobile veniva riconsegnato al legittimo proprietario; Sez. 2, n. 29657 del 27/03/2019, COGNOME, Rv. 277019 -01).
Da ciò discende che la Corte di appello ha legittimamente applicato la pena detentiva congiuntamente alla pena pecuniaria, per come previsto dalla norma più recente, ancorché più sfavorevole, dovendosi ribadire che in presenza di un reato che abbia natura permanente, nell’ipotesi di condotta protrattasi unitariamente sotto l’imperio di due diverse leggi, l’ultima delle quali abbia aggravato il regime sanzionatorio del fatto, va applicata solo la disposizione vigente alla data della cessazione della permanenza (cfr., Sez. 3, n. 43597 del 09/09/2015, Fiorentino, Rv. 265261 -01).
1.2. Nel caso in esame non risulta che vi sia stata la cessazione della permanenza per l’interruzione della condotta prima dell’entrata in vigore (18/12/2018) della nuova formulazione dell’art. 633 cod. pen.
A ciò si aggiunga che la sentenza di primo grado (anch’essa astrattamente idonea a far ritenere cessata la permanenza) è stata pronunciata in data 29/02/2024, anch’essa in data successiva all’entrata in vigore della nuova formulazione della norma.
Da ciò discende che i giudici hanno legittimamente applicato il trattamento sanzionatorio più rigoroso, in ragione della protrazione della condotta occupativa nella vigenza della nuova formulazione dell’art. 633 cod. pen.
Dal che segue l’inammissibilità de l ricorso per manifesta infondatezza.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15/04/2025