Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8659 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8659 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME, nato ad Ismailia (Egitto) DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza n. 1/2023 ModTL18 del Tribunale di Vicenza del 20 gennaio 2023;
letti gli atti di causa, la ordinanza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal AVV_NOTAIO COGNOME;
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore g AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Vicenza, in funzione di giudice del riesame delle ordinanze cauteiari con provvedirnento datato 20 gennaio 2023, rigettato l’istanza di riesame presentata da NOME e da NOME, oltre che dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante, avverso l’ordinanza con la quale in data 12 dicembre 2022 il Gip del Tribunale cii Vicenza aveva disposto ii sequestro preventivo, in via diretta, cieii immobiii siti in San Vito di RAGIONE_SOCIALE di proprietà della predetta società.
Avverso detto provvedimento hanno interposto ricorso per cassazione, tramite il loro difensore fiduciario, sia NOME sia la RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante, affidando le loro doglianze a 3 motivi di impugnazione.
I ricorrenti hanno premesso che sia il NOME che la NOME, moglie del pi -ecedente, sono indagati in celazione alla violazione dell’ait. oiel dlgs n. 7 del 2000, in quanto, agendo in concorso fra loro, il primo nella qualità di socio sia di diritto (in quanto titolare di una quota, pari al 5% del capitale socia che di fatto (in quanto gestore di altra società, di diritto lussemburghese titolare deiia quali totalità deiie restanti quote dei capitale sociale) d RAGIONE_SOCIALE, da lui di fatto amministrata, che la RAGIONE_SOCIALE, in qualità di socia e formalmente amministratrice unica della medesima società, al fine di sottrarsi alle azioni esecutive erariali per il pagamento coattivo dei debi tributari da loro accumulati nei periodi di imposta tra li 1998 ed il 2002 ammontanti, rispettivamente, ad euro 7.065.861,81, quanto al primo, ed ad euro 13.320.744,16, quanto alla seconda, compivano atti fraudolenti consistenti nell’acquisto, con atti del 12 giugno 2003 e del 24 febbraio 2004, di un immobile, con relativi terreni pertinenziali, sito in San Vito di RAGIONE_SOCIALE, fittiziamente intestato alla citata società immobiliare, la quale, il successivo settembre 2004, concedeva in locazione i predetti beni al NOME.
FAI:FA GLYPH prArY1AA !A rirrIrrArItA 1 if , c hA ri!AVAtn rhA ren rIrrlinArl 7A del 20 gennaio 2023 il Tribunale berico aveva rigettato l’istanza di riesame rilevando, in via preliminare, la inammissibilità di essa, nei limiti della s presentazione ad opera sia dei NOME che della Bey, in quanto, non essendo gli stessi dichiaratamente i proprietari degli immobili e non avendo, pertanto, diritto alla loro restituzione, gli stessi non avrebbero interesse ad impugnare i decreto dispositivo del sequestro preventivo; nel merito, e limitatamente alla posizione della RAGIONE_SOCIALE, il Tribunale ha rilevato la infondatezza del ricorso avendo osservato la sussistenza degli elementi
indicativi del fumus commissi delice i due indagati, infatti, avrebbero determinato un fittizio depauperamento del proprio patrimonio, avendo, con proprie risorse in tale modo sottratte all’azione esecutiva dell’Erario, finanziat l’acquisto e la ristrutturazione dell’immobile intestato alla RAGIONE_SOCIALE.
Il primo motivo di impugnazione attiene alla violazione di legge in cui sarebbe incorso il Tribuiiale nei ritenere la carenza di interesse dei NOME ad impugnare in sede di riesame il provvedimento di sequestro preventivo; il ricorrente, dato atto della sussistenza della sua legittimazione in quanto soggetto indagato nell’ambito del procedimento penale in questione, ha contestato Vaffermazione deiia sua carenza di interesse posto che, pur ammettendo che non spetti a lui il diritto alla restituzione del bene in caso d accoglimento del ricorso, egli, in quanto conduttore dell’immobile, sarebbe in ogni caso titolare di un interesse alla liberazione dello stesso dalla misur cautelare in quanto, una volta restituito lo stesso al proprietario, questi sarebbe tenuto ad assicurarne la disponibilità al conduttore, in adempimento del contratto di locazione, il che, in una concezione ampia del concetto di “bene della vita” tutelato attraverso l’istanza di riesame, giustificherebbe sussistenza dell’interesse, ancorché solo strumentale e mediato, in capo al NOME a coltivare l’impugnazione.
Con il secondo motivo di impugnazione è stata dedotta la violazione di Inri in cplAntn Trihnn›!p (-fp! ripcArna, ›ffPrmAnrin rhP rnnrintt> riPgn indagati si sarebbe estrinsecata in un fittizio depauperamento del proprio patrimonio attraverso il finanziamento dell’acquisto formalmente operato dalla RAGIONE_SOCIALE, avrebbe applicato la misura cautelare in relazione ad un fatto diverso rispetto a quello descritto nella contestazione elevata da Pm, il quale, secondo i ricorrenti, descrive un meccanismo di protezione da eventuali aggressioni reali del patrimonio immobiliare degli indagati medesimi, realizzato attraverso la fittizia intestazione dell’immobile alla RAGIONE_SOCIALE ed alla stipula di un successivo contratto di locazione immobiliare fra questa ed il NOME; la diversità fra le due condotte, ritenuta incontestabil renderebbe illegittima l’ordinanza impugnata, essendo stata confermata la misura cautelare sulla base di fatti diversi rispetto a quelli contestati dal Pm
T i I l terzo motivo riguarda, sempre con riferimento aiia violazione di iegge, l’errore in cui sarebbe incorso il Tribunale – il quale ha ritenuto che il reato provvisoria contestazione sia un reato eventualmente permanente nell’affermare la perdurante flagranza del reato stesso (e, pertanto, la su
mancata estinzione per effetto della prescrizione) in quanto fra le parti sarebbe ancora in corso il rapporto locativo; in sintesi ad avviso dei ricorrenti, i qua convengono sulla qualificazione del reato in questione quale reato eventualmente permanente, osservano che nel caso in questione la circostanza che il bene sia stato concesso in locazione non vale a differire sino all cessazione della vlgenza di tale rapporto la permanenza del delitto in esame, essendo questo elemento, semmai, attinente alla permanenza degli effetti del reato ma non a quella del reato stesso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, per le ragioni che saranno qui di seguito illustrate, è fondato e pertanto, il provvedimento impugnato deve essere annullato, così come deve essere annullato l’atto col quale è stata disposta la misura cautelare a caric della RAGIONE_SOCIALE
Ritiene il Collegio di dovere esaminare prioritariamente, stante la sua idoneità a definire in termini di immediatezza il presente giudizio, il terzo de motivi di ricorso con il quale è stato lamentato il vizio di violazione di legge i cui sarebbe incorso il Tribunale di Vicenza allorché, collocando il dies a quo ai fini della decorrenza della possibile prescrizione del reato in provvisoria contestazione alla data di esecuzione del sequestro preventivo, ha ritenuto che sullo stesso non avesse ancora inciso il fenomeno estintivo previsto dagli artt. 157 e seg. cod. pen.
E’ opportuno riprendere -gli argornenti in’base ai quali il preo’etto Tribunale è giunto alla ricordata conclusione.
Esso è partito, infatti, dalla condivisa premessa che il reato contestato all’indagato ora ricorrente (oltre che alla moglie del medesimo, la quale è anche la legale rappresentante della Società titolare del diritto di proprietà sul be oggetto di sequestro) costituisca una ipotesi di “reato eventualmente permanente”; è questa una categoria di illeciti penali, di derivazione esclusivamente pragmatica non essendo essa esplicitamente prevista da alcuna disposizione legislativa, la cui caratteristica risiede nella circostanza che il f previsto dalla legge come reato può esaurirsi nel momento in cui si concretano gli elementi costitutivi della ipotesi tipica, ma può anche protrarsi con una ininterrotta attività che in ogni momento riproduce la predetta ipotesi (Corte di cassazione, Sezione I penale, 26 gennaio 1993, n. 714), senza che le successive condotte costituiscano di per sé autonomi fatti penalmente rilevanti andandosi esse ad innestare in un continuum costituente un unico reato.
In relazione a tale reato la “permanenza”, secondo la ampiamente prevalente giurisprudenza rileva rispetto alle cause estintive, di guisa che i termine prescrizionale dell’intero reato decorre dal compimento dell’ultima delle condotte tipiche poste in essere (Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 ottobre 2019, n. 43255; Corte di cassazione, Sezione III penale, 9 gennaio 2020, n. 364).
Ora, per esaminare specificamente il reato attualmente in provvisoria contestazione, del quale si potrebbe, forse più perspicuamente, proporre la definizione di “reato a condotta eventualmente plurima”, si rileva che, come accennato, effettivamente il reato di cui all’art. 11 del dlgs n. 74 del 2000 è u reato di pericolo eventualmente permanente, il quale si perfeziona nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata ad eludere le pretese del fisco e la cui consumazione può protrarsi per tutto il tempo in cui vengono posti in essere altri atti idonei a mettere in pericolo l’obbligazione tributaria (co Corte di cassazione, Sezione III penale, 22 luglio 2021, n. 28457; idem Sezione III penale, 27 settembre 2012, n. 37415), con il derivante corollario che il termine prescrizionale dello stesso inizierà a decorrere solo dal compimento dell’ultimo atto, simulato e comunque fraudolento, avente l’idoneità a mettere a repentaglio le ragioni esecutive dell’Erario in materia tributaria.
Partendo da tali condivisibili premesse il Tribunale vicentino è, però, giunto ad una conclusione assolutamente non convincente laddove ha sostenuto, quanto al caso di specie, che la “permanenza” del reato in questione era assicurata dal fatto che l’immobile – che, secondo l’accusa, era stato simulatamente fatto acquistare dagli indagati alla RAGIONE_SOCIALE (si sarebbe trattato, in particolare, di una simulazione soggettiva, in quanto l’acquisto dell’immobile sarebbe effettivamente intervenuto ma i reali acquirenti sarebbero stati appunto i due indagati, mentre l’RAGIONE_SOCIALE sarebbe un mero soggetto interposto) – era stato poi successivamente concesso in locazione al NOME; l’argomento in tale senso spese dal Tribunale consiste nell’affermazione che tramite siffatta locazione si sarebbe legittimata la indisturbata occupazione dell’immobile da parte degli indagati, condotta che determinerebbe l’effettivo permanere della situazione antigiuridica instauratasi con l’avvenuto acquisto simulato.
Tale argomentazione, tuttavia, non appare in alcun modo condivisibile, posto che, nei reati eventualmente permanenti il ripetersi delle condotte per essere penalmente rilevante deve essere tale da costituire di per sé la riproduzione di altri atti aventi l’idoneità a ledere il medesimo bene interesse
tutelato, cioè, nel caso in esame, la possibilità per l’Erario di ag esecutivamente aggredendo il patrimonio del contribuente inadempiente.
In altre parole, si vuole intendere che, per determinare la situazione di perdurante flagranza del reato, le condotte successive al compimento del primo degli atti simulati o fraudolenti idonei a mettere a repentaglio le ragion esecutive dell’Erario, devono essere costituite da una o da altre condotte aventi a loro volta le medesime caratteristiche lesive della prima (si immagini il caso in cui il soggetto, con diversi e successivi atti – anche fra loro aventi una diver tipologia, si immagini donazioni, cessioni o acquisizioni di debiti – depauperi il proprio patrimonio, cedendone le varie componenti attive simulatamente a terzi ovvero assumendo fraudolentemente ulteriori obblighi, prioritari rispetto a quello tributari, così sottraendo i propri averi alla garanzia generica da ess costituita verso l’Erario per le obbligazioni tributarie gravanti sull’obbliga “cedente”) e non, semplicemente, una qualche condotta, non dismissiva ma gestionale, che abbia ad oggetto il bene originariamente alienato in maniera simulata.
Nel caso in esame la pretesa protrazione della lesione derivante dalla Commissione del reato di cui all’art. 11 del dlgs n. 74 del 2000, viene ancorata, dal Tribunale di Vicenza, ali’avvenuta cessione in locazione dell’immobile in ipotesi simulatamente fatto acquistare alla RAGIONE_SOCIALE dai due odierni indagati e dal fatto che, tramite il contratto di locazione immobiliare intercorrente fra la detta società ad il RAGIONE_SOCIALE NOME, gli indagati si troverebbero nella disponibilità dell’immobile.
Ma, si osserva, un tale atto, non comportando alcuna successiva traslazione della proprietà del bene ad un altro soggetto diverso dalla RAGIONE_SOCIALE non ha, di per sé, alcuna attitudine a rendere, se così si può dire, maggiormente inefficace la procedura coattiva di riscossione in capo all’Erario, rispetto a quanto non fosse già avvenuto in occasione della simulata acquisizione del bene da parte dell’attuale Società ricorrente, posto che l’esistenza di un rapporto locativo riguardante il bene oggetto di esecuzione immobiliare, sia essa ordinaria ovvero governata dalla particolari disposizione dell’esecuzione fiscale, non rende quest’ultima impraticabile.
In altri termini non è il fatto della occupazione a seguito del rapporto di locazione (tanto più non essendone emersa specificamente la simulazione o fittizietà quale requisito comunque necessario a norma dell’art. 11 del dlgs n. 74 del 2000) ad avere reso più difficile il recupero dell’immobile, ma la sua
appartenenza al terzo, concretatasi, nelle specie, nel trasferimento del bene alla RAGIONE_SOCIALE.
Pertanto, l’affermazione fatta dal Tribunale di Vicenza – secondo la quale, attraverso la perdurante detenzione del bene immobile in questione da parte del NOME, legata alla esistenza di un contratto di locazione immobiliare che la legittimerebbe, la lesione originata dal simulato acquisto operato dalla RAGIONE_SOCIALE dell’immobile oggetto di sequestro sarebbe diuturnamente rinnovata – si fonda su di una ricostruzione del reato eventualmente permanente erronea in quanto risulta essere il frutto dell’avvenuta confusione del parametro della permanenza del reato (legata alla esistenza di una ulteriore condotta, sebbene la stessa possa essere anche omissiva, posta in essere dall’agente che determina la protrazione e l’approfondimento della lesione del bene interesse tutelato), con quello della permanenza degli effetti dello stesso (fenomeno legato, invece, alla naturale persistenza della lesione inferta con la condotta istantanea).
Diversamente argomentando si giungerebbe all’ipotesi paradossale, per formulare un esempio di immediata comprensibilità, che anche nella ipotesi di furto sarebbe possibile rilevare il profilo della eventuale permanenza, con le derivanti conseguenze non solo a livello di determinazione del termine prescrizionale ma anche, ad esempio, in ordine alla individuazione della legge da applicare al caso in questione ove vi sia stata una successione di leggi nel tempo, ogniqualvolta (e fin tanto che) il soggetto che abbia compiuto la azione tipica rimanga nella disponibilità del bene sottratto al detentore.
Ciò posto, considerato che appare pacifico che nel caso di specie gli atti con i quali la RAGIONE_SOCIALE ha acquistato la disponibilità dell’immobile e del terreno ad esso pertinente sono intervenuti fra il ligiugno 2003 ed il 24 febbraio 2004, ed essendo questi gli unici atti, asseritamente simulati o comunque fraudolenti attraverso i quali è stato perseguito lo scopo di rendere inefficace la pretesa esecutiva dello Stato verso i due indagati, appare emergente in termini di sufficiente chiarezza la imperseguibilità penale di tali condotte, stante l’ampia consumazione del termine prescrizionale del reato in provvisoria contestazione, e, conseguentemente, l’impossibilità di adottare provvedimenti ablativi ai sensi dell’art. 12 -bis del dlgs n. 74 del 2000 in relazione ai beni costituenti, attraverso la loro sottrazione alla azione esecutiv pubblica, il profitto del commesso reato.
Il ricorso proposto deve, pertanto, essere accolto, essendo risultati assorbiti i restanti motivi di impugnazione, e l’ordinanza impugnata, nonché il
provvedimento cautelare genetico, debbono essere annullati, non ricorrendo le condizioni per l’adozione neppure di quest’ultimo, ed il bene, in tale modo dissequestrato, va riconsegnato all’avente diritto.
PQM
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro del 12 dicembre 2022 del Gip del Tribunale di Vicenza e ordina il dissequestro e la restituzione di quanto in sequestro all’avente diritto.
Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2023
Il AVV_NOTAIO estensore
GLYPH Il Pr dente