Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17522 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17522 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da NOME NOMECOGNOME nato a Reggio Calabria il 12/03/1952, avverso la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria del 21/05/2024
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Dr. NOME COGNOME cui il medesimo si è riportato in udienza, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; dato atto che, per la difesa, nessuno è comparso.
PREMESSO IN FATTO
Con sentenza del 21/05/2024, il Tribunale di Reggio Calabria condannava NOME COGNOME alla pena di euro trecento di ammenda in ordine al reato di cui all’articolo 1161 nav.
Avverso tale ordinanza propone ricorso il COGNOME.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione del principio del ne bis in idem, posto che, per lo stesso fatto, il COGNOME è già stato condannato nel 1997 con decreto penale di condanna.
2.2. Con il secondo motivo deduce mancato raggiungimento della prova al fine della dichiarazione di colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio” e travisamento del fatto.
Ed infatti, lo sconfinamento nell’area demaniale era talmente piccolo da non essere neppure percepibile sulle carte geografiche, tanto da rendere necessari particolari strumenti misurazione.
2.3. Con il terzo motivo lamenta la mancata applicazione dell’articolo 131-bis cod. pen. applicabile anche ai reati permanenti.
In data 19 marzo 2025, alle ore 21:17, l’ Avv. NOME COGNOME per l’imputato, facev pervenire e-mail in cui dichiarava di rinunciare alla trattazione orale per sopravvenuto e no meglio precisato impedimento.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va preliminarmente evidenziato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (maturata sotto la vigenza dell’art. 23, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, ma con principio applicab anche al nuovo stile dell’articolo 611, comma 1-bis, cod. proc. pen., come introdotto dall’art. 35, co. 1, lett. a) n. 2 del D.Lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, e s.m.i.), la richiesta di trattazio deve considerarsi irretrattabile (come testualmente oggi previsto dal comma 1-ter della disposizione in esame) e, pertanto, la rinuncia alla richiesta di discussione orale non determi il mutamento del rito in quello cartolare, sicché la parte non rinunciante ha diritto di concl oralmente in udienza (Sez. 2, n. 42410 del 17/06/2021, COGNOME, Rv. 282207 – 01; Sez. 6, n 22248 del 18/05/2021, L., Rv. 281520 – 01), ragion per cui il Collegio ha invitato il Procura generale a concludere come da premessa in fatto.
2. Ciò posto, il primo motivo di censura è inammissibile.
Come affermato anche dalla Corte costituzionale (sentenze nn. 53 del 2018, n. 200 del 2016 e n. 129 del 2008), la giurisprudenza di legittimità appare salda nel ritenere che, con rigu al reato permanente, il divieto di un secondo giudizio di cui all’articolo 649 cod. proc. riguarda soltanto la condotta posta in essere nel periodo indicato nell’imputazione e accerta con sentenza irrevocabile, e non anche la prosecuzione o la ripresa della stessa condotta in epoca successiva, la quale integra un «fatto storico» diverso, non coperto dal giudicato, per il q non vi è alcun impedimento a procedere (ex multis, Sez. 3, n. 9988 del 19/12/2019, dep. 2020, La, Rv. 278534 – 01; Sez. 6, n. 20315 del 05/03/2015, L., Rv. 263546 – 01; Sez. 3, n. 19354 del 21/04/2015, COGNOME, Rv. 263514 – 01).
Ciò in quanto l’identità del fatto, rilevante ai fini dell’operatività del principio de bis in idem, sussiste – secondo un radicato principio giurisprudenziale – solo quando vi si
corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tem di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, P.g. in proc. donati ed altro, Rv. 2317 – 01).
Nel caso considerato le condotte oggetto dei due giudizi sono chiaramente distinte sul piano «storico»: essendo il precedente giudizio stato definito con accertamento irrevocabile, tratta reati diversi e non può essere invocata la violazione del ne bis in idem; pertanto, ai presenti fini non è neppure necessario accertare se la condotta sia stata nel precedente processo contestata in forma «aperta» o «chiusa».
3. Anche il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Come correttamente evidenziato a pagina 5 della sentenza impugnata, nel caso di specie sarebbe perfino ravvisabile un caso di dolo e proprio in ragione del preesistente accertament irrevocabile di cui al decreto penale di condanna citato in relazione al primo motivo: dalla di contestazione del fatto, e certamente dal passaggio in giudicato del decreto penale, il Posto non poteva dirsi all’oscuro della violazione commessa.
4. Il terzo motivo è, del pari, inammissibile.
Quando la sentenza di merito, come nel caso in esame, è successiva alla introduzione della causa di non punibilità (o alla sua modifica sostanziale, come avvenuto per effetto del d. 150/2022), la questione dell’applicabilità dell’art. 131-bis cod. pen. non può essere posta p prima volta nel giudizio di legittimità come motivo di violazione di legge (cfr. Sez. 3, n. del 21/03/2018, COGNOME, Rv. 272789; Sez. 5, n. 57491 del 23/11/2017, Moio, Rv. 271877; Sez. 3, n. 19207 del 16/3/2017, COGNOME, Rv. 269913; Sez. 6, n. 20270 del 27/4/2016, COGNOME, Rv. 26667801; Sez. 7, n. 43838 del 27/5/2016, COGNOME, Rv. 26828101), né può affermarsi, in assenza di specifica richiesta (v. verbale di udienza del 21 maggio 2024, in cui si dà atto ch difesa del ricorrente ha concluso chiedendo soltanto l’assoluzione ex art. 530 cod. proc. pen.), che nella fattispecie il giudice avesse l’obbligo di pronunciarsi comunque.
La doglianza non poteva pertanto essere dedotta per la prima volta nel giudizio pe cassazione, con conseguente inammissibilità della stessa.
Quanto ai «benefici di legge», di cui alla terza censura, essi vengono indicati nella rub del motivo ma non vengono coltivati nella sua narrativa, che svolge solo la doglianza sul 13 bis cod. pen.., con conseguente genericità – e quindi inammissibilità – del motivo.
6. Il ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia prop
il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», a declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della
Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
6. La presente motivazione viene redatta in forma semplificata ai sensi del decreto n. 68 de
28/4/2016 del Primo Presidente della Corte di cassazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20/03/2025.