Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3041 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3041 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
NOME COGNOME
Presidente –
Sent. n. sez. 2128/2024
ALDO ACETO
Relatore –
UP – 18/12/2024
NOME COGNOME
R.G.N. 27232/2024
NOME COGNOME
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 04/09/1956
avverso la sentenza del 26/02/2024 della Corte d’appello di Napoli
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per lÕinammissibilitˆ del ricorso; letta la memoria del difensore del ricorrente, Avv. COGNOME che ha concluso chiedendo lÕaccoglimento del ricorso.
Trattazione cartolare.
1.NOME COGNOME ricorre per lÕannullamento della sentenza del 26 febbraio 2024 della Corte di appello di Napoli che, in riforma della sentenza del 5 febbraio
2022 del Tribunale di Napoli Nord, pronunciata allÕesito di giudizio ordinario e da lui impugnata, ha eliminato la condizione del regolare smaltimento dei rifiuti cui il Tribunale aveva aveva subordinato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, confermando nel resto la condanna alla pena di sette mesi di arresto e 3000 euro di ammenda per i reati di cui agli artt. 256 d.lgs. n. 152 del 2006 (capo 1) e 55 d.lgs. n. 81 del 2008 (capo 3), contestati come accertati in Melito di Porto Salvo il 27 febbraio 2019. Con la stessa sentenza il ricorrente è stato condannato al rimborso delle spese sostenute nel grado dal Comune di Melito di Porto Salvo, costituito parte civile.
1.1.Con il primo motivo deduce la prescrizione maturata prima della sentenza impugnata trattandosi di reati consumati prima della data del loro accertamento.
1.2.Con il secondo motivo lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilitˆ per particolare tenuitˆ del fatto e deduce lÕerronea applicazione dellÕart. 131-bis cod. pen.
1.3.Con il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 192 e 546 cod. proc. pen., in relazione allÕart. 533 cod. proc. pen., e vizio di motivazione in ordine alla mancata valutazione della occasionalitˆ della gestione illecita dei rifiuti contestata al capo 1 della rubrica vertendosi, nel caso di specie, in un caso di mero deposito temporaneo di materiali di risulta. Quanto al reato di cui al capo 3, lamenta lÕinsufficienza probatoria, non essendo sufficiente – afferma – la mera circostanza che lÕimputato non sia stato in grado di esibire il documento di valutazione dei rischi.
2.Il 31 ottobre 2024 il ricorrente ha depositato motivi aggiunti di ricorso.
2.1.Con il primo motivo aggiunto ribadisce che la prescrizione è maturata prima della pronuncia impugnata in quanto i reati sono stati consumati prima del loro accertamento.
2.2.Con il secondo motivo aggiunto ribadisce le deduzioni oggetto del secondo motivo di ricorso.
2.3.Con il terzo motivo aggiunto ribadisce ulteriormente le deduzioni oggetto del terzo motivo di ricorso.
3.Con memoria del 3 dicembre 2024 il ricorrente ha replicato alla richiesta del PG di inammissibilitˆ del ricorso concludendo per la ammissibilitˆ e fondatezza del ricorso.
2.Il ricorrente risponde dei reati a lui ascritti perchŽ, quale titolare di una tipografia abusiva, stoccava i rifiuti, pericolosi e non, derivanti dalla predetta attivitˆ senza poterne dimostrare il corretto smaltimento (capo 1), nonchŽ perchŽ, nella predetta qualitˆ, aveva omesso di informare i lavoratori sui rischi per la salute e la sicurezza, sulle procedure di primo soccorso, lotta antincendio, evacuazione dei luoghi di lavoro e perchŽ aveva omesso la predisposizione del piano di emergenza ed evacuazione; i fatti sono contestati come accertati in Melito di Porto Salvo il 27 febbraio 2019.
2.1.Dalla lettura della sentenza di primo grado si apprende che:
2.1.1.il 27 febbraio 2019 i Carabinieri Forestali di Napoli avevano effettuato il controllo di vari capannoni industriali situati nel Comune di Melito di Porto Salvo;
2.1.2.in uno di questi veniva svolta attivitˆ di tipografia gestita, senza alcuna autorizzazione, dallÕodierno ricorrente controllato insieme con i tre operai che lavoravano alle sue dipendenze;
2.1.3.nella tipografia erano in funzione undici macchinari (tutti operativi al momento del controllo) tra cui macchinari di stampa e di completamento per la pressa degli scarti di lavorazione; erano stati altres’ rinvenuti fusti pieni sia di inchiostro che di residui di inchiostro e colle;
2.1.4.la tipografia, oltre a non essere iscritta alla camera di commercio, non era nemmeno autorizzata alla gestione dei rifiuti (alcuni pericolosi) che venivano smaltiti in assenza di un registro di carico e scarico e senza un contratto con una ditta autorizzata;
2.1.5.erano assenti i requisiti minimi per la sicurezza sul lavoro non essendovi neppure uscite di sicurezza o dispositivi antincendio, nŽ era stato adottato il documento di valutazione dei rischi;
2.1.6.quello stesso giorno veniva effettuato il sequestro dellÕattivitˆ;
2.1.7.il Tribunale aveva escluso la particolare tenuitˆ del fatto avuto riguardo alla non occasionalitˆ delle violazioni (plurime) e al fatto che alla data della sentenza i rifiuti non erano stati ancora smaltiti.
2.2.Nel confermare la sentenza di primo grado, la Corte di appello, valutando in modo conforme le medesime evidenze probatorie, ha escluso la tesi del deposito temporaneo dei rifiuti e ha negato la particolare tenuitˆ del fatto in considerazione della non occasionalitˆ della condotta e delle conseguenze che ne sono derivate.
3.Tanto premesso, il primo motivo è manifestamente infondato.
3.1.Secondo il consolidato insegnamento della Corte di cassazione, il deposito incontrollato di rifiuti, che pu˜ essere integrato con un solo atto o con più condotte recanti i segni del persistente dominio sulla cosa, ha sempre natura permanente, qualificandosi la condotta come deposito “controllabile”, cui segue l’omessa
rimozione e cessando lo stato di antigiuridicitˆ con lo smaltimento, il recupero, l’eventuale sequestro oppure con la sentenza di primo grado, se la contestazione è di natura aperta (Sez. 3, n. 30929 del 10/04/2024, Duse, Rv. 286838 – 01; Sez. 3, n. 6999 del 22/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272632 – 01; Sez. 3, n. 7386 del 19/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262410 – 01; Sez. 3, n. 30910 del 10/06/2014, COGNOME, Rv. 260011 – 01; Sez. 3, n. 48489 del 13/11/2013, COGNOME, Rv. 258519 – 01).
3.2.Anche il reato di cui allÕart. 55 d.lgs. n. 81 del 2008 ha natura permanente in quanto il pericolo per l’incolumitˆ dei lavoratori permane nel tempo e l’obbligo in capo al datore di lavoro di formare ed informare i lavoratori e di adottate il DVR continua nel corso dello svolgimento del rapporto lavorativo fino al momento della concreta formazione impartita o della cessazione del rapporto stesso (in questo senso, Sez. 3, n. 26271 del 07/05/2019, COGNOME, Rv. 276043 – 01).
3.3.In ogni caso, se è vero che è ammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen. (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266819 – 01), è altrettanto vero che la prescrizione pu˜ essere dedotta per la prima volta in sede di legittimitˆ sempre che ci˜ non comporti accertamenti di fatto sulla data di effettiva cessazione della condotta non specificamente devoluti in appello.
3.4.SicchŽ non è possibile in questa sede dedurre la prescrizione dei reati maturata prima della sentenza impugnata se ci˜ comporta, come nel caso in esame, la necessitˆ di accertamenti in fatto non specificamente devoluti in sede di merito.
3.5.LÕunico dato certo è che la tipografia fu sequestrata il 27 febbraio 2019 e che non vi sono motivi per ritenere che la permanenza dei reati fosse cessata prima di tale data in conseguenza di atti interruttivi nemmeno dedotti.
3.6.La prescrizione, dunque, non è certamente maturata prima delle ore 0,00 del 27 febbraio 2024, laddove la sentenza impugnata è del 26 febbraio 2024.
4.Il secondo motivo è manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimitˆ.
4.1.La necessitˆ di supportare il motivo con quel che emerge o non emerge dagli atti rende imperscrutabile la doglianza difensiva che, allontanandosi dal sentiero tracciato dal testo del provvedimento impugnato, propone quale materiale di valutazione il materiale istruttorio del quale non viene nemmeno dedotto il travisamento.
4.2.Alla Corte di cassazione non interessa sapere se le prove assunte nel corso del giudizio giustificano la decisione impugnata: è compito del giudice di merito valutare e sistemare razionalmente il quadro probatorio e darne conto in motivazione (art. 546, comma 1, lett. e, cod. proc. pen.); in altre parole, alla Corte di legittimitˆ non interessa sapere
4.3.Occorre, perci˜, ribadire che l’indagine di legittimitˆ sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontˆ del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilitˆ di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimitˆ la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, COGNOME, Rv. 214794; cfr., altres’, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 21626, secondo cui avendo il legislatore attribuito rilievo esclusivamente al testo del provvedimento impugnato, che si presenta quale elaborato dell’intelletto costituente un sistema logico in sè compiuto ed autonomo, il sindacato di legittimitˆ è limitato alla verifica della coerenza strutturale della sentenza in sè e per sè considerata, necessariamente condotta alla stregua degli stessi parametri valutativi da cui essa è “geneticamente” informata, ancorchŽ questi siano ipoteticamente sostituibili da altri).
4.4.é necessario stare al testo della motivazione della sentenza impugnata dalla quale risulta che entrambi i giudici di merito hanno fatto riferimento alla non occasionalitˆ della condotta e alla gravitˆ delle sue conseguenze con argomenti che sono tuttÕaltro che illogici (men che meno manifestamente illogici ove si consideri la natura professionale ed imprenditoriale dellÕattivitˆ svolta), e certamente non errati sotto il profilo della corretta applicazione dellÕart. 131-bis cod. pen.
4.5.La non particolare significativitˆ della lesione dei beni protetti dalle norme violate costituisce postulazione difensiva autoreferenziale e svincolata da quel che risulta dalla lettura delle sentenze, laddove la dedotta assenza di elementi ostativi alla applicazione dellÕart. 131-bis cod. pen. costituisce affermazione assolutamente generica. Anche la circostanza che i rifiuti siano stati smaltiti (peraltro solo dopo la condanna di primo grado) non tiene conto del fatto che, ai
fini dell’applicazione della causa di non punibilitˆ per la particolare tenuitˆ del fatto, acquista rilievo, per effetto della novellazione dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrˆ, di per sŽ sola, rendere di particolare tenuitˆ un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entitˆ dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu Qinglian, Rv. 284497 – 01).
5.Il terzo motivo è manifestamente infondato.
5.1.La tesi dellÕomessa motivazione sulla natura di deposito temporaneo dei rifiuti è assolutamente infondata.
5.2.Ed invero, l’onere della prova relativa alla sussistenza delle condizioni di liceitˆ del deposito cosiddetto controllato o temporaneo, fissate dall’art. 183 D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, grava sul produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria di tale deposito rispetto alla disciplina ordinaria (Sez. 3, n. 35494 del 10/05/2016, COGNOME, Rv. 267636 – 01; Sez. 3, n. 29084 del 14/05/2015, COGNOME, Rv. 264121 – 01; Sez. 3, n. 23497 del 17/04/2014, COGNOME, Rv. 261507 – 01).
5.3.Il ricorrente si è sottratto a tale onere avendo anzi svolto la sua attivitˆ in assenza di un registro di carico e scarico e senza aver mai prodotto un contratto con impresa autorizzata allo smaltimento dei rifiuti. SicchŽ la deduzione difensiva della natura temporanea del deposito in attesa del definitivo smaltimento costituisce mera affermazione labiale visto che il deposito temporaneo è lecito e non necessita di autorizzazione solo se finalizzato al trasporto dei rifiuti presso un impianto di recupero o smaltimento.
5.4.Quanto al documento di valutazione dei rischi è appena il caso di evidenziare che il DVR deve essere conservato presso l’unitˆ produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei rischi (art. 29, comma 4, d.lgs. n. 81 del 2008). Non si comprende, pertanto, perchŽ della sua sorte avrebbero dovuto farsi carico gli inquirenti e i Giudici di merito addirittura cercandolo presso il Ministero del Lavoro.
6.Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso (che osta alla rilevazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata e allÕesame dei motivi aggiunti) consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., essendo essa ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere delle spese del procedimento nonchŽ del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente nella misura di 3.000,00. Il Collegio intende in tal modo esercitare la facoltˆ, introdotta dallÕart. 1, comma 64, legge
n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista dallÕart. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilitˆ del ricorso considerate le ragioni della inammissibilitˆ stessa come sopra indicate.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Cos’ deciso in Roma, il 18/12/2024.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
NOME COGNOME