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Reato permanente: la Cassazione chiarisce la prescrizione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del titolare di una tipografia abusiva, condannato per gestione illecita di rifiuti e violazioni della sicurezza sul lavoro. La sentenza chiarisce che, trattandosi di un reato permanente, la prescrizione non decorre fino alla cessazione della condotta illecita (in questo caso, il sequestro dell’attività). Viene inoltre negata l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, data la natura professionale e non occasionale dell’attività criminosa.

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Pubblicato il 5 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato permanente: la Cassazione chiarisce quando inizia a decorrere la prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sulla natura del reato permanente e sulle sue conseguenze in termini di prescrizione, specialmente in materia di reati ambientali e di sicurezza sul lavoro. Il caso riguardava il titolare di una tipografia abusiva, condannato per aver stoccato illecitamente rifiuti e per aver omesso le necessarie misure di sicurezza per i suoi dipendenti. La Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito principi fondamentali sulla decorrenza dei termini per l’estinzione del reato.

I Fatti di Causa

L’imputato era stato condannato in primo e secondo grado per i reati di cui agli artt. 256 del D.Lgs. 152/2006 (gestione illecita di rifiuti) e 55 del D.Lgs. 81/2008 (violazioni in materia di sicurezza sul lavoro). Nello specifico, durante un controllo presso la sua tipografia, non autorizzata e non iscritta alla camera di commercio, i Carabinieri Forestali avevano trovato undici macchinari operativi, fusti pieni di inchiostro e residui, e avevano accertato lo stoccaggio di rifiuti pericolosi e non, senza alcuna autorizzazione né registro di carico e scarico.

Inoltre, l’attività era priva dei requisiti minimi di sicurezza: non esistevano uscite di emergenza, dispositivi antincendio, né era stato redatto il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR). I lavoratori, quindi, operavano senza essere informati sui rischi per la salute e senza procedure di emergenza.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Prescrizione: Sosteneva che i reati si fossero estinti per prescrizione prima della sentenza d’appello, in quanto consumati in data anteriore a quella dell’accertamento.
2. Particolare tenuità del fatto: Lamentava la mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p., ritenendo l’offesa di lieve entità.
3. Vizio di motivazione: Contestava la valutazione delle prove, sostenendo che si trattasse di un mero deposito temporaneo di materiali di risulta e che la prova della mancata redazione del DVR fosse insufficiente.

La Decisione della Cassazione sul reato permanente

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni, dichiarando il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa della natura dei reati contestati, confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

Le Motivazioni

La sentenza approfondisce in modo dettagliato le ragioni del rigetto, fornendo principi applicabili a casi analoghi.

La Natura del Reato Permanente e la Prescrizione

Il punto centrale della decisione riguarda la prescrizione. La Corte ha ribadito che sia il delitto di gestione illecita di rifiuti (nella forma del deposito incontrollato) sia le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro costituiscono un reato permanente. Questo significa che la condotta illecita non si esaurisce in un singolo momento, ma perdura nel tempo.

Di conseguenza, il termine di prescrizione non inizia a decorrere dal primo atto di deposito o dalla prima omissione, ma solo dal momento in cui la condotta antigiuridica cessa. Tale cessazione può avvenire con il sequestro, con la sentenza di primo grado o con il ripristino volontario della legalità (es. smaltimento dei rifiuti). Nel caso di specie, l’attività era stata sequestrata il 27 febbraio 2019 e la sentenza d’appello era del 26 febbraio 2024. Pertanto, al momento della decisione di secondo grado, la prescrizione non era ancora maturata.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

La Cassazione ha confermato la decisione dei giudici di merito di non applicare l’art. 131-bis c.p. La motivazione si basa sulla non occasionalità della condotta. L’imputato non ha commesso una violazione isolata, ma gestiva un’attività d’impresa, seppur abusiva, in modo professionale e strutturato. La presenza di undici macchinari e tre operai dimostra una condotta sistematica e non un episodio sporadico. La gravità delle conseguenze, derivanti dalla pluralità di violazioni, ha ulteriormente giustificato l’esclusione di questo beneficio.

L’Onere della Prova per il Deposito Temporaneo

Infine, la Corte ha respinto la tesi difensiva del ‘deposito temporaneo’. Secondo la legge, il deposito temporaneo è una deroga alla disciplina ordinaria dei rifiuti ed è soggetto a condizioni molto rigorose. La giurisprudenza è costante nell’affermare che l’onere di provare la sussistenza di tali condizioni grava sul produttore dei rifiuti. L’imputato, non avendo prodotto alcun registro di carico e scarico né un contratto con un’impresa di smaltimento autorizzata, non ha fornito alcuna prova a sostegno della sua tesi. Allo stesso modo, il DVR deve essere conservato presso l’unità produttiva, e non è compito degli inquirenti cercarlo altrove.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma tre principi cruciali:
1. Nei casi di reato permanente, come lo stoccaggio illecito di rifiuti, la prescrizione inizia a decorrere solo con la cessazione della condotta illecita, un fattore determinante per la perseguibilità di tali crimini.
2. La causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ non è applicabile quando la condotta, sebbene legata a reati con pene non elevate, si inserisce in un contesto imprenditoriale e sistematico, denotando una non occasionalità del comportamento.
3. In materia ambientale, spetta sempre a chi produce i rifiuti dimostrare di aver rispettato le condizioni di legge per il deposito temporaneo, invertendo l’onere della prova a suo carico.

Quando inizia a decorrere la prescrizione per un reato permanente come il deposito incontrollato di rifiuti?
La prescrizione inizia a decorrere non dal primo atto illecito, ma dal momento in cui la condotta permanente cessa. La cessazione può coincidere con lo smaltimento dei rifiuti, il sequestro dell’area o la sentenza di condanna di primo grado.

L’aver smaltito i rifiuti dopo una condanna di primo grado può rendere il reato di ‘particolare tenuità’?
No. Sebbene la condotta successiva al reato possa essere valutata, non può, da sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che non lo era al momento del fatto. La valutazione deve essere complessiva, considerando principalmente le modalità della condotta originaria e l’entità del danno o pericolo.

Chi deve dimostrare che un deposito di rifiuti è ‘temporaneo’ e quindi lecito?
L’onere della prova grava sul produttore dei rifiuti. Poiché il deposito temporaneo è un’eccezione alla regola generale che richiede un’autorizzazione, spetta a chi lo effettua dimostrare di aver rispettato tutte le condizioni previste dalla legge (es. limiti quantitativi e temporali, raggruppamento per categorie omogenee, ecc.).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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