Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30093 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
TERZA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30093 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NAPOLI il 14/02/1972 avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del TRIB. DELLA LIBERTA’ di Napoli sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Napoli adito in sede di appello cautelare avverso la ordinanza del Gip del tribunale di Napoli del 23.12.2024, rigettava l’istanza di dissequestro di un compendio immobiliare ritenuto abusivo, proposta nell’interesse di COGNOME NOME.
2.Avverso la predetta ordinanza COGNOME Mario mediante il proprio difensore ha proposto ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di impugnazione.
3.Si rappresenta con il primo motivo la ammissibilità della memoria integrativa dell’atto di appello, al contrario reputata non ammissibile dal tribunale, siccome tempestivamente proponibile nella prima occasione utile rispetto al momento di conoscenza delle cause della ritenuta inutilizzabilità degli atti di indagine, su cui si fonda la contestata misura, siccome realizzati dopo il termine massimo di indagine.
4.Con il secondo motivo deduce il vizio di violazione di legge, rilevandosi come il tribunale non avrebbe vagliato i motivi di appello ma si sarebbe limitato a riprendere pedissequamente la relazione del consulente del P.M. Di converso, si ribadisce che gli interventi realizzati sarebbero legittimi ai sensi dell’art. 73 del RUEC, quale norma transitoria di tipo regolamentare inerente edifici oggetto di domanda di condono edilizio per cui essi, in pendenza di domanda, possono essere oggetto di interventi di manutenzione necessari per continuare ad utilizzarli. Peraltro, gli interventi oltre ad essere in tal modo legittimi erano diretti a riportare l’immobile alla sua originaria destinazione edilizia di tipo residenziale, piuttosto che ricettiva, con quest’ultima destinazione peraltro realizzata ma non da parte del ricorrente bensì da precedente titolare delle opere. Si aggiunge che si sarebbe confutato quanto rilevato dall’ausiliario di PG COGNOME, oltre a produrre una relazione di stima del complesso immobiliare, per cui sarebbe infondata la prima e la seconda iscrizione di notizia di reato. E si contesta anche il sequestro di iniziativa della polizia municipale, a fronte della pendenza della domanda di condono che avrebbe imposto alla amministrazione di astenersi, ex art. 38 della l. 47/85, da ogni iniziativa repressiva, sino alla relativa definizione.
5.Con il terzo motivo deduce il vizio di violazione di legge processuale per avere il Pubblico Ministero svolto attività di indagine dopo la scadenza dei termini di indagine di cui alla prima
iscrizione, del gennaio 2024, e aver proceduto ad una seconda illegittima iscrizione, e per avere il tribunale trascurato la questione di inutilizzabilità delle indagini sollevata dalla difesa e rilevabile in qualsiasi stato e grado di giudizio. Si rappresenta che il sequestro del 18.10.2024 si sarebbe altresì basato su atti di indagine precedenti, realizzati dopo la scadenza dei termini di indagine collegati alla prima iscrizione a carico del COGNOME, e poi confluiti nel secondo procedimento a seguito di riunione dei due procedimenti e successiva separazione. In tale quadro, la relazione tecnica valorizzata dal tribunale per respingere le argomentazioni difensive avrebbe dovuto essere considerata inutilizzabile siccome realizzata al di fuori del termine massimo di indagine ormai scaduto.
6.Con il quarto motivo rappresenta l’apparenza o carenza di motivazione. Il tribunale avrebbe solo richiamato le argomentazioni della consulente del pm senza confrontarsi con le argomentazioni difensive e con la consulenza di parte, idonea a confutare le conclusioni del consulente del P.M. e a criticare i rilievi dell’ausiliario di pg COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Con riguardo al primo motivo, si osserva che al di là della preliminare dichiarazione di inammissibilità della memoria, il tribunale ha comunque illustrato le ragioni della infondatezza della stessa nel merito; tali ragioni, afferendo a questione giuridica, possono anche essere integrate in questa sede. Infatti, le argomentazioni giuridiche delle parti, come ha piø volte sottolineato la Suprema Corte, o sono fondate e allora il fatto che il giudice le abbia disattese (motivatamente o meno) dà luogo al motivo di censura costituito dalla violazione di legge; o sono infondate, e allora che il giudice le abbia disattese non può dar luogo ad alcun vizio di legittimità della pronuncia giudiziale, avuto anche riguardo al disposto di cui all’art. 619 comma 1 cod. proc. pen. che consente di correggere, ove necessario, la motivazione quando la decisione in diritto sia comunque corretta (cfr. in tal senso Sez. 1, n. 49237 del 22/09/2016 Rv. 271451 – 01 NOME). Tanto premesso, occorre ricordare che il reato edilizio rispetto al quale, tra gli altri, Ł stato effettuato il sequestro, integra un reato permanente, e che in caso di reato permanente, i termini di durata delle indagini preliminari e delle successive proroghe da una parte sono quelli stabiliti dagli artt. 405, comma 2, 406 e 407 cod. proc. pen. (Sez. 6 -, n. 12080 del 15/12/2022 Cc.(dep. 22/03/2023 ) Rv. 285364 01), , dall’altra, deve anche considerarsi che sul piano logico – giuridico, possono essere configurati diversi segmenti temporali del reato permanente che assumono rilievo non nel senso di incidere sulla natura unitaria dell’illecito di durata, ma sul piano del concreto e frazionato accertamento giurisdizionale di condotte che ben possono protrarsi anche al di la di eventi idonei a interrompere la permanenza. Coerentemente con tale premessa, si e, ad es., ritenuto che, nell’ipotesi di reato permanente, l’archiviazione non seguita dalla autorizzazione alla riapertura delle indagini non preclude lo svolgimento di nuove investigazioni e, quindi, l’esercizio dell’azione penale in relazione a fatti e comportamenti atti a dimostrare la consumazione dell’illecito limitatamente ai segmenti temporali successivi all’archiviazione (Sez. 5, n. 43663 del 14/05/2015, Rv. 264923 – 01, che ne trae la conseguenza per la quale la sanzione di inutilizzabilita derivante dalla violazione dell’art. 414 cod. proc. pen. colpisce solo gli atti che riguardano lo stesso fatto oggetto dell’indagine conclusa con il provvedimento di archiviazione, e non anche fatti diversi o successivi, benche collegati con i fatti oggetto della precedente indagine; nello stesso senso, v. anche Sez. 2, n. 14777 del 19/01/2017, , Rv. 270221 – 01).Discende che, in tali ipotesi, venendo in rilievo fatti successivi, ancorche collegati con i fatti precedentemente iscritti, viene a modificarsi il momento consumativo del reato con la conseguenza che non si fa luogo ad un “aggiornamento” dell’iscrizione, ma si procede ad una nuova iscrizione con conseguente spostamento in avanti del ‘dies a quo’ dell’iscrizione. In secondo luogo, l’eventuale inerzia del Pubblico ministero nell’assumere le sue determinazioni rispetto all’esercizio dell’azione penale ha indotto successivamente il legislatore a intervenire piu volte al fine di introdurre
finestre di giurisdizionalizzazione, accompagnate dallo strumento dissuasivo (si veda, al riguardo, il testo attuale dell’art. 415-quater cod. proc. pen.): ma si tratta di disciplina che certamente non comporta la conseguenza dell’inutilizzabilita degli atti delle indagini svolte sino alla scadenza del termine previsto dall’art. 405 cod. proc. pen., con riferimento al segmento di condotta del reato permanente cui si riferiscono. Ne discende che, laddove, nel corso di un’attivita investigativa gia avviata in relazione ad un dato reato permanente, successivamente alla scadenza del termine legale emergano nuove circostanze attestanti il perdurare della condotta delittuosa dell’indagato, nulla vieta al Pubblico ministero di procedere ad una nuova iscrizione per lo stesso reato e nei confronti della medesima persona. Infatti, nessuna norma del codice di rito lo impedisce. In sintesi dunque, qualora nel corso delle indagini preliminari in relazione a un reato permanente emergano nuovi elementi attestanti il perdurare della condotta successivamente alla scadenza del termine previsto dall’art. 405 cod. proc. pen., il pubblico ministero può legittimamente procedere ad una nuova iscrizione nei confronti dello stesso indagato, senza alcun limite all’utilizzabilità degli elementi emersi prima di tale iscrizione in relazione al segmento di reato permanente cui si riferiscono. (Sez. 1, n. 44502 del 15/11/2024, Friscia, Rv. 287320 – 01). Tanto Ł sufficiente per ritenere la decisione del tribunale corretta, seppur integrata dalla presenti considerazioni, e senza peraltro dilungarsi sull’ulteriore dato, anche esso significativo, per cui nel caso in esame la nuova iscrizione non Ł operata dal Pubblico Ministero nel quadro delle sue indagini bensì consegue all’emergere di una nuova notizia di reato conseguente al sequestro di iniziativa della Polizia giudiziaria, che correttamente ha dato luogo ad un nuovo autonomo procedimento come del resto spiegato in ordinanza. Può allora solo aggiungersi, per delineare un quadro completo della questione, che la scadenza del termine stabilito per le indagini preliminari non preclude il compimento di qualsiasi attività processuale, ma solo di quegli atti che per contenuto e funzione riguardano le indagini stesse, ovvero l’acquisizione delle prove, con la conseguenza che anche a termine scaduto, nel caso in cui il pubblico ministero non abbia ancora esercitato l’azione penale ed il procuratore generale quello di avocazione, il P. M. può richiedere ed il giudice provvedere all’applicazione delle misure cautelari ed, in particolare, del sequestro preventivo, atteso che questo non Ł atto ad efficacia probatoria.
Nel caso in esame, alla luce degli atti disponibili e di quanto sostenuto in ricorso, emerge, da una parte, un sequestro, come tale non integrante atto ad efficacia probatoria, dall’altra, posto che il ricorrente esclude ogni compimento di atti di indagine successivo alla prima iscrizione, non può che ritenersi che le verifiche da cui Ł scaturita la misura reale qui contestate siano contestuali e successive alla stessa e all’emergere della nuova notizia di reato e, dunque, pienamente legittime e non scadute rispetto al termine di indagine precedente. Le considerazioni di cui sopra spiegano l’infondatezza anche del terzo motivo e del quarto motivo.
2.Manifestamente infondato Ł il secondo motivo. I giudici hanno adeguatamente spiegato le ragioni del fumus dei reati, evidenziando, in sintesi, l’emersione di opere già abusive, con la conseguenza che gli ulteriori interventi realizzati integrano la prosecuzione delle medesime, e non già interventi manutentivi comunque rientranti nel novero di opere non richiedenti titoli abilitativi di rilevanza penale (come sostenuto dalla difesa). Rispetto a tale congrua motivazione, da una parte, si trascura la necessità di operare un confronto completo con l’ordinanza impugnata, a partire dalla eventuale dimostrazione della originaria liceità delle opere fino a giungere a spiegare le ragioni della liceità anche degli ulteriori interventi, dall’altra, la critica si riduce ad una generica quanto assertiva affermazione della superiore validità degli argomenti difensivi richiamati come tali ( la consulenza di parte e altri atti o documenti prodotti), senza illustrane specificamente la portata e la incidenza sugli specifici passaggi motivazionali. In altri termini, a fronte di specifiche argomentazioni dei giudici, occorre non solo rappresentare vizi, ma anche individuare ogni passaggio motivazionale viziato, ed
indicarne le analitiche ragioni di supporto, non essendo sufficiente richiamare tesi di parte per sostenerne, per cio’ solo, la validità. Va aggiunto che il richiamato articolo del regolamento comunale appare del tutto sconnesso dalla apposita disciplina, unica rilevante, contenuta nella normativa del condono, e regolante la limitata fattispecie della continuazione delle opere abusive in pendenza della decisione sul richiesto condono. Normativa che fissa oneri modali e temporali, nonchØ tipologie limitate di interventi ( non generalizzabili in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria, come vorrebbe fare il riferito regolamento comunale), solo in presenza dei quali Ł legittima la realizzazione di ulteriori interventi su manufatti oggetto di domanda di condono che, altrimenti, devono rimanere del tutto inalterati sino alla definizione della pratica di sanatoria. Pena, come illustrato in ordinanza, la prosecuzione inammissibile di opere abusive. E’ sufficiente, al riguardo, ricordare che questa Corte ha precisato che in materia urbanistica, nel caso di immobile oggetto di condono, la costruzione può essere proseguita soltanto nel rispetto della procedura stabilita dall’art. 35, comma 15, della legge 28 febbraio 1985 n. 47 (che prevede, decorsi 120 giorni dal versamento della seconda rata la notifica al Comune dell’intendimento di proseguire i lavori, con allegazione di una perizia giurata o di una documentazione equipollente sullo stato dei lavori abusivi, i quali possono essere ripresi dopo 30 giorni dalla suddetta notificazione); in difetto, la prosecuzione dei lavori configura un nuovo ed autonomo reato urbanistico. (Sez. 3, n. 3530 del 08/11/2000, Martino, Rv. 218001 – 01). Inoltre, quanto alla tesi per cui il condono pendente avrebbe impedito alla Polizia Municipale di procedere a sequestro, Ł sufficiente ricordare che la presentazione della domanda di condono edilizio ovvero il deposito dell’istanza di accertamento di conformità non impediscono all’autorità giudiziaria il compimento di atti urgenti, qual’Ł il sequestro preventivo, sia perchŁ la predetta misura cautelare reale ha il solo scopo di lasciare inalterata la situazione ovvero impedire la prosecuzione dell’opera abusivamente realizzata, sia perchŁ ai fini dell’estinzione del reato Ł necessaria una formale dichiarazione (Sez. 3, n. 32201 del 28/06/2007 Cc.(dep. 07/08/2007 ) Rv. 237218 – 01). Non da ultimo, a fronte di un intervenuto sequestro pare evidente che nel caso in esame si prospettino critiche alla motivazione, esistente, come tali inammissibili. Infatti il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio Ł ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (cfr. Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017 Rv. 269656 – 01; Sez. U. n. 25932 del 29/05/2008, Rv. 239692). Il controllo della Corte di Cassazione e, dunque, limitato ai soli profili della violazione di legge. La verifica in ordine alle condizioni di legittimita della misura cautelare e necessariamente sommaria e non comporta un accertamento sulla fondatezza della pretesa punitiva e le eventuali difformita tra fattispecie legale e caso concreto possono assumere rilievo solo se rilevabili ictu oculi (per tutte: Sez. U, n. 6 del 27/03/1992 – dep. 07/11/1992, Rv. 191327; Sez. U, n. 7 del 23/02/2000 – dep. 04/05/2000, Rv. 215840). La delibazione non puo estendersi neppure all’elemento psicologico del reato e alla ricostruzione in concreto delle possibili e prevedibili modalita con le quali la condotta contestata si sarebbe dovuta manifestare; in altri termini, quindi, non e possibile che il controllo di cassazione si traduca in un controllo che investe, sia pure in maniera incidentale, il merito dell’impugnazione.
Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 23/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME