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Reato permanente e ne bis in idem: la Cassazione chiarisce

Un soggetto, condannato due volte per abuso edilizio e violazione di sigilli sullo stesso immobile ma in momenti diversi, ha invocato il principio del ‘ne bis in idem’. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la prosecuzione di un reato permanente, come l’abuso edilizio, dopo una prima condanna definitiva, costituisce un fatto nuovo e distinto. Pertanto, un secondo processo è legittimo e non viola il divieto di doppio giudizio.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Permanente e Ne Bis in Idem: No al Doppio Giudizio se l’Abuso Edilizio Continua

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14826/2025, offre un importante chiarimento sul rapporto tra il reato permanente e il principio del ne bis in idem. La pronuncia stabilisce che la prosecuzione di una condotta illecita, come un abuso edilizio, dopo una prima condanna passata in giudicato, costituisce un fatto nuovo e distinto, per il quale è possibile avviare un secondo procedimento penale. Analizziamo insieme questa decisione.

I fatti del caso: due condanne per lo stesso immobile

Il caso riguarda un cittadino condannato con due sentenze distinte per reati edilizi e violazione di sigilli relativi allo stesso immobile.
La prima sentenza, divenuta irrevocabile nel 2021, riguardava lavori di costruzione abusiva accertati nel 2015. La seconda, irrevocabile nel 2019, sanzionava la prosecuzione dei lavori sullo stesso manufatto, con opere di finitura (intonaci, impianti, infissi) realizzate fino al 2017.

L’interessato si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo di applicare il principio del ne bis in idem (previsto dall’art. 649 c.p.p.), sostenendo di essere stato processato due volte per lo stesso fatto. Il Tribunale ha respinto la richiesta, ritenendo che le condotte fossero storicamente e naturalisticamente diverse. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte sul reato permanente e ne bis in idem

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici hanno ribadito un orientamento consolidato: nel caso di un reato permanente, il divieto di un secondo giudizio copre solo la condotta accertata e giudicata con la prima sentenza irrevocabile. Qualsiasi prosecuzione o ripresa dell’attività illecita in un momento successivo integra un fatto storico nuovo, non coperto dal precedente giudicato.

Le motivazioni: perché il ne bis in idem non si applica al reato permanente

La Corte fonda la sua decisione sulla specifica natura del reato permanente. A differenza dei reati istantanei, che si consumano in un unico momento, il reato permanente si protrae nel tempo. Questa sua caratteristica lo rende ‘scomponibile’ in più segmenti di condotta.

La prima sentenza copre e giudica solo il segmento di condotta illecita che si è verificato fino al momento dell’accertamento. Se l’agente, dopo tale data, prosegue con i lavori abusivi, pone in essere una nuova azione che lede ulteriormente il bene giuridico tutelato (in questo caso, il corretto assetto del territorio). Questa nuova azione costituisce un reato autonomo, distinto dal precedente, e come tale può essere legittimamente processato.

Nel caso specifico, i lavori accertati nel 2015 (costruzione al grezzo) erano diversi da quelli successivi al 2017 (opere di finitura). Questa diversità fattuale impedisce di considerare le due condotte come un ‘medesimo fatto’ ai fini del ne bis in idem.

La violazione di sigilli come reato autonomo

La Corte applica lo stesso ragionamento anche al reato di violazione di sigilli. Ogni singola infrazione, anche se relativa agli stessi sigilli apposti nell’ambito del medesimo sequestro, costituisce un nuovo e autonomo reato. Di conseguenza, l’accertamento di una violazione nel 2015 e di un’altra nel 2017 legittima due distinti procedimenti penali.

Conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza consolida un principio fondamentale in materia di illeciti edilizi e, più in generale, di reati permanenti. Chi commette un abuso edilizio non può confidare nell’impunità per la prosecuzione dei lavori dopo una prima condanna. La giustizia può e deve intervenire nuovamente per sanzionare ogni ulteriore segmento della condotta illecita. La decisione serve da monito: la ‘permanenza’ del reato implica una continua e rinnovata offesa all’ordinamento, che non può essere neutralizzata da una precedente sentenza di condanna se l’attività illegale non cessa.

Se continuo a costruire un immobile abusivo dopo una prima condanna, posso essere processato di nuovo?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la prosecuzione dei lavori dopo una condanna definitiva costituisce un fatto storico nuovo e distinto, non coperto dal precedente giudicato, e può quindi essere oggetto di un nuovo processo.

Il principio del ne bis in idem si applica al reato permanente?
Si applica, ma solo per la porzione di condotta già giudicata con sentenza irrevocabile. Non impedisce un nuovo processo per la prosecuzione o la ripresa della condotta illecita in un’epoca successiva, poiché questa è considerata un fatto diverso.

Rompere più volte i sigilli posti su un bene sequestrato costituisce un unico reato o più reati?
Costituisce più reati. La Corte ha chiarito che ogni successiva infrazione, anche se relativa agli stessi sigilli, costituisce un nuovo e autonomo reato, per il quale è possibile essere processati separatamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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