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Reato ostativo: quando si sconta la pena?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva la detenzione domiciliare sostenendo di aver già scontato la pena per il reato ostativo. La Corte ha stabilito che, in caso di cumulo di pene, se la pena residua è superiore a quella inflitta per il reato non ostativo, la parte relativa al reato ostativo non può considerarsi interamente espiata. L’impugnazione è stata ritenuta generica e infondata.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato ostativo e benefici: come si calcola la pena scontata?

La concessione di benefici penitenziari, come la detenzione domiciliare, è un tema centrale nel diritto dell’esecuzione penale. La questione si complica notevolmente quando il condannato sta espiando una pena per un reato ostativo, ovvero un delitto di tale gravità da precludere, in via generale, l’accesso a misure alternative al carcere. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: come si stabilisce se la frazione di pena relativa al reato ostativo sia stata effettivamente scontata, specialmente in presenza di un cumulo di pene per reati diversi? Analizziamo la decisione per comprendere i criteri applicati dai giudici.

I Fatti di Causa

Un detenuto, condannato con sentenza definitiva per reati legati agli stupefacenti, tra cui un delitto associativo (art. 74 D.P.R. 309/90), qualificabile come reato ostativo, presentava un’istanza al Tribunale di sorveglianza per ottenere la detenzione domiciliare. La sua richiesta veniva però dichiarata inammissibile. Il giudice di sorveglianza motivava la decisione sulla base di due elementi principali: primo, il richiedente stava ancora espiando una pena per un reato ostativo; secondo, non aveva fornito le specifiche allegazioni e deduzioni richieste dalla nuova normativa (art. 4-bis Ord. Pen., come modificato dal D.L. 162/2022) per superare tale ostacolo.

Il Ricorso in Cassazione

Contro questa decisione, il condannato proponeva ricorso per cassazione. La sua difesa si basava su un unico motivo: l’errata applicazione dell’art. 4-bis Ord. Pen. Secondo il ricorrente, il Tribunale di sorveglianza non avrebbe correttamente considerato che la porzione di pena relativa al reato associativo (quello ostativo) era già stata interamente espiata. Di conseguenza, la parte di condanna ancora in esecuzione si sarebbe dovuta riferire unicamente al reato non ostativo, rendendo così ammissibile la sua richiesta di beneficio penitenziario.

L’analisi della Cassazione sul calcolo del reato ostativo

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Il ragionamento dei giudici supremi è stato lineare e basato su un calcolo quasi matematico. Dal provvedimento impugnato emergeva che la condanna totale derivava da una sentenza che puniva sia la violazione dell’art. 74 D.P.R. 309/90 (reato associativo e ostativo) sia quella dell’art. 73 (reato non ostativo), con una pena per quest’ultimo fissata in otto mesi e venti giorni di reclusione.

Considerato che la data di fine pena del ricorrente era fissata ad aprile 2025, la pena residua da scontare al momento della decisione era palesemente superiore agli otto mesi e venti giorni inflitti per il reato non ostativo. Questa semplice constatazione, secondo la Corte, smentiva la tesi del ricorrente. Se la pena ancora da espiare è maggiore di quella prevista per il reato meno grave (non ostativo), è logicamente impossibile che la pena per il reato ostativo sia già stata interamente scontata. In sostanza, il criterio di imputazione dello sconto di pena prevede che si inizi a espiare la pena per il reato più grave.

Le motivazioni

La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile non solo per l’infondatezza della tesi principale, ma anche per la sua genericità. Il ricorrente si era limitato ad affermare di aver scontato la pena per il reato associativo, senza fornire alcun elemento concreto a sostegno di tale affermazione. Inoltre, il ricorso non muoveva alcuna censura specifica contro l’altro punto della decisione del Tribunale di sorveglianza, ovvero la mancata allegazione degli elementi richiesti dal nuovo art. 4-bis, necessari per superare la presunzione di pericolosità connessa al reato ostativo. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende è stata la diretta conseguenza di questa duplice carenza.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale nell’esecuzione penale: chi richiede un beneficio, specialmente in presenza di un reato ostativo, deve presentare argomentazioni precise, dettagliate e supportate da elementi concreti. Non è sufficiente una generica affermazione, ma è necessario confrontarsi punto per punto con le motivazioni del provvedimento che si intende impugnare. In caso di cumulo di pene, il calcolo della pena residua diventa un elemento oggettivo e determinante per stabilire quale parte della condanna sia ancora in fase di espiazione, con importanti conseguenze sulla possibilità di accedere o meno a misure alternative alla detenzione.

Cosa si intende per reato ostativo e quale impatto ha sui benefici penitenziari?
Un reato ostativo è un delitto considerato di particolare gravità (come l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga) che, secondo l’articolo 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario, preclude al condannato l’accesso a misure alternative alla detenzione, come la detenzione domiciliare, a meno che non dimostri il possesso di specifici requisiti previsti dalla legge.

Come si stabilisce se la pena per un reato ostativo è stata scontata in caso di cumulo con altri reati?
La Corte ha chiarito che si deve guardare alla pena residua totale. Se questa è superiore alla pena inflitta per il reato non ostativo (commesso in continuazione), significa che la frazione di pena relativa al reato ostativo non è stata ancora interamente espiata. In pratica, si presume che si inizi a scontare la pena per il reato più grave.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due motivi principali: era manifestamente infondato, poiché un semplice calcolo dimostrava che la pena per il reato ostativo non era ancora stata scontata; inoltre, era generico, in quanto il ricorrente non ha fornito alcun elemento a sostegno della sua tesi e non ha contestato la parte della decisione che evidenziava la mancanza dei requisiti richiesti dalla nuova normativa per i reati ostativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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