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Reato ostativo: attenuanti non escludono ostatività

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato per rapina pluriaggravata, un reato ostativo. Nonostante la concessione di attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, i giudici hanno confermato che tale bilanciamento incide solo sulla pena e non sulla natura del reato, che rimane ostativo e preclude la sospensione dell’ordine di carcerazione.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Ostativo e Attenuanti: La Cassazione Conferma una Linea Rigida

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11942 del 2024, affronta una questione cruciale nell’ambito dell’esecuzione penale: il ruolo delle circostanze attenuanti di fronte a un reato ostativo. La domanda al centro del caso è se il riconoscimento di attenuanti prevalenti sulle aggravanti possa ‘declassificare’ un reato, consentendo al condannato di accedere a benefici altrimenti preclusi, come la sospensione dell’ordine di esecuzione. La risposta della Suprema Corte è stata netta e conferma un orientamento consolidato.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva condannato in via definitiva alla pena di due anni e otto mesi di reclusione per il delitto di rapina pluriaggravata. Al momento di eseguire la pena, il Pubblico Ministero emetteva l’ordine di carcerazione senza disporne la sospensione, come previsto per i reati considerati ‘ostativi’ dall’articolo 4-bis della legge sull’ordinamento penitenziario.

La difesa del condannato presentava un’istanza al giudice dell’esecuzione del Tribunale di Parma, chiedendo la liberazione immediata. La tesi difensiva si basava su un punto specifico della sentenza di condanna: i giudici di merito avevano riconosciuto le circostanze attenuanti generiche come prevalenti rispetto alle aggravanti contestate. Secondo il difensore, questo giudizio di bilanciamento avrebbe dovuto escludere il reato dal novero di quelli ostativi, rendendo illegittima la mancata sospensione dell’ordine di esecuzione.

La Decisione del Giudice dell’Esecuzione

Il Tribunale di Parma, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta. La motivazione si fondava sulla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la condanna per un reato ostativo impedisce la sospensione dell’ordine di esecuzione a prescindere dal bilanciamento delle circostanze. Il giudice ha chiarito che la concessione delle attenuanti prevalenti riguarda unicamente il trattamento sanzionatorio, ovvero la determinazione della pena finale, ma non incide sugli elementi circostanziali che qualificano la condotta e la rendono ‘ostativa’.

Il Ricorso in Cassazione e la natura del reato ostativo

Contro l’ordinanza del Tribunale, la difesa proponeva ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Sostanzialmente, veniva riproposta la tesi secondo cui, data la prevalenza delle attenuanti, il reato non poteva più essere considerato tra quelli elencati nell’art. 4-bis. La difesa sosteneva che il giudice dell’esecuzione non avesse adeguatamente considerato le argomentazioni relative al trattamento sanzionatorio, che a suo avviso imponeva la liberazione del condannato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. I giudici hanno pienamente condiviso il ragionamento del Tribunale di Parma, definendolo compiuto e giuridicamente corretto. Il punto centrale della decisione risiede nella distinzione tra la qualificazione giuridica del fatto e la commisurazione della pena.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti, previsto dall’art. 69 c.p., ha rilevanza solo quoad poenam, cioè ai soli fini della determinazione della pena da infliggere. Tale giudizio non cancella la sussistenza storica e giuridica delle circostanze aggravanti che qualificano il reato. Anche se le attenuanti prevalgono, le aggravanti che rendono il reato ‘ostativo’ continuano ad esistere e a caratterizzare la condotta.

In altre parole, il fatto che la pena sia stata diminuita grazie alle attenuanti non modifica la natura intrinseca del reato di rapina pluriaggravata, che rimane tale ai fini dell’applicazione delle norme sull’esecuzione della pena. Di conseguenza, la preclusione alla sospensione dell’ordine di esecuzione, prevista dall’art. 656, comma 9, lett. a), c.p.p., resta pienamente operativa.

Conclusioni

Questa sentenza conferma che la qualifica di reato ostativo dipende dalla presenza oggettiva degli elementi (come specifiche aggravanti) previsti dalla legge, e non dal risultato del bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti. Le implicazioni pratiche sono significative: per i condannati per tali reati, le porte dei benefici penitenziari, a partire dalla sospensione dell’ordine di carcerazione, rimangono chiuse, a meno che non sussistano le specifiche condizioni di collaborazione con la giustizia o altre deroghe previste dalla legge. La decisione ribadisce una linea di rigore, separando nettamente il momento della valutazione della colpevolezza e della pena da quello, successivo, dell’esecuzione della stessa.

La concessione di attenuanti prevalenti può trasformare un reato ostativo in un reato comune ai fini dell’esecuzione della pena?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudizio di comparazione tra circostanze attenuanti e aggravanti influisce solo sulla misura della pena (‘quoad poenam’) e non sulla natura del reato, che rimane ‘ostativo’ se presenta gli elementi previsti dalla legge.

Perché la sospensione dell’ordine di esecuzione è stata negata in questo caso?
La sospensione è stata negata perché il reato per cui è intervenuta la condanna (rapina pluriaggravata) è incluso nell’elenco dei reati ostativi secondo l’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario. Tale classificazione impedisce per legge la concessione automatica del beneficio della sospensione.

Qual è il principio giuridico confermato da questa sentenza?
Il principio confermato è che la condanna per un delitto aggravato, qualificabile come ostativo, impedisce la sospensione dell’ordine di esecuzione anche quando in sede di condanna le circostanze attenuanti siano state giudicate equivalenti o prevalenti sulle aggravanti contestate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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