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Reato ostativo: appello inammissibile, ecco perché

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un condannato avverso il diniego di sospensione dell’esecuzione della pena. La Corte ha chiarito che la presenza di un reato ostativo impedisce la concessione del beneficio, anche quando le circostanze attenuanti sono state giudicate equivalenti all’aggravante. Tale valutazione, infatti, incide solo sulla misura della pena e non sulla natura del reato.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato ostativo: quando il bilanciamento delle circostanze non basta

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena. La presenza di un reato ostativo nel fascicolo di un condannato rappresenta un muro invalicabile per l’accesso a determinati benefici, anche quando il giudice della cognizione abbia ritenuto le attenuanti equivalenti alle aggravanti. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere i limiti dell’esecuzione penale e le ragioni di inammissibilità dei ricorsi.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo contro l’ordinanza del Tribunale di Bari, che aveva respinto la sua richiesta di sospensione dell’esecuzione di una pena detentiva. La condanna era divenuta definitiva per un reato aggravato, considerato dalla legge come ostativo alla concessione di benefici penitenziari. Il ricorrente, tra i vari motivi, sosteneva un’erronea applicazione della legge penale, in particolare perché nel processo di merito le circostanze attenuanti erano state giudicate equivalenti alla circostanza aggravante che qualificava il delitto come reato ostativo.

La Decisione della Corte sul reato ostativo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. I giudici supremi hanno ritenuto i motivi proposti non solo una mera riproposizione di argomentazioni già esaminate e respinte in sede di esecuzione, ma anche manifestamente infondati e contrari alla consolidata giurisprudenza della Corte.

Le Motivazioni: Perché il Bilanciamento delle Circostanze non incide sul reato ostativo

Il fulcro della decisione risiede nella netta distinzione tra il giudizio sulla colpevolezza e sulla pena (fase di cognizione) e la fase di esecuzione della stessa. La Corte ha chiarito che il cosiddetto ‘giudizio di comparazione’ tra circostanze attenuanti e aggravanti, ai sensi dell’art. 69 c.p., ha una rilevanza esclusivamente quoad poenam, ovvero incide unicamente sulla determinazione della sanzione finale da infliggere. Tale bilanciamento non modifica la natura giuridica del reato commesso. Se un reato è qualificato dalla legge come reato ostativo a causa di una specifica aggravante, esso rimane tale ai fini dell’esecuzione della pena, indipendentemente dal fatto che le attenuanti siano state considerate prevalenti o equivalenti. La condanna per un delitto aggravato che rientra nel catalogo dei reati ostativi (art. 4-bis Ord. pen.) impedisce la concessione di benefici come la sospensione dell’ordine di esecuzione. Inoltre, la Corte ha respinto la tesi secondo cui il periodo trascorso in regime di divieto di dimora potesse essere detratto dalla pena detentiva, sottolineando la diversa consistenza ontologica tra una misura non detentiva e la pena carceraria.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Le implicazioni pratiche sono significative:
1. Irrilevanza del bilanciamento: Per i reati ostativi, la speranza di accedere a benefici penitenziari non può fondarsi sull’esito del bilanciamento delle circostanze avvenuto in fase di condanna.
2. Specificità dei motivi di ricorso: I ricorsi in sede di esecuzione, e a maggior ragione in Cassazione, devono contenere critiche specifiche e innovative rispetto a quanto già deciso, e non limitarsi a riproporre le medesime doglianze.
3. Natura della pena: Misure non detentive, come il divieto di dimora, non sono fungibili con la pena detentiva e non possono essere scomputate da essa. La decisione serve da monito sulla necessità di formulare istanze e ricorsi basati su presupposti giuridici solidi e pertinenti alla specifica fase processuale.

Se le circostanze attenuanti sono equivalenti a quelle aggravanti, un condannato per reato ostativo può ottenere la sospensione della pena?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudizio di bilanciamento tra le circostanze incide solo sulla quantificazione della pena (effetto ‘quoad poenam’) ma non modifica la natura del reato, che rimane ostativo ai fini della concessione dei benefici penitenziari.

Una misura come il divieto di dimora può essere detratta dalla pena detentiva da scontare?
No. La Corte ha ribadito che esiste una diversa consistenza ontologica tra la pena detentiva e le misure non detentive come il divieto di dimora. Pertanto, quest’ultima non può essere scomputata dalla pena carceraria.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi erano riproduttivi di argomentazioni già valutate e respinte dal giudice dell’esecuzione, senza contenere specifiche critiche all’ordinanza impugnata. Inoltre, i motivi erano manifestamente infondati e contrari alla giurisprudenza costante della Corte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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