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Reato in carcere: no attenuanti né sconti di pena

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto condannato per delitti commessi durante la reclusione. La sentenza stabilisce che un reato in carcere è indice di grave insofferenza alle regole, escludendo così l’applicazione della non punibilità per tenuità del fatto, la concessione di attenuanti generiche e la conversione della pena detentiva in sanzioni alternative.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato in Carcere: la Cassazione Conferma la Linea Dura

Commettere un reato in carcere non è una circostanza neutra, ma un’aggravante sostanziale che preclude l’accesso a benefici e sconti di pena. Con la sentenza n. 1505 del 2024, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un detenuto che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la concessione di attenuanti. L’analisi di questa decisione offre importanti spunti sulla valutazione della condotta del reo all’interno dell’istituto penitenziario.

I Fatti del Caso

Un detenuto veniva condannato in primo grado e in appello per delitti commessi mentre si trovava già ristretto in un istituto penitenziario. Nello specifico, l’imputato aveva aggredito degli agenti, causando loro lesioni lievi con una prognosi di tre giorni. Tramite il suo difensore, presentava ricorso in Cassazione, basandolo su tre distinti motivi volti a mitigare la sua posizione processuale.

I Motivi del Ricorso e le Richieste di Sconti di Pena

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre punti principali:

1. Violazione dell’art. 131-bis c.p. (Particolare tenuità del fatto): Si sosteneva che, data la lievità delle lesioni (soli tre giorni di prognosi), il fatto dovesse essere considerato non punibile. La difesa riteneva “neutra” la circostanza che il reato fosse avvenuto in carcere.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.): L’imputato lamentava che la Corte d’Appello avesse negato le attenuanti basandosi unicamente sui suoi precedenti penali, senza valutare altri elementi positivi da lui addotti.
3. Diniego di conversione della pena: In via principale, era stata chiesta la conversione della pena detentiva in pena pecuniaria; in subordine, la sostituzione con la libertà controllata. Entrambe le richieste erano state respinte.

La Decisione della Corte di Cassazione: Perché il Reato in Carcere Aggrava la Posizione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza e genericità. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni difensive, delineando un quadro di estremo rigore per chi delinque durante la detenzione.

Le Motivazioni

La Corte ha fornito una motivazione chiara e netta per ciascun motivo di ricorso. In primo luogo, ha stabilito che il reato in carcere non è affatto una circostanza “neutra”. Al contrario, commettere un’azione delittuosa mentre si è ristretti “esprime una grave insofferenza rispetto alle regole carcerarie e pone a rischio l’ordinario svolgimento della vita nel penitenziario”. Questa condotta preclude di per sé l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che richiede una valutazione complessiva della gravità del fatto, non limitata al solo danno fisico.

Sul secondo punto, relativo alle attenuanti generiche, la Cassazione ha ricordato che la valutazione del giudice di merito è discrezionale. Negare le attenuanti sulla base dei precedenti penali è una scelta logica e non sindacabile, a maggior ragione quando l’imputato, nel tentativo di ottenere un beneficio, aveva persino dichiarato una situazione di incensuratezza non corrispondente al vero.

Infine, riguardo alla conversione della pena, la Corte ha ritenuto la decisione di diniego pienamente giustificata. La personalità complessiva dell’imputato, desumibile dal suo comportamento e dalla commissione di reati in spregio all’autorità durante la detenzione, dimostra una chiara “insofferenza” alle restrizioni e agli obblighi, rendendolo inadatto a sanzioni sostitutive che richiedono un minimo di affidabilità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale: la condotta tenuta durante l’esecuzione della pena ha un peso determinante nella valutazione della pericolosità e dell’affidabilità del reo. Commettere un reato in carcere non solo costituisce una nuova violazione della legge, ma rappresenta anche un attacco diretto all’ordine istituzionale, manifestando un’indole non incline al rispetto delle regole. Di conseguenza, le possibilità di accedere a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto, le attenuanti generiche o le pene alternative vengono drasticamente ridotte, se non azzerate.

Commettere un reato in carcere può essere considerato un fatto di ‘particolare tenuità’?
No, la sentenza chiarisce che commettere un reato mentre si è detenuti esprime una grave insofferenza alle regole carcerarie e mette a rischio l’ordine del penitenziario, elementi che precludono l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Avere precedenti penali impedisce sempre la concessione delle attenuanti generiche?
Non automaticamente, ma la decisione del giudice di negarle basandosi sui precedenti è considerata logica e legittima. Nel caso specifico, il diniego è stato rafforzato dal fatto che l’imputato aveva falsamente dichiarato di essere incensurato.

È possibile ottenere la conversione della pena detentiva per un reato commesso in carcere?
La sentenza lo rende molto improbabile. Il rigetto della richiesta è stato ritenuto corretto perché la personalità dell’imputato, dimostrata dal suo comportamento irrispettoso delle regole durante la detenzione, lo rende inadatto a beneficiare di pene alternative come quella pecuniaria o la libertà controllata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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