Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 25967 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 25967 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 29/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CATANIA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/02/2024 del TRIB. LIBERTA’ di CATANIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Catania ha rigettato l’appello ex art. 310 cod. proc. pen., che era stato presentato nell’interesse di NOME COGNOME, avverso l’ordinanza del 29/09/2023 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, che aveva disatteso l’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare in carcere, attualmente in vigore nei confronti del predetto, in ordine ai delitti ex artt. 56-575 cod. pen. e 4 e 7 legge 02 ottob 1967, n. 895.
Sotto il profilo storico e oggettivo, è sufficiente rappresentare come il provvedimento restrittivo della libertà personale sia stato emesso – a carico del COGNOME – per aver questi esploso dei colpi di pistola all’indirizzo di NOME COGNOME. Più in particolare, si era verificato un litigio, nel corso del quale COGNOME aveva dapprima colpito con due pugni al viso NOME COGNOME e poi – benché vanamente trattenuto da NOME COGNOME e da altre persone presenti – aveva puntato l’arma contro lo stesso NOME COGNOME ed aveva sparato ad altezza uomo. L’altro era riuscito a fuggire, rifugiandosi all’interno dell’autonoleggio che e divenuto teatro dei fatti; entrato all’interno dell’esercizio commerciale, il RAGIONE_SOCIALE aveva quindi esploso altri cinque colpi di arma da fuoco, ancora ad altezza uomo e contro la porta-finestra del retrobottega, ossia proprio laddove aveva trovato rifugio NOME COGNOME.
2. Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo degli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, deducendo omessa motivazione, violazione di legge, illogicità, travisamento, nonché erronea interpretazione e applicazione della legge. Sulla base della consulenza balistica espletata dall’esperto NOME COGNOME – secondo la difesa – deve concludersi che sia restata integrata la figura giuridica del reato impossibile, atteso che è stato aperto il fuoco verso un bersaglio al momento assente, per essersi tutti i potenziali bersagli umani già spostati altrove, cos sottraendosi al pericolo incombente. Già l’istanza di revoca della misura cautelare – e poi l’appello ex art. 310 cod. proc. pen. – si erano basati sugli esiti di consulenza tecnica difensiva, che aveva consentito di acclarare come, sulla linea di tiro prescelta dal COGNOME, non vi fossero al momento possibili bersagli umani. Tale fonte di nuovo apprezzamento, però, è stata del tutto travisato dal Tribunale di Catania.
Nell’ordinanza impugnata, inoltre, non si considera che l’unica causale che mosse il COGNOME fu il sequestro e la minaccia, in danno del proprio genero, perpetrata dal COGNOME; si è quindi trattato di una vera e propria provocazione, che determinò uno stato d’ira. Non viene ben valutato, in sostanza, il contesto nel
quale sono maturati i fatti. I precedenti di COGNOME, inoltre, nulla hanno a che fare con il fatto specifico. Illogico è poi il richiamo a contesti di crimin organizzata, invece esclusi dalle indagini, che hanno consentito di accertare come la presente vicenda abbia un mero carattere privato.
In punto di adeguatezza della misura prescelta, era stata invocata dinanzi al Tribunale del riesame non la rimessione in libertà del soggetto, bensì la concessione della misura cautelare domestica, peraltro già applicata ai sequestratori del genero dell’indagato, ossia a soggetti che non avevano esitato a sparare verso obiettivi umani; sul punto, non si è nemmeno considerata la praticabilità dell’ipotesi di concessione degli arresti domiciliari con applicazione d braccialetto elettronico.
Nemmeno ha avuto peso, infine, il fatto che – tra il fatto e la cattura – si intercorso un non indifferente lasso di tempo, durante il quale COGNOME non si è reso protagonista di alcun fatto delittuoso. Trattasi, infine, di un soggetto che h prontamente reso confessione.
Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso. La motivazione circa la gravità indiziaria, la parte relativa alle esigenze cautelari e, infin valutazione in punto di scelta della misura da applicare sono del tutto complete, anzitutto in quanto incentrate su una accurata ricostruzione del fatto. Sono state anche prese in considerazione – e giudicate irrilevanti – le risultanze dell consulenza balistica prodotta dalla difesa.
Quanto al tema delle esigenze cautelari, in particolare, il provvedimento è adeguatamente motivato, facendo esso riferimento alle modalità particolarmente cruente e gravi dei fatti, all’allarmante spregiudicatezza dell’indagato, nonché alla pericolosità delle armi utilizzate. La motivazione circa l’attualità delle esigen cautelari è congrua, tanto in relazione al profilo della scelta della misura, quant al tema della ritenuta inadeguatezza di ogni altra misura meno afflittiva.
La difesa ha presentato memoria di replica avverso la requisitoria, a mezzo della quale ha insistito per l’accoglimento dei motivi sussunti nel ricorso principale. La requisitoria – in ipotesi difensiva – non contiene riferimenti a causale del fatto, ossia al sequestro posto in essere dai COGNOME.
Vi è il richiamo all’uso di armi, nonostante l’indagato sia privo di precedenti specifici, ma non si valuta la natura irripetibile della causale del fatto. Si dimenti inoltre, come il COGNOME sia restato libero, dopo il fatto, senza rendersi protagonista di ulteriori condotte criminose e si tralascia il dato della confessione Errata è, infine, la valutazione in punto di scelta della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Posta la sopra richiamata base descrittiva e argomentativa del provvedimento impugNOME, la disamina delle censure articolate deve essere compiuta seguendo il solco interpretativo tracciato da diversi principi di diritto così brevemente riassumibili:
in tema di misure cautelari personali, il giudizio di legittimità relativo a verifica della sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza (ex art. 273 cod. proc. pen.), oltre che delle esigenze cautelari (ex art. 274 cod. proc. pen.), deve riscontrare – entro il perimetro circoscritto dalla devoluzione – la violazione specifiche norme di legge o la mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugNOME. Essa, dunque, non può intervenire nella ricostruzione dei fatti, né sostituire l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza dei dati probatori, bensì dirigersi a controllare se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno convinto della sussistenza o meno della gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e a verificare la congruenza della motivazione riguardante lo scrutinio degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi diritto che devono governare l’apprezzamento delle risultanze analizzate (si vedano, sull’argomento, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828 – 01 Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 – 01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460 – 01). Quanto ai limiti del sindacato consentito in sede di legittimità, quindi, è possibile richiamare il dictum di Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628, secondo cui: «In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Occorre rifarsi, inoltre, alla regola di giudizio secondo la quale: «In tema di procedimento di riesame di misure cautelari personali, sussiste l’obbligo del tribunale di esaminare compiutamente ogni censura difensiva sollevata all’udienza ex art. 309 cod. proc. pen., con la conseguenza che è da ritenersi affetta da vizio di motivazione l’ordinanza che, a fronte di un’eccezione ritualmente proposta, non contenga una compiuta disamina della stessa» (Sez. 4, n. 21374 del 11/06/2020, Davis, Rv. 279297 – 01).
Tanto premesso, al solo fine di inquadrare il perimetro valutativo riservato al giudizio di legittimità, può passarsi all’analisi specifica delle specifiche doglianz
Come già esposto in parte narrativa, viene anzitutto dedotto vizio di motivazione, quanto ai gravi indizi di colpevolezza. In particolare, viene contestata la errata considerazione degli esiti della consulenza balistica espletata su incarico della difesa, atta a fornire la dimostrazione – in ipotesi difensiva – del verificazione di un reato impossibile, per esser stato aperto il fuoco verso un bersaglio al momento inesistente: tutte le potenziali vittime, infatti, erano già salvo, perché tempestivamente uscite dalla linea di tiro.
3.1. Va allora evidenziato come tale censura si sviluppi direttamente sul piano del fatto, essendo essa volta a sovrapporre una nuova interpretazione delle risultanze probatorie, diversa da quella recepita nell’impugNOME provvedimento, più che a rilevare un vizio rientrante nella rosa di quelli delineati dall’art. 606 c proc. pen. Tale operazione, con tutta evidenza, fuoriesce dal perimetro del sindacato rimesso al giudice di legittimità. Secondo la linea interpretativa da tempo tracciata da questa Corte regolatrice, infatti, l’epilogo decisorio non può essere invalidato sulla base di prospettazioni alternative, che sostanzialmente si risolvano in una “mirata rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, ovvero nell’autonoma assunzione di nuovi e differenti canoni ricostruttivi e valutativi dei fatti, da preferirsi a quelli adottati dal giud merito, perché illustrati come maggiormente plausibili, o perché assertivamente dotati di una migliore capacità esplicativa, nel contesto in cui la condotta delittuosa si è in concreto realizzata (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, COGNOME, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, COGNOME, Rv. 235507).
3.2. D’altronde, nessun vizio logico argomentativo è ravvisabile nella motivazione adottata dai giudici della cautela; questi hanno desunto la sussistenza del dolo omicidiario, nel comportamento tenuto dal ricorrente nei confronti della vittima, attraverso una ponderazione del tutto corretta, in ordine alle concrete modalità esecutive che hanno connotato la condotta incriminata. La sussistenza del dolo omicidiario, secondo i parametri di certezza postulati dalla materia cautelare, è stata correttamente ricavata – in via deduttiva – dal ferreo collegamento logico fra i seguenti elementi oggettivi:
la sicura potenzialità lesiva dello strumento adoperato (una pistola, sulla cui astratta attitudine offensiva non possono, davvero, residuare perplessità);
l’esser stati indirizzati numerosi colpi ad altezza uomo, dunque all’indirizzo di zone vitali del corpo di colui che costituiva il bersaglio dell’azione omicidiaria;
– la pervicacia dimostrata nel ripetere l’azione aggressiva, anche dopo che il NOME era riuscito a trovare fortunosamente riparo nel retrobottega, sempre indirizzando colpi potenzialmente mortali.
3.3. Il provvedimento impugNOME ha anche affrontato – per escluderne radicalmente ogni rilevanza, in senso favorevole alla tesi difensiva – il tema della eventuale configurabilità della nota figura giuridica del reato impossibile. In ossequio ad una ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, il Tribunale del riesame ha adottato, dunque, un criterio di giudizio di tipo ipotetico-valutativo ex ante, pervenendo alla conclusione della piena idoneità dell’azione posta in essere dall’imputato, rispetto alla possibilità di cagionare l’exitus.
Per costante indirizzo di legittimità, l’inesistenza dell’oggetto dà luogo a reato impossibile esclusivamente allorquando essa sia originaria ed assoluta, ovvero nel caso in cui l’oggetto stesso sia inesistente in rerum natura; non altrettanto può dirsi, invece, laddove tale oggetto (nel caso di specie, la persona che rappresentava il bersaglio dell’esplosione dei colpi di pistola) sia mancante solo in via temporanea o per cause accidentali (Sez. 1, n. 12407 del 30/09/2019, dep. 2020, Tagliamento, Rv. 278902 – 01; Sez. 3, n. 26505 del 20/05/2015, COGNOME, Rv. 264396 – 01; Sez. 1, n. 22722 del 6/3/2007, Grande Aracri, Rv. 236764).
Si rivelano di tenore meramente reiterativo e generico, inoltre, le critiche volte a confutare la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Tali censure non si confrontano con la natura coerente ed esaustiva, nonché priva di vuoti logici, della motivazione adottata dal Tribunale del riesame, legata essenzialmente al profilo rappresentato dal pericolo di commissione di condotte illecite di omogenea tipologia.
4.1. Quanto all’aspetto inerente al pericolo di reiterazione di condotte di analogo tenore, il Tribunale del riesame – conformemente alle conclusioni raggiunte dal Giudice per le indagini preliminari, nell’ordinanza genetica – ha fondato il proprio convincimento, essenzialmente, sulle stesse modalità esecutive – estremamente allarmanti – che hanno connotato gli accadimenti in esame. Nel provvedimento impugNOME, infatti, viene sottolineato trattarsi di un fatto d estrema gravità ed evocativo di una allarmante spregiudicatezza, oltre che sintomo di forte inclinazione alla violenza e all’aggressività, come emerge dalle stesse modalità esecutive, correttamente ritenute significative di dimestichezza con l’uso delle armi, di non occasionalità e di sicuri legami con pericolosi ambienti malavitosi.
Ha infine inciso negativamente, nella valutazione effettuata dal Tribunale del riesame, anche la personalità oltremodo negativa del soggetto, che annovera
/0
numerosi e gravissimi precedenti, oltre che plurimi carichi pendenti, giustamente valutati come manifestazione di una profonda proclività verso il crimine.
4.2. A fronte quindi di una motivazione che – anche quanto al versante cautelare – si appalesa coerente, esaustiva e priva di spunti di contraddittorietà, l’atto di impugnazione non oltrepassa la soglia della semplice critica confutativa, spendendo anche l’argomento del periodo di tempo (peraltro, non certo esteso) trascorso tra il fatto e l’esecuzione della misura. Il tutto si risolve, perta nell’assenza di un reale confronto con le ragioni poste a fondamento dell’ordinanza impugnata, verso la quale la difesa non riesce a muovere apprezzabili censure.
4.3.2. Nel caso di specie, la lamentata carenza motivazionale non ricorre, dovendosi al contrario considerare pienamente presente una ampia ed esaustiva motivazione di carattere implicito, con riferimento al dedotto tema della possibilità di sostituire la misura carceraria con la meno afflittiva misura domiciliare, secondo le modalità attuative invocate. Pare evidente, sotto il profilo logico, come la decisione di rigetto in toto dell’istanza di applicazione di misura meno gradata elida, in radice, ogni ulteriore necessità di specificazione, circa le modalit connesse allo svolgimento della misura. Il motivo, in definitiva, deve essere disatteso.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma, che si stima equo fissare in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende (non ricorrendo elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000). Non comportando – la presente decisione – la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma iter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 29 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presidente