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Reato impossibile: documento falso e condanna penale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per possesso di documenti falsi. La difesa sosteneva la tesi del reato impossibile, affermando che il documento fosse palesemente contraffatto. La Corte ha stabilito che, poiché il documento era riuscito a ingannare un commerciante, la sua capacità ingannatoria era provata, escludendo così l’ipotesi di reato impossibile, che si configura solo in caso di falsificazione grossolana e immediatamente riconoscibile da chiunque.

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Pubblicato il 10 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Impossibile e Falso Documento: Quando l’Inganno è Efficace?

Un documento d’identità falso, ma abbastanza ben fatto da ingannare un commerciante, può essere considerato un reato impossibile? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, chiarendo i confini tra una falsificazione grossolana e una condotta penalmente rilevante. L’analisi di questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere come la legge valuti l’idoneità dell’azione a ledere il bene giuridico protetto, in questo caso la fede pubblica.

I Fatti del Caso: L’Uso di un Documento Contraffatto

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per i reati di possesso di documenti di identificazione falsi e furto aggravato. La Corte d’Appello di Torino aveva confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Vercelli. L’imputato aveva utilizzato un documento d’identità autentico ma contraffatto con i propri dati per vendere dei preziosi, riuscendo a ingannare l’addetta dell’esercizio commerciale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre distinti punti, sperando di ottenere l’annullamento della condanna.

Primo Motivo: La Tesi del Reato Impossibile

Il fulcro della difesa era la presunta violazione dell’articolo 49, comma 2, del codice penale, che disciplina il cosiddetto reato impossibile. Secondo il ricorrente, il documento falso era talmente imperfetto (in particolare per la mancanza del timbro a secco) da non poter ingannare nessuno. Di conseguenza, l’azione era inidonea a ledere la fede pubblica e il reato non avrebbe dovuto sussistere.

Secondo e Terzo Motivo: Quantificazione della Pena e Misure Alternative

Gli altri due motivi di ricorso riguardavano aspetti più tecnici della pena inflitta. Il secondo motivo contestava la quantificazione della pena pecuniaria, ritenuta eccessiva. Il terzo, invece, lamentava il mancato accoglimento dell’istanza di sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare, misura alternativa al carcere.

Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Reato Impossibile Non Sussiste

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. Per quanto riguarda il primo e più significativo motivo, i giudici hanno sottolineato che il concetto di reato impossibile si applica solo quando la falsificazione è talmente grossolana ed evidente da essere riconoscibile ictu oculi, ovvero a colpo d’occhio, da chiunque. Nel caso di specie, il documento, pur mancando di un dettaglio come il timbro a secco, era un documento autentico contraffatto e si era dimostrato sufficientemente insidioso da ingannare l’operatrice commerciale. Il fatto stesso che l’inganno fosse riuscito dimostrava l’idoneità dell’azione a ledere la fede pubblica. La Corte ha quindi ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui la valutazione non va fatta in astratto, ma in concreto, considerando le circostanze e la potenziale vittima dell’inganno.

Anche gli altri due motivi sono stati respinti. La Corte ha ricordato che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale aveva fornito una motivazione adeguata. Similmente, il rigetto della richiesta di detenzione domiciliare era stato basato su un giudizio prognostico sfavorevole, logicamente argomentato dalla Corte d’Appello e, come tale, non sindacabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale in materia di reati di falso: non è necessario che la falsificazione sia perfetta per essere punibile. È sufficiente che possieda una concreta capacità ingannatoria. La valutazione sull’idoneità dell’azione non può basarsi su un’analisi astratta da parte di un esperto, ma deve tenere conto del contesto e della persona media che si trova a interagire con il documento. La decisione finale della Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda, chiude il caso e riafferma la tutela della fede pubblica anche di fronte a falsificazioni non impeccabili ma comunque efficaci.

Quando un documento falso integra un ‘reato impossibile’?
Secondo la Corte, un reato di falso è considerato ‘impossibile’ solo quando la contraffazione è così palese e grossolana da essere riconoscibile a colpo d’occhio (ictu oculi) da chiunque, rendendo l’azione del tutto inidonea a ingannare.

Il giudice ha piena libertà nel decidere l’ammontare della pena?
No, il giudice non ha libertà assoluta. Sebbene goda di ampia discrezionalità nel quantificare la pena, deve esercitarla rispettando i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale e deve fornire una motivazione congrua per le sue decisioni.

Perché la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano validi per un giudizio di legittimità. In particolare, la tesi del reato impossibile si basava su una valutazione dei fatti, non consentita in Cassazione, mentre le censure sulla pena e sulle misure alternative contestavano la discrezionalità motivata del giudice di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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