Reato Impossibile e Falso Documento: Quando l’Inganno è Efficace?
Un documento d’identità falso, ma abbastanza ben fatto da ingannare un commerciante, può essere considerato un reato impossibile? A questa domanda ha risposto la Corte di Cassazione con una recente ordinanza, chiarendo i confini tra una falsificazione grossolana e una condotta penalmente rilevante. L’analisi di questa decisione offre spunti fondamentali per comprendere come la legge valuti l’idoneità dell’azione a ledere il bene giuridico protetto, in questo caso la fede pubblica.
I Fatti del Caso: L’Uso di un Documento Contraffatto
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per i reati di possesso di documenti di identificazione falsi e furto aggravato. La Corte d’Appello di Torino aveva confermato la sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Vercelli. L’imputato aveva utilizzato un documento d’identità autentico ma contraffatto con i propri dati per vendere dei preziosi, riuscendo a ingannare l’addetta dell’esercizio commerciale. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su tre motivi principali.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
La difesa dell’imputato ha articolato il ricorso su tre distinti punti, sperando di ottenere l’annullamento della condanna.
Primo Motivo: La Tesi del Reato Impossibile
Il fulcro della difesa era la presunta violazione dell’articolo 49, comma 2, del codice penale, che disciplina il cosiddetto reato impossibile. Secondo il ricorrente, il documento falso era talmente imperfetto (in particolare per la mancanza del timbro a secco) da non poter ingannare nessuno. Di conseguenza, l’azione era inidonea a ledere la fede pubblica e il reato non avrebbe dovuto sussistere.
Secondo e Terzo Motivo: Quantificazione della Pena e Misure Alternative
Gli altri due motivi di ricorso riguardavano aspetti più tecnici della pena inflitta. Il secondo motivo contestava la quantificazione della pena pecuniaria, ritenuta eccessiva. Il terzo, invece, lamentava il mancato accoglimento dell’istanza di sostituzione della pena detentiva con la detenzione domiciliare, misura alternativa al carcere.
Le Motivazioni della Cassazione: Perché il Reato Impossibile Non Sussiste
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni della difesa. Per quanto riguarda il primo e più significativo motivo, i giudici hanno sottolineato che il concetto di reato impossibile si applica solo quando la falsificazione è talmente grossolana ed evidente da essere riconoscibile ictu oculi, ovvero a colpo d’occhio, da chiunque. Nel caso di specie, il documento, pur mancando di un dettaglio come il timbro a secco, era un documento autentico contraffatto e si era dimostrato sufficientemente insidioso da ingannare l’operatrice commerciale. Il fatto stesso che l’inganno fosse riuscito dimostrava l’idoneità dell’azione a ledere la fede pubblica. La Corte ha quindi ribadito il suo orientamento consolidato, secondo cui la valutazione non va fatta in astratto, ma in concreto, considerando le circostanze e la potenziale vittima dell’inganno.
Anche gli altri due motivi sono stati respinti. La Corte ha ricordato che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale aveva fornito una motivazione adeguata. Similmente, il rigetto della richiesta di detenzione domiciliare era stato basato su un giudizio prognostico sfavorevole, logicamente argomentato dalla Corte d’Appello e, come tale, non sindacabile in sede di legittimità.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale in materia di reati di falso: non è necessario che la falsificazione sia perfetta per essere punibile. È sufficiente che possieda una concreta capacità ingannatoria. La valutazione sull’idoneità dell’azione non può basarsi su un’analisi astratta da parte di un esperto, ma deve tenere conto del contesto e della persona media che si trova a interagire con il documento. La decisione finale della Cassazione, dichiarando il ricorso inammissibile e condannando il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda, chiude il caso e riafferma la tutela della fede pubblica anche di fronte a falsificazioni non impeccabili ma comunque efficaci.
Quando un documento falso integra un ‘reato impossibile’?
Secondo la Corte, un reato di falso è considerato ‘impossibile’ solo quando la contraffazione è così palese e grossolana da essere riconoscibile a colpo d’occhio (ictu oculi) da chiunque, rendendo l’azione del tutto inidonea a ingannare.
Il giudice ha piena libertà nel decidere l’ammontare della pena?
No, il giudice non ha libertà assoluta. Sebbene goda di ampia discrezionalità nel quantificare la pena, deve esercitarla rispettando i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale e deve fornire una motivazione congrua per le sue decisioni.
Perché la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’imputato?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano validi per un giudizio di legittimità. In particolare, la tesi del reato impossibile si basava su una valutazione dei fatti, non consentita in Cassazione, mentre le censure sulla pena e sulle misure alternative contestavano la discrezionalità motivata del giudice di merito.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31369 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31369 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
NOME.ILO
Rilevato che l’imputato NOME –NOME avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Vercelli di condanna per i delitti cui agli artt. 497 bis e 624 bis cod. pen.;
Rilevato che il primo motivo del ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione di l e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della disposizione di cui all’art comma 2 cod. pen. al reato di possesso di documenti di identificazior e falsi – non è consentit dalla legge in sede di legittimità perché costituito da mere doglianze in punto di fatto e no confronta con l’articolata argomentazione della Corte distrettuale, che ha valorizza l’insidiosità, per la fede pubblica, della condotta, riguardante un documento autenti contraffatto con i dati dell’imputato e mancante solo del timbro a secco, documento con cui peraltro il prevenuto era riuscito ad ingannare anche l’addetta all’esercizio commerciale dov aveva venduto i preziosi. Tale giustificazione è in linea con la giurisprudenza di questa Cor secondo cui si verte in tema di reato impossibile solo quando la falsificazione dell’atto appaia maniera talmente evidente da essere, ictu ocu/i, riconoscibile da chiunque (Sez. 5, n. 27310 del 11/02/2019, COGNOME, Rv. 276639; Sez. 6, n. 18015 del 24/02/2015, COGNOME, Rv. 263279; Sez. 5, n. 3711 del 02/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252946).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso – con cui il ricorrente denunzia violazione legge e vizio di motivazione in relazione alla quantificazione della pena pecuniaria – non consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione ag aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; rilevato che, nella specie, l’ argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 5 della sentenza impugnata
Rilevato che il terzo motivo di ricorso – con cui il ricorrente lamenta violazione di leg vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento dell’istanza di sostituzione della pen detentiva con la detenzione domiciliare sostitutiva – non è deducibile in sede di legitti perché, in disparte la mancata presentazione di motivi aggiunti sul punto, la sentenz impugnata (si veda, in particolare, pag. 6) ha posto a base del rigetto della richie argomentazioni diffuse, logiche e ineccepibili, esprimendo un giudizio di prognosi sfavorevol sul rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 56 ter della L. 689/1981;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore d’ella Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 10 aprile 2024.