Reato di Immigrazione Clandestina: Quando il Ricorso è Inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre importanti spunti di riflessione sul reato di immigrazione clandestina e, più in generale, sui requisiti di ammissibilità di un ricorso. Il caso riguarda un cittadino straniero condannato per la sua permanenza irregolare sul territorio italiano, il quale ha visto il suo ricorso respinto per la genericità dei motivi e l’irrilevanza delle prove addotte, poiché successive alla decisione impugnata. Questa pronuncia ribadisce principi fondamentali della procedura penale, evidenziando come la strategia difensiva debba essere tempestiva e ben articolata sin dal primo grado di giudizio.
I Fatti del Caso
Un cittadino straniero veniva condannato dal Giudice di Pace di Faenza per il reato previsto dall’art. 10-bis del Testo Unico sull’Immigrazione, ovvero la permanenza illegale nel territorio dello Stato. La condanna consisteva in una pena di 5.000,00 euro di ammenda. In applicazione dell’art. 16 dello stesso decreto, la pena pecuniaria veniva sostituita con la misura dell’espulsione dal territorio nazionale per una durata di tre anni. Contro questa decisione, l’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per cassazione.
I Motivi del Ricorso
La difesa basava il ricorso su due motivi principali. Con il primo, lamentava una violazione di legge e un vizio di motivazione, sostenendo che il giudice di merito non avesse considerato alcune deduzioni difensive fondate su atti allegati al ricorso stesso. Tali atti, relativi a una precedente espulsione amministrativa e alle sue condizioni di soggiorno, includevano una richiesta presentata alla Questura di Ravenna in data 15 febbraio 2022, ovvero una settimana dopo la pronuncia della sentenza impugnata (datata 8 febbraio 2022).
Con il secondo motivo, la difesa contestava in modo generico l’adeguatezza della valutazione del giudice di merito riguardo alla ‘severità’ della decisione di espulsione, riproponendo di fatto le stesse argomentazioni del primo motivo.
L’Analisi della Cassazione sul Reato di Immigrazione Clandestina
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, smontando punto per punto le argomentazioni difensive. L’analisi della Corte si è concentrata sulla tempistica e sulla natura delle prove prodotte e sulla specificità dei motivi di ricorso, elementi cruciali per la validità di qualsiasi impugnazione. Questo approccio riafferma che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito dove riesaminare i fatti, soprattutto se basato su elementi nuovi o irrilevanti. La decisione mette in luce come, nel contesto del reato di immigrazione clandestina, la condizione di irregolarità al momento dell’accertamento sia il fulcro della valutazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha fondato la sua decisione di inammissibilità su due pilastri. In primo luogo, ha evidenziato che la documentazione prodotta dal ricorrente, in particolare la richiesta alla Questura, non solo era successiva alla sentenza, ma non costituiva nemmeno un’effettiva richiesta di regolarizzazione. Di conseguenza, non poteva in alcun modo smentire quanto accertato in sentenza, ovvero la condizione di irregolarità del ricorrente alla data dell’accertamento del reato (20 novembre 2020) e la successiva, permanente assenza di titoli idonei al soggiorno.
In secondo luogo, il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile per la sua manifesta genericità. La Corte ha sottolineato che contestare genericamente l’adeguatezza di una valutazione discrezionale del giudice, senza indicare vizi specifici e limitandosi a riproporre argomentazioni già ritenute irrilevanti, non soddisfa i requisiti di legge per un valido motivo di ricorso. In pratica, la difesa non ha specificato quali errori di diritto o di logica avrebbe commesso il Giudice di Pace, ma si è limitata a esprimere un dissenso generico.
Le Conclusioni
La pronuncia si conclude con la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Come conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende, a causa dei profili di colpa nell’aver proposto un’impugnazione priva dei requisiti minimi di ammissibilità.
Le implicazioni pratiche di questa ordinanza sono chiare: ogni elemento a difesa deve essere presentato e provato nel corso del giudizio di merito. Non è possibile introdurre in Cassazione documenti nuovi, specialmente se successivi alla decisione impugnata, sperando di ottenere una revisione dei fatti. Inoltre, i motivi di ricorso devono essere specifici, tecnici e puntuali, indicando con precisione le violazioni di legge o i vizi logici della motivazione, e non possono limitarsi a una generica doglianza.
È possibile utilizzare in un ricorso per cassazione documenti formatisi dopo la sentenza che si sta impugnando?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che gli elementi di prova o le richieste formulate dopo la data della sentenza non possono essere presi in considerazione per valutarne la correttezza, poiché il giudice di merito non poteva esserne a conoscenza al momento della decisione.
Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione è formulato in modo generico?
Un motivo di ricorso formulato in modo generico, che non specifica i vizi di legge o di motivazione della sentenza impugnata ma si limita a riproporre le stesse argomentazioni in modo vago, viene dichiarato inammissibile. Questo comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Nel reato di immigrazione clandestina, è sufficiente dimostrare di aver avviato un’iniziativa difensiva per evitare la condanna?
No, non è sufficiente. Secondo la Corte, l’iniziativa difensiva deve rappresentare un’effettiva richiesta di regolarizzazione e, soprattutto, deve essere valutata in relazione alla situazione esistente al momento dell’accertamento del reato. Iniziative successive e non risolutive non possono smentire lo stato di illegalità precedentemente accertato.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1355 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1355 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 09/08/2002
avverso la sentenza del 08/02/2022 del GIUDICE COGNOME di FAENZA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO
che NOME COGNOME tramite il proprio difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Giudice di Pace di Faenza lo ha dichiarato colpevole del reato di cui all’art. 10 -bis, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 (T.U. imm.), condannandolo alla pena di euro 5.000,00 di ammenda, sostituita, ai sensi dell’art. 16, comma 1, stesso decreto, con l’espulsione dal territorio dello Stato per anni tre;
CONSIDERATO
che il ricorrente, con il primo motivo, denunzia violazione di legge e vizi de motivazione, asserendo la non considerazione di deduzioni che fonda su atti allegati al ricorso (relativi ad un’espulsione amministrativa e alle condizioni di soggiorno), di cui però non è da evincere la produzione in sede di merito per il possibile apprezzamento (compare fra l’altro una richiesta alla Questura di Ravenna in data 15 febbraio 2022, persino successiva alla sentenza);
che, in ogni caso, l’iniziativa difensiva neppure rappresenta l’inoltro di effettive rich di regolarizzazione, sicché non potrebbe mai smentire quanto affermato in sentenza sulle condizioni del ricorrente alla data dell’accertamento del reato (20 novembre 2020) e sulla permanente assenza di titoli idonei a permetterne il regolare soggiorno in Italia in seguito;
che il secondo motivo del ricorso nemmeno specifica i vizi denunziati – e per ciò solo risulta inammissibile – quando contesta genericamente l’idoneità dello scrutinio di merito ai f delle determinazioni discrezionali relative alla “severa” decisione sull’espulsione, limitandos tal riguardo a riproporre le stesse allegazioni – già introdotte con il primo motivo in te inammissibili – che dovrebbero consentire di valutare diversamente la posizione del ricorrente;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuale e, in ragione dei profili di colpa, della somma determinata in euro tremila da corrispondere in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24 ottobre 2024
Il Consigliere estensore