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Reato di usura: quando si prescrive il delitto?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per reato di usura aggravata. La sentenza chiarisce che, essendo l’usura un reato a consumazione prolungata, la prescrizione decorre dall’ultimo pagamento di interessi o capitale, non dalla data dell’accordo iniziale. La Corte ha inoltre escluso la configurabilità del recesso attivo e confermato la nozione di ‘stato di bisogno’ come condizione di difficoltà che limita la libertà negoziale della vittima.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Usura: la Cassazione sulla Prescrizione e la Consumazione

Il reato di usura rappresenta una delle fattispecie più complesse e socialmente allarmanti del nostro ordinamento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 4771/2025) offre importanti chiarimenti su aspetti cruciali come la decorrenza della prescrizione e la configurabilità di istituti come il recesso attivo. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: La Condanna per Usura Aggravata

Il caso trae origine dalla condanna, confermata in appello, di un individuo per il reato di usura aggravata. L’imputato aveva concesso un prestito a un imprenditore agricolo in difficoltà, applicando tassi di interesse illeciti. Avverso la sentenza di secondo grado, la difesa proponeva ricorso per cassazione, basandolo su cinque motivi principali.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha sollevato diverse questioni giuridiche, tra cui:
1. Prescrizione del reato: Si sosteneva che il termine di prescrizione fosse decorso, calcolandolo dal momento dell’accordo iniziale (nel 2011) e non dagli ultimi pagamenti, ipotizzando una ‘novazione’ dell’accordo nel 2019.
2. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza: Si lamentava che la condanna riguardasse fatti estesi fino al 2019, mentre l’imputazione originaria si fermava al marzo 2011.
3. Applicabilità del recesso attivo: La difesa invocava l’applicazione della diminuente prevista per il recesso attivo (art. 56 c.p.), sostenendo che l’imputato avesse spontaneamente rinunciato a riscuotere ulteriori interessi usurari.
4. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si contestava il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
5. Insussistenza dell’aggravante dello stato di bisogno: Si metteva in discussione la sussistenza dello stato di bisogno della vittima, ritenendola una mera difficoltà economica e non una condizione di effettiva necessità.

Analisi della Decisione: Il Reato di Usura e la sua Natura

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso, fornendo una motivazione dettagliata che ribadisce principi consolidati in materia di reato di usura.

La Consumazione Prolungata e il Dies a Quo della Prescrizione

Il punto centrale della sentenza riguarda la prescrizione. La Corte ha ribadito che il delitto di usura è un reato a consumazione prolungata. Questo significa che la condotta illecita non si esaurisce con la pattuizione iniziale, ma prosegue per tutto il tempo in cui vengono effettuati i pagamenti di interessi o capitale.
Di conseguenza, ai sensi dell’art. 644-ter del codice penale, il termine di prescrizione non decorre dal giorno dell’accordo, ma ‘dal giorno dell’ultima riscossione sia degli interessi che del capitale’. Nel caso di specie, essendo l’ultimo pagamento avvenuto nel 2019, il reato non poteva considerarsi prescritto.

L’Insussistenza del Recesso Attivo

La Corte ha rigettato anche la tesi del recesso attivo. Il reato di usura si perfeziona già con la sola promessa o pattuizione di interessi usurari, e si consuma con i pagamenti. Una volta che l’accordo è stato concluso e sono stati effettuati i primi versamenti, il reato è già pienamente integrato. La successiva, e peraltro non provata, rinuncia a incassare le ulteriori somme non costituisce un impedimento dell’evento dannoso, ma al massimo un ‘post factum’ non punibile che non può integrare la diminuente del recesso attivo.

La Nozione di Stato di Bisogno

Infine, la Cassazione ha confermato la correttezza della valutazione dei giudici di merito sull’aggravante dello stato di bisogno. La giurisprudenza costante interpreta tale nozione non come uno stato di indigenza assoluta, ma come una situazione di difficoltà economica che limita la libertà negoziale della vittima, spingendola ad accettare condizioni capestro. L’impossibilità per l’imprenditore di accedere al credito bancario è stata considerata un elemento sufficiente a dimostrare tale condizione.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione consolidata della natura del reato di usura. I giudici hanno sottolineato come la tesi della difesa sulla ‘novazione’ fosse priva di riscontri probatori e come la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito fosse logica e coerente. È stato inoltre precisato che il motivo relativo alla violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza non poteva essere esaminato, in quanto sollevato per la prima volta in sede di legittimità. Per quanto riguarda le attenuanti generiche, la Corte ha ribadito che la valutazione del giudice di merito è insindacabile se motivata, come in questo caso, con riferimento alla gravità dei fatti e ai precedenti penali dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida principi fondamentali in materia di reato di usura. In primo luogo, conferma che la prescrizione inizia a decorrere solo dall’ultimo pagamento, data la natura prolungata del reato. In secondo luogo, chiarisce che il recesso attivo non è configurabile una volta che il delitto si è già perfezionato con la pattuizione e i primi pagamenti. Infine, offre una lettura ampia del concetto di ‘stato di bisogno’, sufficiente a includere situazioni di difficoltà finanziaria che compromettono la libertà di scelta del soggetto passivo. Questa decisione rappresenta un importante riferimento per la tutela delle vittime e per la repressione di un fenomeno criminale particolarmente odioso.

Da quando inizia a decorrere la prescrizione per il reato di usura?
Secondo la Corte di Cassazione, essendo l’usura un reato a consumazione prolungata, il termine di prescrizione decorre dal giorno dell’ultima riscossione degli interessi o del capitale, e non dalla data in cui è stato stipulato l’accordo usurario iniziale.

È possibile ottenere una riduzione di pena per ‘recesso attivo’ se chi ha prestato il denaro rinuncia a riscuotere gli ultimi interessi usurari?
No. La sentenza chiarisce che il reato di usura si perfeziona già con l’accordo e si consuma con il pagamento anche di una sola rata. La successiva rinuncia a incassare altre somme non configura un recesso attivo, poiché l’evento lesivo si è già verificato e il reato è già stato commesso.

Cosa si intende per ‘stato di bisogno’ nell’usura aggravata?
Lo ‘stato di bisogno’ non significa necessariamente povertà assoluta. La Corte ha ribadito che si tratta di una qualsiasi situazione di difficoltà economica o finanziaria che limiti la libertà di scelta della vittima, inducendola a ricorrere al credito a condizioni usurarie. Anche l’impossibilità di accedere al credito bancario può integrare questa condizione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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