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Reato di usura: la prova del tasso secondo la Cassazione

Un imprenditore viene condannato per il reato di usura. La Corte di Cassazione, pur confermando la credibilità della persona offesa, annulla la sentenza con rinvio. La ragione risiede nel calcolo errato e approssimativo del tasso usurario, sottolineando la necessità di una prova rigorosa per l’elemento oggettivo del reato.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di usura: la Cassazione annulla per calcolo errato del tasso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17019/2025, si è pronunciata su un complesso caso di reato di usura, offrendo importanti chiarimenti sulla valutazione della prova, in particolare sulla credibilità della persona offesa e sulla necessità di un calcolo rigoroso del tasso di interesse. Sebbene la Corte abbia ritenuto attendibile la narrazione della vittima, ha annullato la condanna a causa di un accertamento approssimativo e viziato del superamento del tasso soglia.

I Fatti di Causa

Un imprenditore veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di usura ai danni di un altro soggetto, con cui intratteneva da tempo rapporti. Secondo l’accusa, l’imputato aveva erogato una serie di prestiti, pretendendo la restituzione di somme maggiorate da interessi esorbitanti.

La difesa dell’imputato sosteneva una tesi differente: il rapporto tra i due non era di mutuo, bensì una sorta di compartecipazione in un’attività di compravendita di materiali plastici. Le somme di denaro scambiate, quindi, non sarebbero state prestiti, ma investimenti finalizzati alla divisione dei guadagni. La difesa ha inoltre contestato la credibilità della persona offesa, evidenziando presunte contraddizioni e una gestione poco trasparente della propria attività imprenditoriale.

La Prova del Reato di Usura e il Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basato su numerosi motivi, incentrati principalmente sul vizio di motivazione della sentenza d’appello. Le censure riguardavano:

* La credibilità della persona offesa: ritenuta dalla difesa inattendibile per le sue dichiarazioni contraddittorie e per l’interesse a giustificare le proprie difficoltà economiche.
* La natura del rapporto: la difesa ha insistito sulla tesi della compartecipazione commerciale, in opposizione a quella del prestito usurario.
* L’accertamento del tasso di interesse: il punto cruciale del ricorso. La difesa ha lamentato l’erroneità e l’approssimazione del metodo di calcolo utilizzato dai giudici di merito per stabilire il superamento del tasso soglia, soprattutto per la parte più cospicua e diluita nel tempo dei prestiti.

La Valutazione della Credibilità della Vittima

La Corte di Cassazione ha rigettato i motivi relativi alla credibilità della persona offesa. Ha ribadito il principio secondo cui la testimonianza della vittima, anche se costituitasi parte civile, può essere sufficiente a fondare un’affermazione di responsabilità. È necessario, tuttavia, un rigoroso vaglio della sua attendibilità soggettiva (la persona del dichiarante) e oggettiva (la coerenza della narrazione). I giudici di merito, secondo la Cassazione, avevano condotto tale valutazione in modo logico e coerente, evidenziando profili di veridicità nella narrazione della vittima e di inattendibilità in quella dell’imputato. La Corte ha sottolineato che non è compito del giudice di legittimità riesaminare le prove, ma solo verificare la logicità della motivazione.

L’Elemento Oggettivo del Reato di Usura: il Calcolo del Tasso

Il ricorso ha trovato accoglimento sul punto relativo all’accertamento dell’elemento oggettivo del reato di usura. La sentenza impugnata si basava su un calcolo effettuato dalla Guardia di Finanza che, per una parte significativa del debito, appariva errato nel metodo. In particolare, i giudici di merito avevano considerato un unico prestito iniziale di 50.000 euro e un’unica restituzione finale di oltre 104.000 euro dopo tre anni, calcolando un tasso annuo superiore alla soglia.

Tuttavia, era emerso che si trattava in realtà di una serie di prestiti e restituzioni diluiti nel tempo. La Cassazione ha rilevato che il metodo di calcolo era errato e approssimativo, non avendo chiarito come fossero state considerate le singole dazioni, le tempistiche e le modalità di restituzione. Questa lacuna probatoria rendeva incerto il superamento effettivo del tasso soglia per quella specifica parte del rapporto.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha distinto nettamente due aspetti. Da un lato, ha confermato la correttezza della valutazione dei giudici di merito sulla credibilità della vittima e sulla natura di prestito del rapporto, ritenendo la motivazione esente da vizi logici. Per la Cassazione, la versione dell’imputato, che parlava di compartecipazione commerciale, era stata logicamente scartata in quanto generica e priva di riscontri.

Dall’altro lato, ha censurato la decisione per quanto riguarda la prova del superamento del tasso soglia per una parte consistente del debito. La motivazione sul calcolo è stata giudicata carente e fondata su un metodo errato, che non teneva conto della dinamica effettiva di prestiti e rimborsi frammentati nel tempo. Tale approssimazione non è ammissibile in sede penale, dove la prova della colpevolezza deve essere raggiunta “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna con rinvio alla Corte d’Appello di Milano. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso, ma solo limitatamente all’accertamento del tasso usurario per la parte di debito oggetto di contestazione. Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel reato di usura, la credibilità della vittima è un pilastro dell’accusa, ma non può sopperire a una carenza probatoria sull’elemento oggettivo del reato, ovvero il superamento del tasso soglia, che deve essere dimostrato con un calcolo rigoroso e puntuale, basato su dati certi.

Quando la testimonianza della vittima è sufficiente per provare il reato di usura?
Secondo la sentenza, la testimonianza della persona offesa può essere sufficiente a fondare l’affermazione di responsabilità, a condizione che sia sottoposta a un rigoroso controllo di credibilità soggettiva e oggettiva, senza che sia indispensabile la presenza di riscontri esterni.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la condanna pur ritenendo credibile la vittima?
La Corte ha annullato la sentenza perché, per una parte significativa dei prestiti, la prova del superamento del tasso soglia di usura era basata su un metodo di calcolo errato e approssimativo. La credibilità della vittima non può compensare una lacuna probatoria sull’elemento oggettivo del reato.

Qual è la differenza tra un prestito usurario e una compartecipazione agli utili?
Un prestito usurario implica la dazione di una somma di denaro con l’obbligo di restituzione del capitale più interessi superiori alla soglia di legge. Una compartecipazione agli utili, invece, è un contributo finanziario a un’attività commerciale in cambio di una quota dei profitti (o delle perdite), senza un obbligo di restituzione del capitale a tasso fisso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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