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Reato di Usura Continuato: Cassazione e Prescrizione

La Corte di Cassazione annulla con rinvio una sentenza di condanna per usura. L’oggetto del contendere è la corretta qualificazione del reato di usura continuato, fondamentale per determinare l’inizio della decorrenza della prescrizione. La Suprema Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse carente nel definire se si trattasse di un’unica condotta prolungata o di più episodi distinti, un’ambiguità che incide sia sul calcolo della prescrizione sia sulla determinazione della pena.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Usura Continuato: La Cassazione chiarisce i criteri per la prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su una questione complessa e di grande rilevanza pratica: la corretta qualificazione del reato di usura continuato e le sue implicazioni sulla prescrizione. Con la sentenza n. 6326/2024, i giudici di legittimità hanno annullato con rinvio una condanna, sottolineando la necessità di una ricostruzione fattuale precisa per poter determinare correttamente il momento da cui far decorrere il termine di prescrizione. Questo intervento chiarisce un punto fondamentale per la difesa in procedimenti di questo tipo.

I Fatti di Causa e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per diverse condotte di usura, consumate in un arco temporale di circa due anni ai danni di due persone offese. La Corte di Appello aveva confermato la sentenza di primo grado. L’imputato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi principali:

1. Vizio di motivazione e violazione di legge: Si contestava la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, ritenute contraddittorie e non supportate da prove documentali.
2. Errata applicazione della prescrizione: Si sosteneva che i reati fossero ormai prescritti, chiedendo l’applicazione della normativa più favorevole introdotta nel 2005.
3. Insussistenza dell’aggravante: Si eccepiva il mancato riconoscimento di attenuanti generiche e si contestava l’applicazione dell’aggravante per aver prestato denaro destinato a un’attività imprenditoriale, non ritenendola provata.

La questione del reato di usura continuato e la prescrizione

Il fulcro della decisione della Cassazione ruota attorno al secondo motivo di ricorso. La difesa ha evidenziato come una corretta applicazione delle norme sulla prescrizione, inclusa la legge più favorevole (lex mitior), avrebbe dovuto portare all’estinzione dei reati. Il problema risiedeva nell’incertezza della struttura stessa del reato contestato: si trattava di un’unica condotta usuraia a consumazione prolungata o di più episodi distinti, legati tra loro dal vincolo della continuazione (art. 81 c.p.)?

La distinzione non è meramente formale. Nel caso di reato a consumazione prolungata, il termine di prescrizione (dies a quo) inizia a decorrere dall’ultima riscossione di capitale o interessi. Nel caso del reato di usura continuato, invece, il termine decorre dalla cessazione della continuazione, ma il tempo necessario a prescrivere è quello previsto per i singoli reati. La Corte di Appello, pur applicando gli aumenti di pena per la continuazione, non aveva chiarito in modo inequivocabile la struttura del reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il primo motivo, ribadendo un principio consolidato: il giudice di legittimità non può rivalutare nel merito le prove, ma solo verificare la logicità e coerenza della motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, la valutazione delle testimonianze delle vittime era stata ritenuta adeguata.

Anche il motivo sull’aggravante è stato respinto. La Corte ha aderito all’interpretazione secondo cui l’aggravante scatta quando le somme sono destinate a un’attività imprenditoriale, anche se la vittima non è formalmente un imprenditore. È sufficiente la consapevolezza del prestatore circa la destinazione del denaro.

Il punto cruciale della sentenza riguarda però la prescrizione. I giudici hanno accolto il motivo del ricorrente, rilevando una carente ricostruzione del fatto da parte della Corte territoriale. Il capo di imputazione era ambiguo e la sentenza non chiariva se si trattasse di “una condotta usuraia unitaria” o di “più condotte” in continuazione. Questa incertezza, secondo la Cassazione, ha due conseguenze dirimenti:

1. Impossibilità di individuare il regime della prescrizione: Non essendo chiara la natura del reato, non è possibile stabilire con certezza il dies a quo e, di conseguenza, calcolare correttamente il tempo necessario a prescrivere.
2. Incidenza sul trattamento sanzionatorio: La qualificazione del fatto influisce sulla legittimità degli aumenti di pena applicati per la continuazione.

Per queste ragioni, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte di Appello.

Le Conclusioni

La pronuncia della Cassazione n. 6326/2024 offre un’importante lezione procedurale. Stabilisce che, per affrontare correttamente la questione della prescrizione nel reato di usura continuato, è imprescindibile una ricostruzione del fatto chiara e non ambigua da parte del giudice di merito. La distinzione tra reato unico a consumazione prolungata e pluralità di reati in continuazione non è un mero esercizio teorico, ma un passaggio logico-giuridico fondamentale che condiziona l’esito del processo, sia in termini di estinzione del reato per prescrizione, sia per la corretta quantificazione della pena. Il giudice del rinvio dovrà quindi, prima di tutto, sciogliere questo nodo, definendo con precisione la struttura del reato contestato per poi poterne trarre le dovute conseguenze legali.

Come si calcola la prescrizione nel reato di usura?
La decorrenza del termine di prescrizione (dies a quo) dipende dalla struttura del reato. Se si tratta di un’unica condotta a consumazione prolungata, il termine parte dall’ultimo pagamento di capitale o interessi. Se si tratta di più episodi in continuazione, il termine decorre dalla cessazione della continuazione, ma il tempo per prescrivere va calcolato sui singoli reati.

Per l’aggravante dell’usura a un imprenditore, è necessario che la vittima sia formalmente un’impresa?
No. Secondo l’interpretazione accolta dalla Corte, l’aggravante è configurabile in tutti i casi in cui la somma prestata è destinata a un’attività imprenditoriale, a prescindere dal riconoscimento formale dello status di imprenditore in capo alla vittima. Ciò che rileva è la destinazione del denaro e la consapevolezza di ciò da parte dell’usuraio.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza in questo caso?
La sentenza è stata annullata con rinvio perché la Corte di Appello non aveva chiarito in modo univoco se il fatto contestato fosse una singola condotta usuraia prolungata o più reati distinti in continuazione. Questa ambiguità rendeva impossibile determinare correttamente il regime della prescrizione e valutare la legittimità del calcolo della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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