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Reato di uccellagione: quando è reato permanente?

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di uccellagione e detenzione di fauna protetta. La sentenza stabilisce che l’uccellagione è un reato a consumazione anticipata che può assumere carattere permanente, perdurando fino al sequestro degli strumenti di cattura. Viene inoltre ribadito che l’onere di provare la provenienza lecita degli animali selvatici detenuti spetta all’imputato e non all’accusa. La Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso sulla violazione del diritto di difesa, chiarendo che la data di accertamento indicata nell’imputazione non limita la contestazione all’intera durata della condotta illecita.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Uccellagione: Natura Permanente e Onere della Prova

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25907/2025, offre importanti chiarimenti sul reato di uccellagione, affrontando due questioni cruciali: la sua natura di reato eventualmente permanente e la ripartizione dell’onere della prova in caso di detenzione di fauna protetta. La pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso a tutela del patrimonio faunistico, sottolineando come la predisposizione di strumenti di cattura possa integrare una condotta illecita che si protrae nel tempo.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’indagine su attività sospette in una zona montana, che ha portato alla scoperta di una presunta attività di bracconaggio. Un soggetto veniva condannato dal Tribunale di primo grado per i reati di uccellagione e di illecita detenzione di esemplari di fauna particolarmente protetta.

Le indagini avevano documentato due momenti distinti:
1. In una prima data (26 ottobre 2019), l’imputato era stato osservato mentre installava reti da cattura e utilizzava richiami vivi nel giardino della propria abitazione.
2. Circa un mese dopo (29 novembre 2019), a seguito di una perquisizione, venivano rinvenuti nella sua disponibilità numerosi uccelli vivi appartenenti a specie protette, una rete da uccellagione e delle gabbie trappola.

Il Tribunale aveva ritenuto l’imputato colpevole, unificando i fatti nel vincolo della continuazione e condannandolo a una pena pecuniaria.

I Motivi del Ricorso e il reato di uccellagione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi principali. In particolare, ha lamentato la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sostenendo di essere stato condannato per l’episodio del 26 ottobre, mentre l’imputazione faceva riferimento alla data di accertamento del 29 novembre. Secondo la difesa, si trattava di due fatti storici distinti, con conseguente lesione del diritto di difesa. Inoltre, ha contestato la sussistenza dei reati, affermando che la rete era un vecchio residuo inutilizzabile e che gli uccelli erano nati in cattività da esemplari legittimamente detenuti in passato, mancando solo un’autorizzazione amministrativa all’allevamento.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo infondato. I giudici hanno fornito una dettagliata analisi delle questioni sollevate, confermando la decisione del Tribunale.

Le Motivazioni

La Corte ha innanzitutto affrontato la natura del reato di uccellagione. Ha chiarito che si tratta di un reato di pericolo a consumazione anticipata. Ciò significa che il reato si perfeziona non con la cattura effettiva degli animali, ma già con la predisposizione di qualsiasi sistema di cattura non selettivo e con potenzialità offensiva indeterminata (come le reti).

Fondamentalmente, la Corte ha stabilito che tale reato può assumere la fisionomia di un reato permanente. La condotta antigiuridica, iniziata con l’installazione delle reti (il 26 ottobre), è perdurata fino al momento in cui è stata fatta cessare con il sequestro degli strumenti (il 29 novembre). Di conseguenza, non vi è stata alcuna violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza. La data indicata nell’imputazione era quella dell’accertamento finale di una condotta illecita unitaria e continuativa, di cui l’imputato era pienamente a conoscenza e da cui ha avuto modo di difendersi.

Per quanto riguarda la detenzione della fauna protetta, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: l’onere della prova (onus probandi) della provenienza lecita degli esemplari ricade su chi li detiene. La regola generale è il divieto di detenzione; la provenienza legale costituisce un’eccezione che deve essere dimostrata dal possessore con prove specifiche e verificabili. Nel caso di specie, l’imputato non ha fornito alcuna prova concreta a sostegno della sua tesi, limitandosi ad allegazioni generiche. La Corte ha anche precisato che l’esistenza di una sanzione amministrativa prevista da una legge regionale per la detenzione non autorizzata non esclude l’applicazione della più grave sanzione penale prevista dalla legge nazionale, che prevale in virtù del principio di specialità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un’importante conferma della linea di rigore adottata dalla giurisprudenza in materia di tutela della fauna selvatica. Le conclusioni che se ne possono trarre sono molteplici:
1. Natura del reato: Il reato di uccellagione si configura come un illecito di pericolo la cui condotta può protrarsi nel tempo, integrando un reato permanente fino alla cessazione dell’attività illecita.
2. Diritto di difesa: La contestazione della data di accertamento di un reato permanente non lede il diritto di difesa se l’imputato è stato messo in condizione di conoscere e difendersi dall’intera condotta illecita.
3. Onere della prova: Chiunque detenga esemplari di fauna selvatica protetta ha l’obbligo di dimostrarne la legittima provenienza. In assenza di prove concrete, la detenzione è da considerarsi illecita.
4. Rapporto tra norme: La sanzione penale prevista dalla legge statale per i reati venatori prevale su eventuali sanzioni amministrative previste da leggi regionali per la stessa materia.

Quando il reato di uccellagione si considera un reato permanente?
Secondo la Corte, il reato di uccellagione, pur essendo a consumazione anticipata (si perfeziona con la sola predisposizione degli strumenti di cattura), può assumere la natura di reato permanente. La condotta illecita si considera perdurante nel tempo finché la situazione di pericolo, creata dalla disponibilità degli strumenti di cattura, non viene interrotta, ad esempio con il loro sequestro.

In caso di detenzione di fauna protetta, su chi ricade l’onere di provare la provenienza lecita degli animali?
La sentenza ribadisce che l’onere di provare la legittima provenienza della fauna selvatica detenuta grava sul detentore e non sull’accusa. La legge stabilisce un divieto generale di detenzione, pertanto chi possiede tali animali deve fornire prove specifiche e verificabili che ne attestino l’origine legale (es. nascita in un allevamento autorizzato).

Una condanna è valida se si basa su un fatto avvenuto in una data diversa da quella indicata nel capo d’imputazione?
Sì, nel caso di un reato permanente come l’uccellagione. La Corte ha chiarito che indicare nell’imputazione la data dell’accertamento finale non limita la contestazione a quel solo giorno. La condotta si intende contestata per tutta la sua durata, e se l’imputato ha avuto modo di conoscere tutti gli elementi dell’accusa durante il processo e di difendersi, non vi è alcuna violazione del suo diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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