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Reato di tortura: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un agente penitenziario per il reato di tortura e lesioni personali ai danni di un detenuto. La sentenza chiarisce che il reato di tortura può essere integrato anche da una pluralità di condotte violente avvenute in un unico contesto temporale e che il reato di lesioni dolose non viene assorbito, ma concorre con quello di tortura. La Corte ha rigettato tutti i motivi di ricorso, sottolineando la gravità della condotta tenuta da un pubblico ufficiale.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Tortura in Carcere: La Cassazione Fa Chiarezza

Con la sentenza n. 1243 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un grave episodio di violenza in un istituto penitenziario, offrendo importanti chiarimenti sulla configurazione del reato di tortura e sul suo rapporto con il delitto di lesioni personali. La decisione conferma la condanna di un agente di polizia penitenziaria, ribadendo la necessità di una tutela rigorosa della dignità umana, specialmente nei confronti di chi si trova in stato di detenzione.

I Fatti: Una Violenta Aggressione in Cella

La vicenda giudiziaria trae origine da un violento pestaggio subito da un detenuto all’interno della casa circondariale di Ferrara. Secondo la ricostruzione accolta dai giudici di merito, tre agenti, tra cui il ricorrente, hanno aggredito il detenuto. L’aggressione è stata brutale, perpetrata anche con l’uso di un oggetto in ferro, e si è conclusa con la vittima lasciata in cella ammanettata, in mutande e senza ciabatte.

Le lesioni riscontrate sul corpo del detenuto erano numerose ed evidenti: un incisivo spezzato, ferite al volto, ematomi, escoriazioni e segni cilindrici su tutta la schiena, compatibili con l’uso di un corpo contundente.

I Motivi del Ricorso e la Difesa dell’Agente

L’agente condannato in appello ha presentato ricorso in Cassazione basato su quindici motivi. La difesa ha contestato principalmente la valutazione delle prove, sostenendo un travisamento delle dichiarazioni testimoniali e una presunta contraddittorietà nella ricostruzione dei fatti.

Inoltre, sono state sollevate questioni di diritto cruciali, tra cui l’errata applicazione della norma sul reato di tortura. Secondo il ricorrente, i fatti non integravano tale delitto poiché l’azione si era consumata in un breve lasso di tempo e non costituiva un trattamento inumano o degradante. Si contestava, infine, il mancato assorbimento del reato di lesioni in quello di tortura e la gestione delle circostanze attenuanti e aggravanti.

Le Motivazioni della Cassazione sul Reato di Tortura

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo tutti i motivi infondati o aspecifici. Le motivazioni della sentenza sono dense di principi giuridici fondamentali.

La Configurazione del Reato di Tortura

Uno dei punti centrali della decisione riguarda la corretta interpretazione dell’art. 613-bis del codice penale. La Corte ha chiarito che il reato di tortura non richiede necessariamente una reiterazione di condotte violente distribuite su un lungo arco temporale. Può essere integrato anche da una pluralità di atti lesivi, come pugni, calci e colpi con un oggetto, commessi nel medesimo contesto cronologico.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che il trattamento inumano e degradante per la dignità della persona si è concretizzato non solo nella violenta aggressione, ma anche nell’aver lasciato il detenuto ammanettato, seminudo e in condizioni umilianti. Questa condotta, posta in essere da chi rappresenta lo Stato e ha il dovere di tutela, costituisce una gravissima lesione della dignità personale.

Il Rapporto tra Tortura e Lesioni Personali

La Cassazione ha affrontato un’altra questione di grande rilevanza: il concorso tra il delitto di tortura e quello di lesioni personali. La difesa sosteneva che le lesioni dovessero essere assorbite dalla fattispecie più grave di tortura.

La Corte ha respinto questa tesi, affermando un principio dirimente: quando le lesioni sono il risultato di un’azione dolosa, cioè voluta e rappresentata dagli agenti, esse costituiscono un reato autonomo che concorre con quello di tortura. L’ipotesi di assorbimento prevista dal quarto comma dell’art. 613-bis si applica solo ai casi in cui le lesioni siano una conseguenza non voluta (preterintenzionale) della condotta di tortura. Poiché nel caso di specie il pestaggio era palesemente finalizzato a provocare lesioni, è corretto contestare entrambi i reati.

La Valutazione delle Prove e il Ruolo del Ricorrente

La Corte ha giudicato inammissibili le censure relative alla valutazione delle prove, ritenendo che i giudici di merito avessero costruito un impianto logico e coerente, basato sulle dichiarazioni della vittima, sui referti medici e sulle contraddizioni nelle versioni fornite dagli agenti. È stata respinta anche la tesi difensiva di una partecipazione di minima importanza del ricorrente, la cui condotta è stata considerata pienamente integrata nell’azione delittuosa, sin dall’inizio.

Le Conclusioni: La Decisione Finale della Suprema Corte

La sentenza rappresenta un importante baluardo nella tutela dei diritti fondamentali delle persone private della libertà personale. La Cassazione non solo ha confermato la responsabilità penale dell’agente, ma ha anche consolidato un’interpretazione rigorosa del reato di tortura, in linea con i principi della giurisprudenza sovranazionale.

La decisione riafferma che la violenza e i trattamenti degradanti da parte di pubblici ufficiali sono inaccettabili in uno Stato di diritto e che il sistema giudiziario ha il dovere di sanzionarli con fermezza. La distinzione operata tra lesioni dolose e preterintenzionali nel contesto della tortura fornisce inoltre uno strumento interpretativo chiaro per i casi futuri, garantendo che ogni aspetto della condotta criminale riceva la giusta qualificazione giuridica.

Per configurare il reato di tortura sono necessarie condotte violente ripetute nel tempo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il delitto di tortura può essere integrato anche da più condotte violente, gravemente minatorie o crudeli, poste in essere in un unico contesto cronologico, oppure da un singolo atto che comporti un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.

Il reato di lesioni personali dolose viene assorbito da quello di tortura?
No. La sentenza specifica che quando le lesioni sono provocate intenzionalmente (con dolo), esse costituiscono un reato autonomo che concorre con quello di tortura. L’aggravante prevista dall’art. 613-bis, quarto comma, si applica solo quando le lesioni sono una conseguenza non voluta della condotta di tortura.

Cosa si intende per “trattamento inumano o degradante” nel contesto del reato di tortura?
Secondo la Corte, si tratta di una condotta che causa una gravissima lesione della dignità della vittima. Nel caso di specie, è stato considerato tale non solo il pestaggio, ma anche l’aver lasciato il detenuto ammanettato, in mutande e in condizioni umilianti all’interno della cella, soprattutto perché tale condotta è stata posta in essere da pubblici ufficiali che hanno il dovere di tutelare le persone a loro affidate.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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