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Reato di sottrazione: la prescrizione estingue il caso

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per il reato di sottrazione di un’auto sequestrata. L’imputato, custode non proprietario del veicolo, aveva fatto ricorso per una presunta errata qualificazione giuridica. Sebbene la Corte abbia ritenuto infondate le sue argomentazioni, ha dovuto dichiarare l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, annullando la sentenza senza rinvio.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di sottrazione: quando la prescrizione chiude il caso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22922/2024, si è pronunciata su un interessante caso di reato di sottrazione di un bene sequestrato, offrendo spunti di riflessione sulla qualificazione della fattispecie e sull’inevitabile epilogo processuale dovuto al decorso del tempo. La vicenda riguarda un uomo, nominato custode di un’autovettura sequestrata, che non è stato in grado di presentarla alle autorità al momento della confisca. Nonostante i motivi di ricorso siano stati giudicati infondati, la Corte ha dovuto annullare la condanna per intervenuta prescrizione.

I Fatti del Caso

Tutto ha inizio con il sequestro amministrativo di un’autovettura perché sprovvista di copertura assicurativa. Il conducente del veicolo, pur non essendone il proprietario (l’auto apparteneva alla sua compagna), viene nominato custode giudiziario, con l’obbligo di custodirla nel garage della partner.

Successivamente, la Prefettura emette un’ordinanza di confisca, imponendo al custode di trasferire il veicolo a proprie spese entro trenta giorni. Trascorso inutilmente questo termine, le autorità dispongono il trasferimento coatto. Tuttavia, quando i Carabinieri si recano sul posto, non trovano né l’auto né le persone interessate. Scatta così il procedimento penale per il reato di cui all’art. 334 del codice penale.

La questione del reato di sottrazione e la qualificazione giuridica

L’imputato viene condannato sia in primo grado che in appello. La difesa, però, solleva un ricorso in Cassazione basato su diversi motivi. Il punto cruciale della difesa riguarda la corretta qualificazione del reato di sottrazione. L’art. 334 c.p. prevede due diverse ipotesi:
1. Comma 1: Punisce chiunque sottrae, sopprime, distrugge o disperde un bene sequestrato.
2. Comma 2: Prevede una pena diversa per il proprietario che commette il fatto.

Il ricorrente sosteneva che, non essendo il proprietario del veicolo, non poteva essere condannato sulla base di una norma (il comma 2) a lui non applicabile. Inoltre, lamentava che la Corte d’Appello avesse erroneamente interpretato la sentenza di primo grado, travisando i fatti e non rispondendo a specifici motivi di gravame, tra cui la richiesta di riqualificare il fatto come colposo (art. 335 c.p.).

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i principali motivi di ricorso, ritenendoli infondati. In primo luogo, ha escluso categoricamente la natura colposa della condotta, confermando l’orientamento dei giudici di merito che avevano ravvisato il dolo, ossia la volontà di sottrarre il bene all’esecuzione della confisca.

Sul punto più controverso, quello relativo alla qualificazione del reato, la Cassazione ha chiarito un principio fondamentale. Anche se i giudici di merito hanno fatto riferimento al comma 2 dell’art. 334 c.p. per calibrare la pena, la condanna si fondava correttamente sul comma 1. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un insegnamento consolidato: ai fini del reato di sottrazione, il termine ‘proprietario’ è interpretato in senso molto più ampio rispetto al diritto civile. Esso include qualsiasi soggetto che abbia un rapporto di padronanza o di disponibilità materiale con il bene, come il possessore o, come in questo caso, il semplice detentore nominato custode. Pertanto, l’inquadramento della condotta dell’imputato nella fattispecie generale del comma 1 era corretto.

Le Conclusioni

Nonostante l’infondatezza dei motivi di ricorso, l’esito del processo è stato determinato da un fattore esterno: la prescrizione. La Corte ha verificato che, considerando la data di commissione del fatto (10/12/2015) e i periodi di sospensione, il termine massimo di prescrizione di sette anni e mezzo era ampiamente decorso alla data della decisione.

Di conseguenza, la Cassazione non ha potuto fare altro che dichiarare l’estinzione del reato e annullare senza rinvio la sentenza impugnata. Questa decisione, pur riconoscendo la correttezza sostanziale dell’operato dei giudici di merito, evidenzia come la durata dei processi possa vanificare l’accertamento delle responsabilità penali, portando a una chiusura del caso per ragioni puramente procedurali.

Chi può commettere il reato di sottrazione di un bene sequestrato?
Secondo la Corte di Cassazione, il reato può essere commesso non solo dal proprietario legale del bene, ma da chiunque si trovi in un rapporto di padronanza o disponibilità materiale con la cosa, come un possessore, un detentore o il custode giudiziario.

Il custode non proprietario di un’auto sequestrata risponde del reato di sottrazione se il bene sparisce?
Sì. La sentenza conferma che anche il custode non proprietario risponde del reato di sottrazione previsto dall’art. 334, comma 1, del codice penale, in quanto la sua posizione di custode gli conferisce la disponibilità materiale del bene e i relativi obblighi di conservazione.

Cosa accade se un reato si prescrive durante il processo in Cassazione?
Se la Corte di Cassazione accerta che il termine di prescrizione è maturato, deve dichiarare l’estinzione del reato e annullare la sentenza di condanna senza rinvio, anche se i motivi di ricorso dell’imputato vengono ritenuti infondati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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