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Reato di rissa: quando si configura secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di rissa aggravata. La Corte ribadisce che per la configurabilità del delitto sono necessarie almeno tre persone e la presenza di più centri di aggressione reciproca. Viene inoltre confermato il diniego delle attenuanti generiche a causa della personalità dell’imputato e dell’assenza di ravvedimento.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di rissa: i requisiti secondo la Cassazione

Il reato di rissa, previsto dall’articolo 588 del codice penale, è una fattispecie che spesso genera dubbi interpretativi. Quando una lite violenta si trasforma in un vero e proprio delitto? Quante persone devono essere coinvolte? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata su questi punti, chiarendo i presupposti necessari per la configurabilità del reato e i limiti del sindacato di legittimità sulla valutazione delle prove.

I Fatti del Caso: La Condanna per Rissa Aggravata

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un uomo, condannato sia in primo grado che in appello per il delitto di rissa aggravata. La Corte d’Appello di Palermo aveva confermato la sentenza del Tribunale, ritenendo provata la sua partecipazione attiva a uno scontro violento che aveva coinvolto altre due persone.
L’imputato ha quindi deciso di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso: Travisamento della Prova e Attenuanti Generiche

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, un presunto travisamento della prova dichiarativa. A suo dire, i giudici di merito avrebbero interpretato erroneamente le testimonianze, giungendo a conclusioni sbagliate sulla sua effettiva partecipazione alla contesa e, di conseguenza, sulla sussistenza stessa del reato di rissa.
In secondo luogo, criticava la decisione della Corte d’Appello di non concedergli le circostanze attenuanti generiche, sostenendo che la motivazione sul punto fosse viziata e illogica.

La Configurazione del Reato di Rissa per la Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile. Sul primo punto, ha chiarito un principio fondamentale del processo penale: il giudizio di legittimità non serve a riesaminare le prove. La Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo verificare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica e priva di vizi evidenti.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano spiegato in modo coerente perché ritenessero provata la rissa, basandosi sulla testimonianza di una persona che aveva visto “tre soggetti che si picchiavano tra di loro” e che si erano “colpiti tra di loro proprio uno contro l’altro”.
La Corte ha colto l’occasione per ribadire i due elementi essenziali del reato di rissa:
1. La partecipazione di almeno tre persone.
2. L’individuazione di più centri di aggressione reciprocamente confliggenti, specificando che ogni centro può essere composto anche da una sola persona.
Questi requisiti erano pienamente soddisfatti nel caso di specie, rendendo la doglianza del ricorrente infondata.

Il Diniego delle Attenuanti e la Valutazione della Personalità

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello sul diniego delle attenuanti generiche del tutto logica. I giudici di merito avevano evidenziato l’assenza di elementi positivi per valutare favorevolmente la personalità dell’imputato, considerando anche l’uso di strumenti contundenti durante la rissa e la mancanza di qualsiasi segno di ravvedimento o collaborazione.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su principi consolidati. In primo luogo, il divieto per il giudice di legittimità di effettuare una nuova valutazione dei fatti, limitandosi a un controllo sulla coerenza logica della motivazione della sentenza impugnata. Il giudice di merito aveva adeguatamente spiegato le ragioni del suo convincimento, basandosi su prove dirette che descrivevano una scena di violenza reciproca tra tre individui, integrando così pienamente gli elementi costitutivi del reato di rissa. In secondo luogo, la valutazione per la concessione delle attenuanti generiche è un giudizio di merito ampiamente discrezionale. La Corte d’Appello ha correttamente esercitato tale discrezionalità, motivando il diniego con elementi concreti come la gravità della condotta, l’uso di oggetti contundenti e l’assenza di pentimento, elementi che impedivano un giudizio favorevole sulla personalità del reo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che il reato di rissa è un delitto a concorso necessario, che richiede la presenza di almeno tre contendenti attivi e l’esistenza di una contrapposizione violenta e reciproca. La decisione sottolinea inoltre l’importanza della motivazione delle sentenze di merito, che, se logica e coerente, non può essere messa in discussione in sede di legittimità attraverso una semplice richiesta di rilettura delle prove. Infine, ribadisce che la concessione delle attenuanti generiche non è un diritto, ma una facoltà del giudice, il quale deve basare la sua decisione su una valutazione complessiva della personalità dell’imputato e delle modalità del fatto.

Quante persone sono necessarie per configurare il reato di rissa?
Secondo la Corte, per la configurabilità del reato di rissa è necessaria la partecipazione di almeno tre persone.

Cosa si intende per ‘più centri di aggressione’ in una rissa?
Significa che deve esserci una contesa con aggressioni reciproche e confliggenti. Non si tratta di un’aggressione unilaterale di un gruppo contro un altro, ma di uno scontro violento in cui diversi soggetti (o gruppi di soggetti) si attaccano a vicenda. Ogni singolo individuo può costituire un centro di aggressione autonomo.

Perché la Corte di Cassazione non ha riesaminato la testimonianza nel dettaglio?
Perché il suo ruolo non è quello di un terzo grado di giudizio sui fatti. La Cassazione si limita a controllare che la motivazione della sentenza impugnata sia logica, completa e non contraddittoria, senza poter entrare nel merito della valutazione delle singole prove, che è compito esclusivo dei giudici di primo e secondo grado.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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