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Reato di rissa: quando non c’è legittima difesa

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di rissa. La Corte ha stabilito che non è possibile invocare la legittima difesa quando si partecipa attivamente a uno scontro, anche se si è stati inizialmente aggrediti. La provocazione reciproca, intrinseca alla rissa, esclude l’applicazione sia della scriminante della legittima difesa sia dell’attenuante della provocazione, confermando la condanna dei giudici di merito.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Rissa: La Cassazione Spiega Perché la Legittima Difesa Non Si Applica

Il reato di rissa è una fattispecie complessa in cui spesso i confini tra aggressore e aggredito si confondono. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 20076/2024) offre importanti chiarimenti sui limiti della legittima difesa e dell’attenuante della provocazione in questo contesto. La Corte ha confermato la condanna di un uomo, stabilendo che chi partecipa attivamente a una contesa non può invocare la scriminante della legittima difesa, anche se inizialmente provocato.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da una violenta lite scoppiata all’interno di un bar e proseguita all’esterno. Un uomo, presente nel locale, veniva aggredito da un gruppo di persone appena entrate. Da questo primo alterco scaturiva una vera e propria rissa che coinvolgeva più soggetti all’esterno del bar, con diversi partecipanti che riportavano lesioni personali.

Le prove, basate su testimonianze e filmati di videosorveglianza, hanno delineato una dinamica in due fasi: una prima contesa all’interno del bar, seguita da uno scontro più ampio all’esterno. L’imputato, pur essendo stato aggredito inizialmente, non si era sottratto allo scontro ma, al contrario, aveva proseguito la contesa, arrivando a impugnare una bottiglia e un cavalletto di legno per scagliarlo contro un avversario.

Analisi dei motivi del ricorso nel reato di rissa

L’imputato aveva presentato ricorso in Cassazione basandosi su quattro motivi principali:

1. Vizi procedurali: Sosteneva la nullità della sentenza d’appello per il mancato rispetto dei termini a comparire e per non aver concesso la trattazione orale richiesta.
2. Violazione di legge e vizio di motivazione sulla legittima difesa: Affermava di aver agito per difendersi da un’aggressione ingiusta, essendo stato sopraffatto all’interno del bar e non avendo possibilità di fuga.
3. Insussistenza dell’aggravante: Contestava la circostanza aggravante delle lesioni, ritenendo le testimonianze inattendibili e contraddittorie.
4. Mancata concessione delle attenuanti: Lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e di quella della provocazione, data la sua incensuratezza e lo stato d’ira seguito all’aggressione subita.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa. Innanzitutto, i presunti vizi procedurali sono stati giudicati tardivi, in quanto avrebbero dovuto essere eccepiti nel giudizio d’appello e non per la prima volta in sede di legittimità.

Nel merito, la Corte ha ribadito un principio fondamentale in materia di reato di rissa: la valutazione dei fatti e dell’attendibilità dei testimoni è di competenza esclusiva dei giudici di merito e non può essere riesaminata in Cassazione, a meno di un vizio di motivazione palese, che in questo caso non sussisteva.

Il punto cruciale della sentenza riguarda la legittima difesa. I giudici hanno chiarito che, sebbene l’imputato fosse stato aggredito all’inizio, la sua reazione è andata ben oltre i limiti di una difesa legittima. Anziché cercare di allontanarsi, ha scelto di proseguire lo scontro, partecipando attivamente alla rissa all’esterno del locale e armandosi con oggetti contundenti. Questo comportamento lo qualifica come “corissante”, ovvero partecipante attivo alla rissa, e non come vittima che si difende.

La Corte ha inoltre specificato che nel reato di rissa la provocazione è intrinsecamente reciproca. Di conseguenza, l’attenuante della provocazione (art. 62 n. 2 c.p.) è normalmente inapplicabile, poiché l’azione offensiva di un gruppo è controbilanciata da quella dell’altro. L’attenuante potrebbe trovare spazio solo in casi eccezionali in cui un gruppo abbia agito con una pretesa “tracotante e illecita” che ha dato il via allo scontro, circostanza non riscontrata nel caso di specie.

Infine, il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto correttamente motivato dalla Corte d’Appello, che ha sottolineato la pervicacia e la pericolosità della condotta aggressiva dell’imputato, avvenuta in un luogo pubblico nelle prime ore del mattino.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: chi accetta la sfida e partecipa attivamente a una rissa non può successivamente invocare la legittima difesa. La natura stessa del reato di rissa implica una pluralità di condotte aggressive reciproche, che neutralizzano la possibilità di considerare una delle parti come semplice vittima che reagisce a un’offesa. Questa decisione sottolinea l’importanza di sottrarsi a uno scontro violento, poiché la partecipazione attiva, anche in reazione a una provocazione, configura la piena responsabilità penale per il reato di rissa.

È possibile invocare la legittima difesa in un reato di rissa?
Generalmente no. La Corte di Cassazione chiarisce che in una rissa la provocazione è reciproca. La legittima difesa non è applicabile se una persona, anche se inizialmente aggredita, prosegue attivamente la contesa e non cerca di sottrarsi allo scontro, diventando a sua volta un partecipante attivo.

Cosa succede se un’eccezione processuale viene sollevata solo in Cassazione?
Secondo la sentenza, se l’eccezione non è stata sollevata nel grado di giudizio precedente (in questo caso, l’appello), essa viene considerata sanata e non può essere fatta valere per la prima volta in Cassazione, risultando quindi tardiva e inammissibile.

L’attenuante della provocazione si applica al reato di rissa?
Di norma, no. La sentenza spiega che l’attenuante della provocazione è inapplicabile al reato di rissa perché la provocazione tra i partecipanti è reciproca e si elide a vicenda. Si potrebbe applicare solo in casi eccezionali in cui un gruppo abbia dato origine allo scontro con una pretesa tracotante e illecita, circostanza non emersa in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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