Reato di Riciclaggio: Come si Prova l’Origine Illecita del Denaro?
La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 15157 del 2024, offre importanti chiarimenti sulla configurabilità del reato di riciclaggio anche quando non sia stato precisamente individuato il reato da cui provengono le somme di denaro. Il caso analizzato dimostra come l’origine illecita possa essere provata attraverso un ragionamento logico basato su una serie di indizi gravi, precisi e concordanti.
I Fatti di Causa
Il caso ha origine da un’ordinanza del Tribunale di Roma, che applicava la misura cautelare degli arresti domiciliari a un soggetto, gravemente indiziato del reato di riciclaggio. L’accusa si fondava sulla consegna di una somma complessiva di quasi 130.000 euro a un cittadino cinese, con lo scopo di trasferire il denaro all’estero eludendo i canali ufficiali.
La difesa dell’indagato aveva presentato istanza al Tribunale del riesame, contestando principalmente due aspetti: la mancata individuazione del reato presupposto da cui derivava il denaro e la carenza di prove concrete. Il Tribunale del riesame, pur accogliendo parzialmente l’istanza e sostituendo gli arresti domiciliari con l’obbligo di dimora, aveva confermato la gravità indiziaria. Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando che il provvedimento non avesse adeguatamente motivato la provenienza illecita delle somme, limitandosi a valorizzare la mera consegna di denaro.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la solidità dell’impianto accusatorio e la correttezza del ragionamento seguito dal Tribunale del riesame. Secondo gli Ermellini, il Tribunale ha correttamente valorizzato una serie di elementi fattuali che, letti congiuntamente, permettevano di desumere in modo logico e coerente la provenienza illecita del denaro.
Le Motivazioni della Sentenza sul reato di riciclaggio
Il cuore della decisione risiede nel metodo utilizzato per provare l’elemento chiave del reato di riciclaggio: l’origine delittuosa dei fondi. La Corte ha spiegato che, sebbene non sia stato identificato uno specifico reato (es. una rapina, un’estorsione, ecc.) commesso dall’indagato, la provenienza illecita del denaro è stata dedotta da un quadro indiziario complessivo e coerente. Gli elementi decisivi sono stati:
1. L’intermediario: Il soggetto cinese destinatario del denaro era già sotto osservazione degli investigatori come collettore di fondi di provenienza delittuosa, legati a traffici di stupefacenti, destinati all’estero.
2. La sproporzione economica: L’indagato non aveva capacità reddituali o lavorative tali da giustificare la disponibilità di una somma così ingente in contanti.
3. Le modalità di trasferimento: L’utilizzo di un sistema clandestino, una vera e propria “centrale di riciclaggio”, sottratto a qualsiasi controllo valutario e bancario, è stato considerato un forte indicatore della volontà di occultare la natura illecita dei fondi.
Il Tribunale, secondo la Cassazione, ha correttamente dedotto da questi fatti che il denaro affidato dall’indagato non poteva che avere un’origine illegale. La condotta dell’indagato, consistente nell’affidare fiduciariamente il denaro a un soggetto noto per tali operazioni, integrava pienamente gli elementi oggettivo e soggettivo del reato di riciclaggio.
La Corte ha inoltre respinto la tesi difensiva della “legittima detenzione” del denaro, definendola del tutto indimostrata e in palese contrasto con i dati fattuali emersi dalle indagini. In assenza di qualsiasi spiegazione alternativa e plausibile fornita dall’indagato, il ragionamento del giudice di merito è stato ritenuto privo di vizi logici.
Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di reato di riciclaggio: la prova della provenienza delittuosa del denaro non richiede necessariamente l’accertamento giudiziale del reato presupposto. Essa può essere desunta logicamente da elementi di fatto che rendano palesemente anomala la detenzione di ingenti somme di denaro, come la sproporzione rispetto al reddito, l’assenza di giustificazioni lecite e l’impiego di canali opachi per la movimentazione dei fondi. La decisione sottolinea come il sistema giudiziario possa contrastare efficacemente le attività di ripulitura del denaro sporco basandosi su un’attenta analisi del contesto e delle modalità operative, anche in assenza di una confessione o della prova diretta del crimine originario.
Per configurare il reato di riciclaggio è necessario provare da quale specifico crimine proviene il denaro?
No, secondo la sentenza non è indispensabile l’individuazione esatta del reato presupposto. La provenienza delittuosa del denaro può essere desunta in modo logico da un insieme di indizi gravi, precisi e concordanti.
Quali elementi possono dimostrare l’origine illecita di una somma di denaro?
La Corte ha valorizzato elementi come: la sproporzione tra la somma di denaro e la capacità reddituale di chi la possiede, l’affidamento dei soldi a intermediari coinvolti in attività criminali e l’utilizzo di sistemi di trasferimento clandestini che eludono i controlli bancari e valutari.
Avere la fedina penale pulita è sufficiente a escludere un’accusa di riciclaggio?
No. Sebbene l’incensuratezza sia un elemento da valutare, non è di per sé sufficiente a giustificare la detenzione di ingenti somme di denaro in assenza di una spiegazione lecita e comprovata, specialmente quando le modalità di gestione di tale denaro sono anomale e sospette.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15157 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15157 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TERMOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 24/10/2023 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma, con l’ordinanza impugnata in questa sede, ha accolto parzialmente l’istanza di riesame avverso l’ordinanza del G.i.p. dello stesso Tribunale che ha applicato a NOME la misura cautelare degli arresti domiciliari, perché gravemente indiziato del reato di riciclaggio di consistenti somme di denaro (per complessivi 129.800 euro) consegnate ad un soggetto cinese ai fini del trasferimento all’estero. Con l’istanza di riesame, si contestava la mancata individuazione del reato presupposto da cui sarebbero derivate le somme di denaro destinate al trasferimento all’estero, oltreché la carenza di concrete e
attuali esigenze di cautela, alla luce della personalità dell’indagato; il Tribunale ha riformato il provvedimento genetico limitatamente al profilo delle esigenze, ritenendo misura adeguata a fronteggiare le esigenze cautelari quella dell’obbligo di dimora nel luogo di residenza dell’indagato.
2. Ha proposto ricorso la difesa dell’indagato deducendo, con unico motivo, violazione di legge, in relazione all’art. 273 cod. proc. pen., nonché vizio della motivazione, con riguardo al profilo della gravità indiziaria; il provvedimento, pur investito della questione concernente il mancato accertamento della fonte delle somme di denaro oggetto della contestazione cautelare, e pur avendo affermato l’assenza di elementi per attribuire quelle somme ad attività illecite commesse dal NOME, così come per individuare la provenienza delle somme da una determinata tipologia di condotte di reato, aveva omesso di specificare quale fosse la provenienza delle somme di denaro senza valutare l’incensuratezza dell’indagato, l’assenza di contiguità con ambienti criminali e l’insufficienza del dato della mera consegna di denaro “che legittimamente deteneva”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il ricorrente reitera le doglianze già formulate davanti al Tribunale del riesame che le ha considerate e superate, con argomenti e valutazioni coerenti con i dati indiziari raccolti e privi di illogicità manifeste.
Il Tribunale, infatti, ha collocato le vicende (incontestate) della consegna di rilevanti somme di denaro da parte del ricorrente, per il consapevole trasferimento all’estero, attraverso l’intermediazione di un soggetto di nazionalità cinese, sotto osservazione degli investigatori perché individuato come collettore di ripetute operazioni di invio a destinatari esteri di somme di provenienza delittuosa e afferenti a traffici di sostanza stupefacenti; dalla considerazione dell’assenza di capacità reddituali e lavorative, tali da giustificare la disponibilità di ingenti somme di denaro, affidate in breve tempo per le operazioni accertate, e del ruolo svolto dal cittadino cinese nell’ambito del trasferimento di denaro attraverso sistemi sottratti ai controlli valutari e bancari (rilevando l’esistenza di “una vera e propria centrale di riciclaggio”), ha coerentemente dedotto la provenienza illecita del denaro affidato dal NOME fiduciariamente, con condotte che integrano l’elemento oggettivo e soggettivo del contestato reato di riciclaggio (pag. 4).
Le censure della difesa tendono a svalutare l’intero apparato argomentativo, finendo per affermare, in modo del tutto indimostrato, la “legittima detenzione”
del denaro da parte del ricorrente, in totale contrasto con i dati fattuali accertati (e in difetto di qualsivoglia indicazione al riguardo fornita dal ricorrente).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 7/2/2024