Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 34320 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 34320 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
Sent. n.1691/2025 sez. R.G.N. 19942/2025 CC – 07/10/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME NOME nato a Foggia il DATA_NASCITA, rappresentato e difeso di fiducia dall’AVV_NOTAIO
avverso la sentenza del 30/10/2024 della Corte di appello di Bari, prima sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610 commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte depositate in data 19/09/2025 dal Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
preso atto che l’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia emessa in data 27/04/2022 dal Tribunale di Foggia che aveva dichiarato
COGNOME NOME responsabile dei reati di cui agli artt. 648bis e 483 cod. pen., con conseguente irrogazione della pena di anni cinque mesi quattro di reclusione ed euro 8.000,00 di multa, previo riconoscimento di attenuanti generiche equivalenti alla recidiva reiterata specifica e infraquinquennale, con interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e legale per la durata della pena.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’i mputato, tramite il difensore di fiducia, prospettando diciannove doglianze, di seguito enunciate, nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Erronea applicazione dell’art. 648 -bis cod. pen ed insussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie: la mera denuncia di smarrimento della carta di circolazione non integra l’elemento tipico del delitto di riciclaggio.
2.2. Carenza degli elementi costitutivi del riciclaggio.
2.3. Errore nella sussunzione del fatto nella fattispecie astratta.
2.4. Violazione del criterio ermeneutico di offensività in concreto.
2.5. Erronea applicazione dei principi in materia di prova del dolo specifico.
2.6. Violazione di principi in materia di accertamento del nesso causale.
2.7. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza.
2.8. Violazione dell’art. 24 Cost. e dei presupposti dell’art. 507 cod. proc. pen .
2.9. Radicale trasformazione del fatto contestato.
2.10. Insanabile contraddittorietà della motivazione.
2.11. Illogicità manifesta nella valutazione della rilevanza probatoria delle dichiarazioni rese da NOME in corso di esame.
2.12. Omessa valutazione degli elementi documentali acquisiti nel corso dell’esame dell’imputato.
2.13. Mancata individuazione del reato presupposto.
2.14. Travalicamento dei limiti interpretativi della fattispecie incriminatrice.
2.15. Insufficiente accertamento del nesso causale tra la condotta e l’evento di ostacolo.
2.16. Violazione dei principi in materia di valutazione della prova indiziaria.
2.17. Travisamento del fatto e illegittima presunzione di responsabilità.
2.18. Violazione del principio di personalità della responsabilità penale.
2.19. Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
L’ impugnazione in esame si palesa caotica, disordinata e prolissa estrinsecandosi nella prospettazione di diciannove doglianze esposte in modo disorganico e non consequenziale, di contenuto anche ripetitivo tra loro, oltre che in gran parte ridondanti, generiche e scarsamente perspicue laddove taluni paragrafi contengono il mero astratto richiamo ai principi che devono governare il processo penale e sono quindi estranei ai canoni di una ragionata censura che deve essere condotta sullo specifico costrutto argomentativo della sentenza impugnata.
Una simile impostazione esula pertanto da un ordinato inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legittimità deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen. ed è assai poco rispondente alla tipologia di un rituale ricorso per cassazione secondo il paradigma del codice di rito ed il pertinente modulo procedurale, funzionale al più efficace disimpegno del controllo di legittimità devoluto a questo giudice, nel pieno rispetto delle precipue finalità istituzionali del relativo sindacato (cfr., ex multis , Sez. F, n. 40256 del 23/08/2016, COGNOME, non mass.).
Non può infatti rientrare fra i compiti del giudice della legittimità la selezione del possibile vizio genericamente denunciato, pena la violazione dell’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.
In fattispecie simili, questa Corte ha già osservato che un’impugnazione così concepita e strutturata, proprio perché rende assai arduo il controllo di legittimità, al di là del nominalistico richiamo all’art. 606, si candida già di per sé all’inammissibilità, proprio per genericità di formulazione, laddove per genericità deve intendersi non solo aspecificità delle doglianze, ma anche tenore confuso e scarsamente perspicuo, che renda particolarmente disagevole la lettura (cfr., Sez. 2 n. 3126 del 29/11/2023, COGNOME, Rv. 285800 – 01; Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, COGNOME, Rv. 276748 – 01; Sez. 2 n. 57737 del 20/09/2018, COGNOME, Rv. 274471 – 01; Sez. 6, n. 57224 del 09/11/2017, COGNOME, Rv. 271725 – 01; Sez. 2, n. 7801 del 19/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259063 – 01).
Nondimeno, si è tentato di enucleare, per ciascuno dei diciannove profili di doglianza, i quattro aspetti essenziali di censura, intendendosi, così, ogni altro rilievo non espressamente considerato, implicitamente disatteso vuoi perché palesemente irrilevante rispetto al thema decidendum , vuoi perché inutilmente reiterativo.
Ragioni di carattere sistematico rendono opportuno esaminare in primo luogo la doglianza di natura processuale con la quale si lamenta la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale con escussione del testimone NOME COGNOME.
Prospetta il ricorrente che l’imputato, nel corso dell’esame dibattimentale, aveva spiegato che la Jeep Renegade targata TARGA_VEICOLO e con carta di circolazione intestata a NOME COGNOME era stata lasciata per la vendita presso la sua società di commercio di auto usate da tale NOME COGNOME il quale, ripresentatosi alcuni giorni dopo per ritirarla, si era accorto della mancanza della carta di circolazione ed aveva preteso che egli sporgesse denuncia di smarrimento, cosa che aveva fatto presso i carabinieri per poi consegnare il relativo verbale allo stesso COGNOME allo scopo di consentirgli di circolare con l’auto.
Tale plausibile e circostanziata versione difensiva – riscontrata con documenti, quali la copia della carta NUMERO_DOCUMENTO di COGNOME e la visura camerale della attività di rivendita auto di cui costui era titolare – avrebbe reso assolutamente necessario e decisivo, sotto il profilo della prova della finalità non riciclatoria della denuncia, un approfondimento istruttorio con l’audizione di quest’ultimo da parte della Corte di appello che, invece, ha ome sso di valutare il portato dichiarativo dell’imputato ed i dati documentali a riscontro, sbrigativamente ‘ liquidato’ in termini di inverosimiglianza.
Il rilievo è manifestamente infondato.
La Corte di appello (pag. 7 della sentenza impugnata) ha reso motivazione congrua ed immune da vizi logici laddove ha affermato che l’esame del teste COGNOME non era necessario ai fini della decisione.
Al riguardo, ha osservato che agli atti vi era la prova certa della non veridicità della versione difensiva resa dall’imputato in dibattimento (con conseguente superfluità di ulteriori approfondimenti istruttori) essendo la stessa non solo intrinsecamente inverosimile ma anche contraddittoria rispetto alla denuncia di furto ove COGNOME aveva riferito circostanze del tutto diverse e cioè che l’auto era intestata a COGNOME e che quest’ultimo (non il COGNOME) gli aveva consegnato i relativi documenti.
Va ricordato che la rinnovazione dell’istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza di quella espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Ricci, Rv. 266820 – 01); il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione al provvedimento pronunciato dal giudice d’appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento, non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire, me deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato, verificando l ‘esistenza e la non manifesta illogicità della motivazione spesa al riguardo (Sez. U, n. 2110 del 23/11/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203764
01; successivamente, Sez. 3 n. 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373 – 01; Sez. 3, n. 34625 del 15/07/2022, COGNOME, Rv. 283522 – 01).
Non consentita e comunque manifestamente infondata è la doglianza secondo cui la sentenza impugnata presenterebbe un insuperabile vulnus argomentativo avendo omesso di verificare la sussistenza del reato presupposto del contestato di riciclaggio.
In primo luogo, il tema in questione non era stato sottoposto alla cognizione della Corte territoriale, sicchè la censura in scrutinio deve ritenersi tardivamente prospettata, non essendo deducibili per la prima volta in sede di legittimità violazioni di legge non precedentemente proposti con i motivi di appello, come stabilito dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
In ogni caso, la Corte di appello (pagg. 6 e 7) si è comunque espressa in ordine alla provenienza delittuosa della vettura oggetto di riciclaggio e sul punto ha richiamato la deposizione dibattimentale del testimone di polizia giudiziaria NOME COGNOME in ordine agli accertamenti di polizia giudiziaria eseguiti su tale mezzo (analisi del numero di motore e diagnostica) da cui era emerso che l ‘auto acquistata da COGNOME NOME era quella originariamente targata TARGA_VEICOLO intestata a NOME COGNOME il quale ne a veva denunciato il furto nell’agosto 2018 .
Con ulteriore censura si prospetta, in generale, l’erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 648 -bis cod. pen. per insussistenza degli elementi costitutivi del reato di riciclaggio contestato al capo 1) di imputazione.
Rileva la difesa ricorrente che a NOME è unicamente imputabile la condotta di falsa denuncia dello smarrimento della carta di circolazione della vettura Jeep Renegade intestata a NOME COGNOME non essendo provata – come affermato dalla stessa Corte di appello (pag. 8 della sentenza) – la riconducibilità allo stesso dell’ottenimento del duplicato di tale documento e dell’operazione di abrasione del numero di telaio originale della vettura provento di furto ai danni di NOME COGNOME, con successiva ripunzonatura di quello appartenente al veicolo intestato a COGNOME.
La falsa denuncia, di per sé sola, non integrerebbe l’elemento materiale tipico del reato di riciclaggio il quale, per la sua configurabilità, richiede la realizzazione di condotte dotate di concreta efficacia dissimulatoria che vanno ben oltre la mera ric ezione o l’occultamento inziale di un bene di provenienza illecita.
La mendace dichiarazione di smarrimento, pur potendo in astratto configurarsi come un atto preparatorio o prodromico al riciclaggio, nel caso di specie non ha avuto alcuna incidenza causale sulla ‘ripulitura’ del veicolo, essa
non è stata, quindi, idonea ad ostacolare l’accertamento della sua provenienza illecita e neppure è sintomatica del dolo specifico del reato.
La doglianza proposta è generica in quanto meramente reiterativa dei motivi di appello, tesa a riproporre in questa sede una non consentita lettura alternativa di merito e priva di reale confronto con la motivazione ampia e logica spesa dalla Corte di appello in punto di giudizio di responsabilità.
La genericità è infatti da intendersi non solo come indeterminatezza delle doglianze proposte, ma anche come mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione la quale, laddove ignora le esplicitazioni del giudice censurato, deve considerarsi priva di specificit à e, come tale, conducente, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilit à .
Va pertanto ribadito il principio ermeneutico affermato da questa Corte secondo il quale è inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l’insindacabilità delle valutazioni di merito , ove, come nel caso di specie, adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico ovvero la carenza o illogicità della motivazione ( ex multis , Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521 – 01; Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutatour, Rv. 277710 – 01; Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, Rovinelli, Rv. 276970 – 01).
La Corte di appello (pag. 7 della sentenza impugnata) ha qualificato la falsa denuncia di smarrimento (unica condotta pacificamente ascrivibile a NOME) quale una delle operazioni idonee ad ostacolare la provenienza delittuosa della vettura Jeep Renagade già targata TARGA_VEICOLO e a ciò causalmente orientata spiegando come essa era stata lo strumento attraverso il quale ottenere il rilascio di una nuova carta di circolazione che, unitamente alla successiva ripunzonatura sull’auto rubata del numero di telaio relativo ad altro analogo veicolo, aveva consentito la reimmissione del veicolo compendio di furto sul mercato tedesco; rispetto a tale condotta, non era rinvenibile in atti altra logica giustificazione, se non quella di realizzare il contestato riciclaggio.
Tale argomentare si reputa congruo e giuridicamente corretto.
È certamente vero che a NOME è unicamente imputabile la condotta di falsa denuncia dello smarrimento della carta di circolazione della vettura Jeep Renegade intestata a COGNOME NOME, non essendo provata – come affermato dalla stessa Corte di appello l’operazione di cancellazione del numero di telaio originale della vettura provento di furto ai danni di NOME COGNOME con successiva ripunzonatura di quello appartenente a COGNOME.
Tuttavia, se si valuta la vicenda nel suo complesso, è evidente come la condotta ascrivibile all’imputato si sia inserita nella catena causale di eventi che hanno determinato la ‘ripulitura’ dell’auto di provenienza furtiva e abbia rappresentato un segmento rilevante dell’operazione di riciclaggio, se non addirittura un contributo indefettibile poiché, in assenza della denuncia di smarrimento, non sarebbe stato possibile ottenere il duplicato della carta di circolazione e la successiva immatricolazione del mezzo in Germania ove era stata rivenduta.
Va ricordato che il riciclaggio è reato a forma libera la cui condotta costitutiva può realizzarsi in forme diverse, purchè caratterizzata da un tipico effetto dissimulatorio e finalizzata ad ostacolare l’accertamento o l’astratta individuabilità dell’origine delittuosa del bene di provenienza delittuosa.
In tal senso, questa Corte ha affermato il principio -ormai consolidato che qui si ribadisce e di cui la sentenza impugnata ha fatto buon governo -secondo cui si configura il riciclaggio ogniqualvolta si pongano in essere operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della provenienza del bene, attraverso un’attività che impedisca il collegamento dello stesso con il proprietario che ne è stato spogliato, ciò in quanto con la norma incriminatrice di cui all’art. 648bis cod. pen. il legislatore ha voluto reprimere sia le attività che si esplicano sul bene trasformandolo o modificandolo parzialmente (ad esempio l’ alterazione del numero di telaio o di targa) sia quelle che, senza incidere sulla cosa ovvero senza alterarne i dati esteriori (quale la falsificazione della carta di circolazione), sono comunque di ostacolo per la ricerca della sua provenienza delittuosa (Sez. 2, n. 29002 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 279703 – 01, in motivazione; Sez. 2, n. 8479 del 11/12/2019, dep. 2020, COGNOME, non mass.; Sez. 2, n. 19480 del 29/03/2019, COGNOME, Rv. 276562 – 01, in motivazione; Sez. 2, n. 39702 del 17/05/2018, COGNOME, Rv. 273899 – 01; Sez. 2, n. 56391 del 23/11/2017, COGNOME, Rv. 271533 – 01; Sez. 2, n. 41740 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265097 – 01; Sez. 2, n. 25940 del 12/02/2013, COGNOME, Rv. 256454 – 01).
6 . E’, infine, manifestamente infondata anche l’ulteriore doglianza con la quale si denunzia la violazione del principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza previsto dall’art. 521 cod. proc. pen.
Diversamente da quanto sostiene la difesa ricorrente, la Corte di appello, nel confermare la condanna per il delitto di riciclaggio, non ha mutato il nucleo essenziale del fatto naturalisticamente inteso che è oggetto di contestazione.
Al contrario, il Collegio di merito ha ritenuto responsabile l’imputato della falsa denuncia di smarrimento della carta di circolazione del veicolo intestato a NOME COGNOME che è proprio una delle condotte materiali espressamente descritte nel
capo di imputazione sub 1) e costituisce una frazione delle operazioni illecite dissimulatorie contestate.
Alla inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente grado di giudizio e al versamento della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e dalla somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 07/10/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME