LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reato di riciclaggio: condanna anche se si ostacola

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per il reato di riciclaggio a carico di un imputato che aveva ricevuto una somma di denaro tramite assegni, derivante da un’operazione commerciale fittizia. Secondo la Corte, per integrare il delitto è sufficiente compiere azioni che rendano difficile l’accertamento della provenienza illecita dei fondi, senza che sia necessaria una dissimulazione totale. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile in quanto riproponeva questioni già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di riciclaggio: la Cassazione conferma la condanna anche se l’occultamento non è totale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 18406/2025, offre importanti chiarimenti sul reato di riciclaggio, stabilendo che per la sua configurazione è sufficiente compiere operazioni che rendano semplicemente più difficile l’accertamento della provenienza illecita del denaro, senza che sia necessario un occultamento completo e definitivo. Analizziamo insieme il caso e le motivazioni dei giudici.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un’operazione commerciale ritenuta fittizia. Un’impresa emetteva una fattura per lavori di smontaggio e ripristino di una struttura metallica, che in realtà erano stati eseguiti da terzi. Il pagamento di tale fattura, pari a quasi 50.000 euro, veniva effettuato dalla società committente.

Successivamente, la società che aveva ricevuto il pagamento emetteva quattro assegni per un importo quasi identico a favore di un terzo soggetto, l’odierno imputato. Tra quest’ultimo e la società emittente non esisteva alcun rapporto commerciale che potesse giustificare tale trasferimento di denaro. L’intera operazione è stata interpretata dagli inquirenti come un meccanismo per “ripulire” il denaro proveniente dal reato presupposto (in questo caso, un reato fiscale legato alla fattura per operazioni inesistenti) e farlo tornare nella disponibilità dell’imprenditore iniziale, grazie al rapporto fiduciario tra quest’ultimo e l’imputato.

L’iter Giudiziario e i Motivi del Ricorso

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano condannato l’imputato per il reato di riciclaggio, ritenendo provata la sua partecipazione consapevole all’operazione di occultamento.

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su diversi motivi:

1. Insufficienza probatoria: La difesa sosteneva che la condanna si fondasse su mere congetture, come l’assenza di rapporti commerciali, e non su prove concrete che superassero ogni ragionevole dubbio.
2. Mancata configurabilità del riciclaggio: Secondo il ricorrente, la semplice ricezione di una somma di denaro non integrava nessuna delle condotte tipiche del riciclaggio (collocazione, dissimulazione, integrazione).
3. Errata applicazione della pena: Si lamentava un errore nel calcolo della pena, che non avrebbe tenuto conto delle disposizioni più favorevoli previste per la ricettazione.

Le Motivazioni della Cassazione e la Definizione del Reato di Riciclaggio

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna. Le motivazioni della Corte sono cruciali per comprendere la portata del reato di riciclaggio.

I giudici hanno innanzitutto sottolineato che le sentenze di primo e secondo grado costituivano una “doppia conforme”, ovvero erano giunte alle medesime conclusioni attraverso un’analisi coerente delle prove. Il ricorso, pertanto, si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già respinte in appello, senza evidenziare vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata.

Nel merito, la Corte ha ribadito un principio fondamentale: per integrare il delitto di cui all’art. 648-bis c.p., non è richiesta una dissimulazione assoluta della provenienza del denaro. Il termine “ostacolare”, utilizzato dal legislatore, implica che sono punibili anche quelle condotte che, pur non impedendo in modo definitivo l’accertamento, lo rendono semplicemente più difficile. L’operazione contestata – un pagamento basato su una fattura fittizia, seguito dal trasferimento quasi totale della somma a un terzo soggetto estraneo tramite assegni – era chiaramente finalizzata a rendere più difficoltoso tracciare il percorso del denaro illecito, consentendone il ritorno al soggetto originario.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un’interpretazione rigorosa del reato di riciclaggio. La Corte Suprema chiarisce che qualsiasi azione che complichi concretamente la tracciabilità di fondi di provenienza illecita può integrare il delitto. Non è necessario che il denaro “sparisca” dai radar delle autorità; è sufficiente che il suo percorso venga reso più tortuoso e di difficile ricostruzione. Questa pronuncia serve da monito per chiunque si presti a fare da “schermo” in operazioni finanziarie poco trasparenti, anche per importi non stratosferici: la consapevolezza di partecipare a un meccanismo volto a ostacolare l’identificazione di capitali illeciti è sufficiente per incorrere in una condanna penale.

Per configurare il reato di riciclaggio è necessario nascondere completamente la provenienza del denaro?
No, secondo la Corte di Cassazione non è necessaria una dissimulazione assoluta. È sufficiente compiere operazioni che siano volte a rendere anche solo difficile l’accertamento della provenienza illecita del denaro, dei beni o delle altre utilità.

La differenza tra l’importo della fattura fittizia e la somma trasferita con assegni è rilevante?
No, nella sentenza in esame la Corte ha ritenuto irrilevante la piccola differenza tra l’importo della fattura falsa (49.800 euro) e quello degli assegni emessi a favore del ricorrente (47.500 euro), considerandola ininfluente ai fini della configurabilità del reato.

Un ricorso in Cassazione è ammissibile se ripropone le stesse doglianze già respinte in appello?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché reiterativo di medesime doglianze già espresse in sede di appello e affrontate in modo preciso e concludente dalla Corte territoriale, risultando quindi aspecifico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati