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Reato di ricettazione: possesso e prova soggettiva

La Corte di Cassazione conferma una condanna per il reato di ricettazione di un ciclomotore, dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato. La sentenza ribadisce che il possesso, anche solo temporaneo, del bene illecito è sufficiente a integrare il reato e che la mancata giustificazione della provenienza del bene costituisce un grave indizio di colpevolezza. Il ricorso è stato respinto in quanto mirava a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Ricettazione: La Cassazione sulla Prova del Possesso e della Colpevolezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 482 del 2024, si è pronunciata su un caso di reato di ricettazione, fornendo chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso in sede di legittimità e sugli elementi necessari a configurare tale delitto. La decisione sottolinea come il possesso, anche solo temporaneo, di un bene di provenienza illecita e la mancata giustificazione della sua origine siano elementi sufficienti per una condanna, respingendo il tentativo dell’imputato di ottenere una nuova valutazione delle prove.

I Fatti del Processo

Un soggetto veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale di Bologna che in secondo grado dalla Corte di Appello per il reato di ricettazione in concorso, ai sensi dell’art. 648 del codice penale. L’accusa riguardava il possesso di un ciclomotore risultato di provenienza delittuosa. La condanna inflitta era di nove mesi di reclusione e 120 euro di multa. Insoddisfatto della decisione dei giudici di merito, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione.

I Motivi del Ricorso e il reato di ricettazione

Il ricorrente basava la sua difesa su un unico motivo, lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’art. 648 c.p. In particolare, la difesa sosteneva due punti principali:

1. Carenza della prova materiale: Non vi era certezza che il ciclomotore fosse stato effettivamente detenuto dall’imputato, dato che il veicolo era stato ritrovato nella disponibilità di un’altra persona giorni dopo i fatti contestati. Secondo il ricorrente, il possesso temporaneo non sarebbe stato idoneo a integrare il reato.
2. Insussistenza dell’elemento soggettivo: La colpevolezza dell’imputato era stata desunta unicamente dalla sua incapacità di fornire una spiegazione plausibile sulle modalità di acquisizione del ciclomotore. Tale argomento, secondo la difesa, era troppo debole per fondare una condanna.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. Gli Ermellini hanno chiarito che le argomentazioni del ricorrente non rappresentavano una critica alla legittimità della sentenza, ma si risolvevano in una contestazione di merito. In altre parole, l’imputato chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove e le risultanze processuali, un’attività preclusa al giudice di legittimità.

La Corte ha specificato che i giudici di appello avevano correttamente confermato la decisione di primo grado, basandosi su una motivazione congrua, logica e priva di vizi evidenti. La valutazione delle prove e la ricostruzione dei fatti sono di competenza esclusiva dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). Il ruolo della Cassazione è solo quello di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia coerente e non palesemente illogica.

Nel merito, la Corte ha implicitamente confermato i principi consolidati sul reato di ricettazione: il possesso, anche di breve durata, di un bene rubato è sufficiente a configurare la condotta materiale del reato. Inoltre, la mancata o inverosimile giustificazione sulla provenienza del bene costituisce un elemento indiziario di particolare gravità da cui desumere l’elemento soggettivo, ovvero la consapevolezza dell’origine illecita del bene.

Le conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema processuale: il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. È ammesso solo per censure relative alla violazione di legge o a vizi logici della motivazione. Per quanto riguarda il reato di ricettazione, la decisione conferma che la responsabilità penale può essere affermata anche sulla base del possesso temporaneo del bene e dell’assenza di una spiegazione credibile sulla sua acquisizione. Chi viene trovato in possesso di un bene di provenienza illecita ha l’onere di fornire una giustificazione plausibile, pena la presunzione della sua malafede.

È sufficiente il possesso temporaneo di un bene per configurare il reato di ricettazione?
Sì, la sentenza conferma che anche il possesso temporaneo della cosa di provenienza illecita è idoneo a integrare la condotta materiale del reato di ricettazione.

Come viene provato l’elemento soggettivo nel reato di ricettazione?
Secondo quanto emerge dalla decisione, l’elemento soggettivo può essere desunto dal fatto che l’imputato non fornisca alcuna indicazione credibile sulle modalità di acquisizione del bene di provenienza delittuosa. Tale omissione è considerata un forte indizio della consapevolezza dell’origine illecita.

È possibile contestare la valutazione delle prove in un ricorso per Cassazione?
No, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché si configurava come una contestazione nel merito della valutazione delle prove, attività riservata ai giudici di primo e secondo grado. Il giudizio di Cassazione è un giudizio di legittimità, non di fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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