Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19851 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19851 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CAPACCIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/09/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITT
Letto il ricorso di NOME COGNOME, lette le conclusioni fatte pervenire dalla parte civile;
Ritenuto che i primi tre motivi di ricorso, con i quali si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità e, in particolare, la sussistenza del reato presupposto e la conoscenza da parte dell’imputato della provenienza illecita degli assegni ricevuti, non sono consentiti in sede di legittimità perché tendono ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice d merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato l ragioni del suo convincimento, richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo cui nell’ipotesi di smarrimento di beni che conservino i segni esteriori di un legittimo possesso altrui, il venir meno della relazione tra la cosa e il suo titolare non implica la cessazione del potere di fatto di quest’ultimo, con la conseguenza che colui che se ne impossessa commette il reato di furto e che l’ulteriore circolazione del bene mediante trasferimento a terzi comporta l’integrazione del reato di ricettazione da parte dei successivi possessori (Sez. II n.4132 del 2019, Rv. 278225);
considerato che esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una ‘rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito (per tutte: Sez. U, n. 6402, del 30/4/1997, Dessimone, Rv. 207944);
che i medesimi motivi di ricorso, con i quali si denuncia la illogicità della motivazione sulla base della diversa lettura dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova, non sono consentiti in sede di legittimità, atteso che alla Corte di cassazione non è demandato il compito di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi, né quella di saggiare la tenuta logica della pronuncia portata alla sua cognizione mediante un raffronto tra l’apparato argomentativo che la sorregge ed eventuali altri modelli di ragionamento mutuati dall’esterno (tra le altre, Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, Jakani, Rv. 216260);
che il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplicitato le ragioni del suo convincimento, affermando che la buona fede dell’imputato deve essere esclusa in considerazione del fatto che questi non è stato in grado di indicare la persona dalla quale ebbe a ricevere i titoli, facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione di responsabilità e dell sussistenza del reato;
che il quarto motivo di ricorso, con il quale si richiede l’applicazione della disciplina di cui all’art. 545-bis cod. proc. pen., è manifestamente infondato nella misura in cui non risulta formulata alcuna istanza di applicazione di pena sostituiva nella fase di appello corredata dal necessario consenso dell’imputato. A tale riguardo, infatti, va ribadito che «In tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell’art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all’applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all’art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell’imputato, da formulare non necessariamente con ratto di gravame o in sede di “motivi nuovi” ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell’udienza di discussione d’appello», (Sez. 4 – , Sentenza n. 4934 del 23/01/2024, COGNOME, Rv. 285751 – 01.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna dellA ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
L’esito del giudizio importa la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile NOME che liquida in complessivi euro duemila, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 6 marco 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presidente