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Reato di ricettazione: Cassazione su assegni smarriti

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19851/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per il reato di ricettazione di assegni. La Corte ha ribadito che l’impossessamento di beni smarriti, che conservano segni di un legittimo possesso altrui, configura il reato di furto, rendendo la successiva circolazione del bene un reato di ricettazione. È stato sottolineato che la Cassazione non può riesaminare i fatti e che l’incapacità dell’imputato di indicare la provenienza dei titoli è un elemento a sfavore della sua presunta buona fede. Inammissibile anche la richiesta di pene sostitutive per un vizio procedurale.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di ricettazione: la Cassazione sugli assegni smarriti

Il reato di ricettazione è una figura delittuosa complessa, che spesso si lega a un crimine avvenuto in precedenza. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 19851/2024) offre spunti cruciali per comprendere i confini di questo reato, specialmente in relazione a beni smarriti, come degli assegni. La Corte ha chiarito che l’impossessamento di un bene smarrito non equivale a un legittimo ritrovamento se l’oggetto conserva evidenti segni del suo proprietario, configurando così il reato di furto, che a sua volta funge da presupposto per la ricettazione.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di ricettazione. L’imputato era stato trovato in possesso di alcuni assegni che erano stati precedentemente smarriti dal legittimo titolare. Nei gradi di merito, i giudici avevano ritenuto provata la sua responsabilità, sottolineando la provenienza illecita dei titoli e la consapevolezza dell’imputato.

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, contestando la decisione su più fronti. Sostanzialmente, la sua difesa mirava a smontare l’impianto accusatorio, negando sia l’esistenza del reato presupposto (il furto degli assegni) sia la propria consapevolezza dell’origine illecita dei titoli.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Cassazione

Il ricorrente ha basato la sua difesa su quattro motivi principali:
1. Errata valutazione dei fatti: Si contestava la correttezza della motivazione con cui i giudici avevano dichiarato la sua responsabilità.
2. Insussistenza del reato presupposto: La difesa sosteneva che lo smarrimento non potesse essere equiparato al furto.
3. Mancanza di dolo: L’imputato affermava la propria buona fede, negando di essere a conoscenza della provenienza illecita degli assegni.
4. Mancata applicazione delle pene sostitutive: Si richiedeva l’applicazione delle nuove pene alternative alla detenzione, introdotte dalla Riforma Cartabia.

La Corte di Cassazione ha subito chiarito i limiti del proprio intervento: non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti. Il suo compito è quello di verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione (giudizio di legittimità).

La Configurazione del Reato di Ricettazione per Beni Smarriti

La Corte ha dichiarato i primi tre motivi di ricorso inammissibili. Ha stabilito che il giudice di merito aveva correttamente applicato i principi giuridici consolidati. In particolare, ha richiamato la giurisprudenza secondo cui, quando un bene smarrito conserva i segni esteriori di un legittimo possesso (come un assegno con un nome), il venir meno della relazione fisica tra la cosa e il suo titolare non estingue il potere di fatto di quest’ultimo.

Di conseguenza, chi si impossessa di tale bene commette il reato di furto. L’ulteriore circolazione del bene, tramite trasferimento a terzi, integra il reato di ricettazione per chi lo riceve, a condizione che sia consapevole della sua origine delittuosa. La buona fede dell’imputato, secondo la Corte, era stata logicamente esclusa dal giudice di merito, soprattutto perché l’imputato non era stato in grado di indicare la persona da cui aveva ricevuto i titoli, un’omissione che mina la credibilità della sua versione.

La Procedura per le Pene Sostitutive

Anche il quarto motivo, relativo alle pene sostitutive, è stato respinto come manifestamente infondato. La Corte ha ricordato che, secondo la disciplina transitoria della Riforma Cartabia, per ottenere le nuove sanzioni in appello è necessaria una richiesta specifica da parte dell’imputato, corredata dal suo consenso. Tale richiesta deve essere presentata al più tardi durante l’udienza di discussione. Nel caso di specie, questa istanza non era stata formulata correttamente, rendendo impossibile per il giudice d’appello pronunciarsi in merito.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano su due pilastri: il rispetto dei limiti del giudizio di legittimità e il rigore procedurale. La Cassazione ha ribadito di non avere il potere di effettuare una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito. Tentare di proporre una diversa ricostruzione storica o una diversa valutazione delle prove in sede di Cassazione è un’operazione non consentita.

La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata esente da vizi logici e giuridici. Il convincimento del giudice di merito si basava su argomenti corretti, come l’applicazione del principio secondo cui l’incapacità di giustificare la provenienza di un bene costituisce un forte indizio della consapevolezza della sua origine illecita. Sul piano procedurale, la decisione sull’inammissibilità della richiesta di pene sostitutive riafferma l’importanza del rispetto delle forme e dei tempi previsti dalla legge per far valere i propri diritti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame offre due importanti lezioni. La prima è di natura sostanziale: chi riceve un bene, specialmente un titolo di credito, ha l’onere di accertarsi della sua lecita provenienza, poiché l’impossibilità di fornire spiegazioni plausibili può essere interpretata come un indicatore del dolo di ricettazione. Lo smarrimento non cancella il diritto di proprietà e l’appropriazione di un bene smarrito ma riconducibile al suo titolare costituisce furto. La seconda è di natura processuale: le riforme legislative, come quella ‘Cartabia’, introducono nuove opportunità ma anche precisi oneri procedurali. La mancata osservanza di questi ultimi può precludere l’accesso a benefici anche significativi.

Ricevere un assegno smarrito da altri può configurare il reato di ricettazione?
Sì. Secondo la Corte, se l’assegno smarrito conserva segni esteriori che riconducono al legittimo possessore, chi se ne impossessa commette furto. Di conseguenza, chi successivamente riceve tale assegno, essendo consapevole della sua provenienza illecita, commette il reato di ricettazione.

È possibile contestare la ricostruzione dei fatti di un processo davanti alla Corte di Cassazione?
No, non è possibile. La Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è quello di ricostruire i fatti o di valutare diversamente le prove, ma solo di verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza non sia illogica o contraddittoria.

Per richiedere l’applicazione delle pene sostitutive in appello è sufficiente un motivo generico nel ricorso?
No. La Corte ha chiarito che, ai sensi della disciplina transitoria della Riforma Cartabia, è necessaria una richiesta specifica da parte dell’imputato, corredata dal suo consenso, da formulare al più tardi nel corso dell’udienza di discussione d’appello. La mancanza di tale istanza formale impedisce al giudice di pronunciarsi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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