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Reato di reingresso illegale: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un cittadino straniero condannato per il reato di reingresso illegale nel territorio nazionale. L’ordinanza sottolinea che i motivi di ricorso non possono limitarsi a contestare valutazioni di fatto già esaminate nei gradi di merito, ma devono sollevare questioni di legittimità. La condanna e il pagamento di una sanzione pecuniaria sono stati confermati.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Reingresso Illegale: La Cassazione e i Limiti del Ricorso

L’ordinanza in esame offre importanti chiarimenti sui limiti del ricorso per Cassazione in materia di reato di reingresso illegale. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile l’appello di un cittadino straniero, confermando la condanna e ribadendo principi fondamentali sulla distinzione tra questioni di fatto e vizi di legittimità. Analizziamo la decisione per comprendere meglio le sue implicazioni.

I Fatti del Caso: Rientro in Italia Nonostante l’Espulsione

Un cittadino straniero era stato condannato in primo e secondo grado per il reato previsto dall’art. 13, comma 13-bis, del D.Lgs. 286/1998. L’accusa era di essere rientrato nel territorio italiano senza la speciale autorizzazione del Ministero dell’Interno, prima che fossero trascorsi cinque anni da un precedente decreto di espulsione. La pena inflitta era di otto mesi di reclusione.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione tramite il suo difensore, articolando tre distinti motivi di doglianza.

I Motivi del Ricorso e il Reato di Reingresso Illegale

La difesa ha basato il ricorso su tre argomenti principali:

1. Insussistenza dell’elemento soggettivo: Si contestava la presenza della volontà colpevole di commettere il reato.
2. Mancata applicazione della causa di non punibilità: Si richiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. per particolare tenuità del fatto.
3. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si lamentava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche in misura prevalente sull’aggravante contestata.

La Corte di Cassazione ha ritenuto tutti i motivi manifestamente infondati o generici, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La decisione della Corte si fonda su una rigorosa applicazione dei principi che regolano il giudizio di legittimità. Vediamo in dettaglio perché ciascun motivo è stato respinto.

Il primo motivo, relativo all’elemento soggettivo, è stato considerato una critica di mero fatto. La Cassazione ha chiarito che non può riesaminare le prove e le circostanze già valutate dai giudici di merito. Il ricorso era una semplice riproposizione di argomenti già adeguatamente respinti dalla Corte d’Appello, senza evidenziare un vero vizio di legge.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile in quanto reiterativo. La Corte territoriale aveva già spiegato in modo convincente perché il fatto non potesse essere considerato di “particolare tenuità”. Le motivazioni includevano le modalità del reingresso, considerate indicative di un certo allarme sociale, e la non abitualità del comportamento, smentita dai rilievi dattiloscopici che avevano collegato l’imputato a diversi alias e a tre precedenti condanne per violazioni della stessa normativa sull’immigrazione.

Infine, il terzo motivo sul bilanciamento delle circostanze è stato ritenuto manifestamente infondato. La valutazione delle attenuanti e delle aggravanti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se tale potere è stato esercitato in modo illogico o contraddittorio, cosa che non è avvenuta nel caso di specie. Il giudice non è tenuto a esaminare analiticamente ogni singolo parametro dell’art. 133 c.p., ma a fornire una motivazione coerente nel suo complesso.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Per avere successo, un ricorso deve evidenziare specifici vizi di legittimità, come un’errata applicazione della legge o una motivazione manifestamente illogica o assente. Proporre censure generiche, ripetitive o che mirano a una nuova valutazione dei fatti porta inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità. Tale esito comporta non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo per il ricorrente di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende, come avvenuto in questo caso con una condanna al pagamento di tremila euro.

È possibile contestare in Cassazione la valutazione sulla sussistenza dell’intenzione di commettere il reato di reingresso illegale?
No, secondo questa ordinanza, se la critica si risolve in una mera doglianza di fatto, già valutata dai giudici di merito, non è ammissibile in sede di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Perché non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte territoriale l’ha esclusa a causa delle modalità del reingresso, ritenute tali da generare particolare allarme sociale, e della non occasionalità del comportamento, provata da almeno tre condanne precedenti per violazioni della stessa normativa sull’immigrazione.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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