Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7463 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7463 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il 27/05/1999
avverso l’ordinanza del 12/09/2024 del TRIBUNALE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
GLYPH Con ordinanza del 12 settembre (depositata il 27 settembre) 2024, il Tribunale di Roma – Sezione per il riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero, applicava a COGNOME Michele la misura dell’obbligo di presentazione ogni giorno dalle 16.00 alle 18.00 presso la PG territorialmente competente, qualificando la condotta ascritta a COGNOME come integrante il reato di cui all’art. 628 comma 1 e 3 n. 1 cod. pen.
1.1 Avverso l’ordinanza ricorre per cassazione il difensore di COGNOME, lamentando che a fronte di una azione criminosa palesemente frazionata in due parti, la medesima era stata ricomposta in unicità di reato: la visone del filmato di videosorveglianza portava ad individuare una netta cesura, non solo sotto il profilo temporale ma anche fattuale, tra il tentativo maldestro e quasi “incredibile” anche per la persona offesa di impossessarsi del registratore di cassa e il successivo impossessamento di una scatola di caramelle da parte di COGNOME, condotta del tutto estemporanea, compiuta repentinamente mentre usciva dal negozio; la seconda parte dell’azione non poteva considerarsi come la prosecuzione dell’azione precedente, che aveva visto l’indagato minacciare la persona offesa al fine di asportare il registratore di cassa, desistendo alla semplice visione di un bastone afferrato da quest’ultima; vi era stata quindi una desistenza dalla prima azione e la seconda non poteva qualificarsi come rapina.
1.2 Il difensore eccepisce la mancanza delle esigenze cautelari, visto che l’ordinanza impugnata non forniva alcun reale elemento da cui desumere che il pericolo di recidiva potesse essere considerato concreto ed attuale, e che era stata sovrastimata la lettura dei titoli di reato riportati, in luogo di un valutazione approfondita e complessiva dei fatti effettivamente accertati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile
1.1 Si deve precisare che la insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen., è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti nè l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 1, sent. n. 1769 del 23/3/95, COGNOME, Rv. 201177), sicché, ove
venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso probatorio degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, sent. n. 22500 del 3/05/2007, Terranova, Rv. 237012; si cfr. altresì Sez. U. sent. n. 11 del 21/04/1995, Costantino ed altro, Rv. 202001).
Nel caso in esame, l’ordinanza impugnata ha dato atto, alle pagine 2 e 3, degli elementi in base ai quali sono stati ritenuti sussistenti gli indizi relativi al commissione del reato di rapina, ritenendo che l’azione sia stata unitaria e che non vi era stato un significativo iato temporale tra la condotta volta ad ottenere il denaro contenuto nella cassa e quella consistita nell’impossessamento delle caramelle, per cui la condotta minacciosa era da considerare unitaria.
1.2 Quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale ha evidenziato il fatto che la minaccia era stata commessa con armi (il coltello) e i precedenti dell’indagato, concludendo quindi per la sussistenza delle stesse con motivazione logica e congruente con le risultanze processuali.
Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 19/12/2024