Reato di Rapina: Non Serve Simultaneità tra Furto e Violenza
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale nella definizione del reato di rapina: la violenza o la minaccia non devono necessariamente essere contemporanee alla sottrazione del bene. Questo chiarimento è fondamentale per comprendere i confini di uno dei reati contro il patrimonio più gravi e offre una guida preziosa per l’interpretazione della norma. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.
Il Caso in Esame: Un Ricorso per Illogicità della Motivazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato in Corte d’Appello per il delitto di tentata rapina. L’imputato contestava la sentenza, sostenendo che la motivazione fosse illogica e contraddittoria. Secondo la difesa, mancavano i presupposti per qualificare il fatto come rapina, probabilmente puntando proprio sulla sequenza temporale degli eventi.
Il ricorso è stato però giudicato dalla Suprema Corte come ‘manifestamente infondato’, aprendo la strada a una precisa analisi dei limiti del sindacato di legittimità e della struttura del reato contestato.
I Limiti del Giudizio di Cassazione
Prima di entrare nel merito della questione, la Corte ha ricordato la propria funzione. Il giudizio di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono riesaminare le prove e i fatti. Il suo compito, come stabilito dall’art. 606 del codice di procedura penale, è quello di verificare la correttezza giuridica e la logicità della motivazione della sentenza impugnata.
Come ribadito dalla giurisprudenza consolidata (sentenza Petrella delle Sezioni Unite), il controllo della Corte si limita a riscontrare l’esistenza di un ‘logico apparato argomentativo’, senza poter entrare nel merito della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali. Un ricorso che, di fatto, chiede una nuova valutazione delle prove è destinato all’inammissibilità.
La Configurazione del Reato di Rapina Secondo la Cassazione
Il punto centrale dell’ordinanza riguarda la corretta interpretazione del reato di rapina. La Corte ha affermato che la motivazione della sentenza d’appello era pienamente compatibile con la giurisprudenza di legittimità.
L’Unitarietà dell’Azione come Elemento Chiave
Il principio fondamentale è che, per la configurazione della rapina, non è richiesta la contestualità temporale tra la sottrazione del bene e l’uso della violenza o della minaccia. Ciò che conta è che le due diverse attività (sottrazione e violenza) siano legate da un nesso funzionale e avvengano in un arco di tempo tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione.
In altre parole, la violenza è considerata parte della rapina anche quando è successiva al furto, se è finalizzata a uno di questi due scopi:
1. Impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte.
2. Assicurare a sé stessi o ad altri l’impunità.
Questa interpretazione garantisce che l’intera condotta delittuosa, pur articolata in più fasi, venga considerata come un unico reato complesso.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato. Le censure mosse dall’imputato non evidenziavano un’illogicità manifesta o una contraddizione interna alla motivazione della sentenza d’appello, ma miravano a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione della Corte d’Appello è stata ritenuta logicamente coerente e in linea con i principi consolidati sul reato di rapina, in particolare per quanto riguarda la non necessità di una perfetta coincidenza temporale tra l’impossessamento del bene e l’azione violenta.
Le conclusioni
Con questa ordinanza, la Suprema Corte rafforza un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. La decisione ha l’effetto pratico di confermare la condanna dell’imputato e di stabilire che il focus, nell’analisi del reato di rapina, deve essere posto sull’unitarietà e sulla finalità dell’azione criminosa nel suo complesso, piuttosto che sulla mera sequenza cronologica degli eventi. L’imputato è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Per configurare il reato di rapina, la violenza deve essere contemporanea al furto?
No, secondo la Corte di Cassazione non è richiesta la contestualità temporale. È sufficiente che tra la sottrazione della cosa e l’uso della violenza o minaccia intercorra un arco temporale che non interrompa l’unitarietà dell’azione.
Qual è lo scopo della violenza o minaccia successiva al furto nel reato di rapina?
La violenza o minaccia successiva deve essere finalizzata a impedire alla persona derubata di tornare in possesso dei beni sottratti, oppure ad assicurare al colpevole o ad altri l’impunità.
La Corte di Cassazione può riesaminare i fatti di un processo?
No, l’indagine di legittimità della Corte di Cassazione è circoscritta. Il suo compito è riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo nella sentenza impugnata, senza poter verificare la rispondenza della motivazione alle prove processuali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9016 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9016 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 25/07/1977
avverso la sentenza del 01/10/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 56 e 628 cod. pen. denunciando l’illogicità della motivazione, è manifestamente infondato poiché il vizio censurabile a norma dell’art. 606, comma 1, lett e) cod. proc. pen., è quello che emerge dal contrasto dello sviluppo argomentativo della sentenza con le massime di esperienza o con le altre affermazioni contenute nel provvedimento;
che, invero, l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003, COGNOME, Rv. 226074);
che la motivazione della sentenza impugnata (si veda pag. 3 della sentenza impugnata) non presenta alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 2, lett. e) cod. proc. pen. risultando, inoltre, pienamente compatibile con il dato normativo e la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui per la configurazione del reato di rapina, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità (Sez. 7, Ord. n. del 29/05/2018, Rv. 273617 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al pagamento della somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Roma, 18/02/2025
Il consigliere est.
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