Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27178 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27178 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a THIENE il 01/03/2001
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di TRENTO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Trento, in esito a giudizio abbreviato, parzialmente riformando (solo in ordine al trattamento sanzionatorio) la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Trento, emessa il 17 ottobre 2023, ha confermato la responsabilità del ricorrente in ordine a tre reati di rapina commessi il 17 e 19 giugno 2022 nei confronti di giovani vittime alle quali, con violenza e minaccia, aveva sottratto collanine ed un monopattino.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME deducendo:
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei reati di rapina.
La Corte non avrebbe adeguatamente valutato l’idoneità della minaccia o violenza commessa nei singoli episodi ai fini della integrazione dei delitti contestati, essendosi evidenziata, al più, una violenza sulla cosa e non sulla persona, sicché le condotte avrebbero dovuto essere qualificate in termini di furto.
Con particolare riferimento all’episodio di cui al capo 1 della imputazione, il ricorrente si sarebbe limitato a strappare dal collo della vittima la collanina, mentre quest’ultima era in compagnia di tre soggetti, al contrario dell’imputato che era solo e che si trovava in condizioni psico-fisiche precarie.
La condotta compiuta dal ricorrente non avrebbe generato alcun timore nella persona offesa, essendosi il ricorrente lasciato andare solo a sproloqui.
In ordine all’episodio di cui al capo 2 della imputazione, anche in questo caso il ricorrente si sarebbe limitato a strappare la collanina dal collo della vittima, senza commettere alcuna violenza diretta alla persona; egli non avrebbe esercitato una idonea minaccia, essendo sempre in condizioni fisiche precarie e da solo al cospetto di tre persone.
Con riguardo al terzo episodio di cui al capo 3, non vi sarebbe stata né violenza né minaccia idonee ad integrare una rapina, quanto, piuttosto, un urto involontario contro la persona offesa, commesso senza l’intenzione di appropriarsi del monopattino.
Quanto alle circostanze aggravanti, rimarcando il proprio interesse all’esclusione di esse ai fini della determinazione della pena anche a seguito del giudizio di bilanciamento con le aggravanti nel senso della equivalenza, il ricorrente censura la ritenuta sussistenza dell’aggravante della minorata difesa contestata con riguardo al capo 1, stante che la vittima era in compagnia di amici, sicché la possibilità di reazione non sarebbe stata ostacolata dall’essersi il fatto verificato in orario notturno, peraltro in zona illuminata e frequentata.
La Corte, sul punto, avrebbe richiamato massime di esperienza non oggettivabili, da considerare mere congetture, quali l’età del ricorrente maggiore di quella delle vittime e l’attitudine della minaccia tuttavia proveniente da soggetto in condizioni di disagio psico-fisico;
2) vizio della motivazione quanto al giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee nel senso della loro equivalenza anziché in quello della prevalenza delle attenuanti generiche e di quella del risarcimento del danno patito dalle vittime, anche in considerazione del fatto che le condizioni psichiche del ricorrente, attestate dalla perizia disposta in giudizio, avrebbero dovuto portare alla esclusione della recidiva.
La Corte avrebbe trascurato le doglianze contenute nell’atto di appello, limitandosi a richiamare la motivazione della sentenza di primo grado.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto con motivi in parte generici e, comunque, manifestamente infondati.
In ordine al primo motivo, solo superficialmente il ricorrente sostiene l’insussistenza della violenza o della minaccia idonee ad integrare i reati di rapina contestatigli.
La Corte di appello, sul punto, conformemente alla ricostruzione del giudice di primo grado, ha sottolineato, quanto al reato di cui al capo 1, che, secondo il resoconto della persona offesa ritenuto attendibile, l’imputato minacciò la vittima con un fare intimidatorio ed anche mimando il possesso di un’arma attraverso l’atto di infilare la mano all’interno della tasca dei pantaloni, condotta non casuale ed insignificante in quanto ripetuta anche in occasione del fatto contestato al capo 2, laddove tale atteggiamento venne accompagnato da minacce esplicite di morte nei confronti della persona offesa per ottenere la collanina che l’imputato le strappò dal collo.
Quanto al fatto di cui al capo 3, la sentenza di primo grado, richiamata da quella di appello, aveva precisato che il ricorrente fece intenzionalmente cadere la persona offesa dal monopattino sul quale costei si trovava al precipuo scopo di impadronirsene.
In tutte e tre le circostanze, pertanto, si era avuta una violenza fisica od una minaccia idonee ad integrare i reati di rapina siccome contestati, con superamento di ogni altra obiezione o dubbio difensivi.
2. Quanto al secondo motivo, deve rilevarsi, con priorità logica, che l’esclusione della recidiva era stata invocata con l’atto di appello in forma del tutto generica, attraverso il mero ed eccentrico richiamo – nonostante la commissione di ben tre rapine in tempi ristretti – alle risultanze di un accertamento peritale disposto nel giudizio di primo grado, laddove, al contrario, oltre ad essere stata acclarata la piena capacità di intendere e di volere dell’imputato, era stata rimarcata anche la sua accentuata dinamicità antisociale, frutto di un substrato personologico non transitorio.
Ne consegue che la motivazione della sentenza impugnata, quanto a tale motivo di appello, non è sindacabile.
La costante giurisprudenza di legittimità ritiene che la manifesta infondatezza della richiesta difensiva, ovvero la sua genericità, impedisce di ritenere viziata per mancanza di motivazione la sentenza impugnata e di procedere al suo annullamento (tra le tante, Sez.5, n. 27202 del 11/12/2012, COGNOME).
2.1. In ordine al giudizio di bilanciamento tra circostanze eterogenee, deve rilevarsi che il ricorrente ha già beneficiato, con la sentenza di primo grado, del
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di quella dell’avvenuto risarcimento del danno, poste in regime di equivalenza con la recidiva, contestata
in forma specifica, reiterata ed infraquinquennale.
Ne consegue che, ai fini del trattamento sanzionatorio, l’imputato, per effetto della disposizione di cui all’art. 69, quarto comma, cod.pen., non potrebbe
ottenere un migliore trattamento sanzionatorio attraverso un più favorevole giudizio di bilanciamento, anche laddove venisse esclusa una ulteriore
circostanza aggravante; il che rende la censura manifestamente infondata e finanche non assistita da concreto ed attuale interesse.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso, il 15/05/2025.