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Reato di pericolo e merce contraffatta: la Cassazione

Un soggetto condannato per vendita di merce contraffatta e ricettazione ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo un vizio di notifica e che la falsificazione fosse troppo evidente per costituire reato. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo che la vendita di prodotti falsi è un reato di pericolo che tutela la fede pubblica, indipendentemente dalla possibilità di ingannare l’acquirente. L’eccezione procedurale è stata inoltre respinta perché sollevata tardivamente.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Pericolo: Vendere Falsi è Reato Anche se la Contraffazione è Evidente

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui reati di vendita di prodotti contraffatti e ricettazione, offrendo chiarimenti cruciali sul concetto di reato di pericolo. La pronuncia sottolinea come la tutela della fede pubblica prevalga sulla potenziale ingenuità dell’acquirente, rendendo penalmente rilevante la detenzione di merce falsa anche quando la contraffazione è palese. Questo principio ha implicazioni significative per chiunque operi nel commercio e per la tutela dei marchi.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dalla condanna di un individuo, emessa prima dal Tribunale e poi confermata dalla Corte d’appello, per i reati di cui agli articoli 474 (introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) e 648 (ricettazione) del codice penale. L’imputato, ritenuto responsabile della detenzione a fini di vendita di prodotti con marchi contraffatti, ha proposto ricorso per cassazione affidandosi a diverse argomentazioni.

La difesa ha lamentato in primo luogo una violazione procedurale, sostenendo che il decreto di citazione per il giudizio d’appello non fosse stato notificato correttamente. Nel merito, ha contestato la configurabilità stessa dei reati, argomentando che:
1. La contraffazione era “grossolana”, ovvero così evidente da non poter ingannare nessuno, escludendo così il reato ex art. 474 c.p.
2. Il reato di ricettazione avrebbe dovuto essere derubricato nella più lieve ipotesi di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.).
3. Era stato ingiustamente negato il beneficio della non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

L’Analisi della Corte: il Reato di Pericolo e i Vizi Procedurali

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa con motivazioni nette e conformi al suo consolidato orientamento giurisprudenziale.

La Questione Procedurale: la Nullità della Notifica

In merito al presunto vizio di notifica, i giudici hanno chiarito che l’irregolarità dedotta non integra una nullità assoluta, ma una cosiddetta “nullità a regime intermedio”. Questo tipo di vizio deve essere eccepito tempestivamente, ovvero nel corso del giudizio in cui si è verificato. Poiché il difensore dell’imputato era presente all’udienza d’appello e non ha sollevato la questione in quella sede, il diritto a far valere tale vizio è decaduto. La Corte ha quindi affermato il principio della “indeducibilità” della questione in sede di legittimità.

La Configurazione del Reato di Pericolo

Il punto centrale della decisione riguarda la natura del reato di cui all’art. 474 c.p. La Cassazione ha ribadito che questo reato non tutela la libera determinazione dell’acquirente, ma un bene giuridico superiore: la fede pubblica. La norma mira a proteggere la fiducia dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi che identificano i prodotti industriali.

Di conseguenza, si tratta di un reato di pericolo, la cui configurabilità non richiede che l’inganno si realizzi effettivamente. La semplice detenzione per la vendita di prodotti falsi è sufficiente a creare un pericolo per la fede pubblica, a prescindere dal fatto che la contraffazione sia palese o che le condizioni di vendita possano far dubitare l’acquirente. L’ipotesi del “falso grossolano” non è quindi idonea a escludere la punibilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto manifestamente infondati i motivi di ricorso relativi al merito della vicenda. Per quanto riguarda la ricettazione, è stato confermato che la prova dell’elemento soggettivo (il dolo) può essere desunta anche da elementi indiretti, come l’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della merce. Tale comportamento, infatti, è logicamente interpretabile come una volontà di occultare un acquisto avvenuto in malafede, integrando così il reato di cui all’art. 648 c.p. e non la semplice contravvenzione dell’acquisto incauto.

Infine, anche la doglianza sul mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto è stata respinta. La Corte ha evidenziato che la valutazione sul punto è riservata al giudice di merito e, se sorretta da una motivazione congrua e logica, come nel caso di specie, non può essere riesaminata in sede di legittimità. La Cassazione non può procedere a una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, ma solo verificare la correttezza giuridica del ragionamento seguito dai giudici dei gradi precedenti.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida due importanti principi giuridici. In ambito processuale, ribadisce la necessità di eccepire tempestivamente le nullità non assolute, pena la decadenza. Nel diritto penale sostanziale, rafforza la tutela accordata alla fede pubblica, chiarendo che il reato di commercio di prodotti contraffatti è un reato di pericolo che non ammette scusanti basate sulla presunta evidenza della falsificazione. La decisione serve da monito: la circolazione di merce falsa è sempre e comunque un’offesa all’ordinamento, perché mina la fiducia collettiva nei segni distintivi, un pilastro del sistema economico e commerciale.

Vendere un prodotto con un marchio palesemente falso è reato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, il reato di commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) è un reato di pericolo che tutela la fede pubblica. Pertanto, è irrilevante che la contraffazione sia “grossolana” o facilmente riconoscibile, poiché la condotta è punita per il solo fatto di mettere in circolazione prodotti non autentici, minando la fiducia del pubblico nei marchi.

Quando va contestata un’irregolarità nella notifica di un atto giudiziario?
Un’irregolarità nella notifica che non costituisce una nullità assoluta deve essere eccepita tempestivamente nel corso dello stesso grado di giudizio in cui si è verificata. Se il difensore è presente all’udienza e non solleva la questione, il diritto a far valere il vizio decade e la questione non potrà essere riproposta per la prima volta in Cassazione.

Come si prova l’intenzione nel reato di ricettazione?
La prova dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione (cioè la consapevolezza della provenienza illecita della merce) può essere raggiunta anche in via indiretta. La mancata o non attendibile indicazione della provenienza della cosa da parte dell’imputato è considerata un forte indizio della sua volontà di occultare un acquisto in mala fede, sufficiente a integrare la prova del dolo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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