Reato di Oltraggio: Quando Basta la Potenzialità dell’Offesa
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, n. 6155 del 2024, offre un importante chiarimento sui requisiti necessari per la configurazione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La decisione sottolinea come, ai fini della sussistenza del delitto, non sia necessario che le espressioni offensive vengano effettivamente percepite da terze persone, essendo sufficiente la loro mera potenzialità di essere udite. Questo principio mira a tutelare non solo l’onore del singolo funzionario, ma anche il prestigio e il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un cittadino avverso una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva ritenuto responsabile per il reato di oltraggio a un pubblico ufficiale. Il ricorrente, nel suo unico motivo di ricorso, sosteneva che mancasse uno degli elementi costitutivi del reato, ovvero che le frasi offensive fossero state effettivamente udite da più persone presenti al momento del fatto. La difesa puntava quindi sull’assenza della percezione diretta dell’offesa da parte di terzi come condizione necessaria per escludere la rilevanza penale della condotta.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Reato di Oltraggio
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno rigettato la tesi difensiva, ribadendo un principio di diritto già consolidato in giurisprudenza. La Corte ha inoltre evidenziato un vizio procedurale nel ricorso: la questione della presenza o meno di più persone, essendo un accertamento di fatto, avrebbe dovuto essere sollevata nei precedenti gradi di giudizio e non per la prima volta in sede di legittimità.
Le Motivazioni della Sentenza
Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’elemento oggettivo del reato di oltraggio. Le motivazioni della Corte si articolano su due punti principali.
L’Elemento della “Presenza di Più Persone” nel Reato di Oltraggio
La Corte di Cassazione ha chiarito che, per integrare il delitto, non è richiesto che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale siano state concretamente udite dai presenti. È invece sufficiente che queste potessero esserlo. La ratio della norma, spiegano i giudici, è quella di proteggere il pubblico ufficiale da un “aggravio psicologico” che può compromettere la sua prestazione e disturbare l’esercizio delle sue funzioni. Il solo fatto di essere esposto a offese in un contesto pubblico, con il rischio che altri possano sentire, crea condizioni di lavoro avverse e mina l’autorevolezza della funzione pubblica. La potenzialità dell’ascolto è, di per sé, sufficiente a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma.
Questioni Nuove in Cassazione e Profili Civili
Dal punto di vista processuale, la Corte ha rilevato che la questione sulla presenza effettiva di più persone non era stata sollevata con i motivi d’appello. Poiché tale verifica richiede un accertamento dei fatti, non può essere dedotta per la prima volta in Cassazione, sede deputata al solo controllo di legittimità. Infine, la Corte ha confermato la validità delle statuizioni civili. Nonostante l’eventuale prescrizione del reato, la responsabilità per il danno causato (responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c.) era stata oggetto di una valutazione approfondita nei gradi di merito, e quindi la condanna al risarcimento del danno è rimasta valida.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame consolida un importante principio relativo al reato di oltraggio: la tutela del pubblico ufficiale e della Pubblica Amministrazione si attiva non solo quando un’offesa viene udita, ma già quando viene proferita in un contesto tale da renderla potenzialmente udibile da terzi. Questa interpretazione estende la protezione della norma, riconoscendo che il turbamento e la lesione al prestigio della funzione pubblica si verificano nel momento stesso in cui l’ufficiale è costretto a operare in un ambiente ostile e delegittimante. La decisione funge da monito: le offese rivolte a un pubblico ufficiale in un luogo pubblico possono avere conseguenze penali e civili, indipendentemente dal fatto che qualcuno abbia teso l’orecchio.
Per configurare il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, è necessario che le persone presenti abbiano effettivamente sentito le offese?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non è richiesto che le espressioni offensive siano state udite. È sufficiente che vi fosse la concreta possibilità che potessero essere sentite dai presenti.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché la tesi del ricorrente era contraria a un principio di diritto consolidato. Inoltre, la questione relativa alla presenza di più persone, implicando accertamenti di fatto, non poteva essere introdotta per la prima volta in Cassazione non essendo stata sollevata in appello.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 c.p.p., la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata determinata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6155 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6155 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/03/2023 della CORTE APPELLO di ROMA dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il motivo unico dedotto dal ricorrente è manifestamente infondato considerato che per integrare il reato di oltraggio non è richiesto che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale devono essere udite dai presenti: basta che possano esserlo perché già questa potenzialità è un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione di cui fa parte, ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez. 6, n. 15440 del 17/03/2016, Rv. 266546);
ritenuto, peraltro, che la questione della presenza di più persone non è stata devoluta neppure con i motivi di appello, sicché implicando accertamenti di fatto non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, mentre per quanto riguarda la conferma delle statuizioni civili a seguito della prescrizione del reato essa è stata oggetto di una valutazione approfondita dei motivi di appello in punto di accertamento della responsabilità aquiliana (art. 2043 cod. civ.);
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH
Il Presid nte