Reato di oltraggio: la Cassazione conferma che basta la sola possibilità che le offese siano udite
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di reato di oltraggio a pubblico ufficiale. La sentenza chiarisce che per integrare il delitto non è indispensabile che le frasi offensive siano state concretamente percepite dai presenti, essendo sufficiente la mera potenzialità che ciò avvenisse. Questa decisione sottolinea come la tutela del prestigio della pubblica amministrazione e la serenità del funzionario prevalgano sulla prova dell’effettiva audizione.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso presentato da un cittadino avverso la sentenza della Corte di Appello che lo aveva condannato per il reato di oltraggio. L’imputato aveva articolato il suo ricorso in diversi motivi, sostenendo, tra l’altro, la genericità delle accuse, l’insussistenza degli elementi costitutivi del reato, una presunta incapacità di intendere e di volere al momento del fatto e il mancato riconoscimento di ulteriori circostanze attenuanti.
Il ricorrente contestava in particolare che le sue espressioni offensive fossero state rivolte al pubblico ufficiale in un contesto tale da non poter essere udite da terze persone, facendo così mancare, a suo dire, uno degli elementi essenziali del reato.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando tutte le doglianze sollevate. La decisione si fonda su una valutazione di manifesta infondatezza e genericità dei motivi di appello. Oltre a respingere le questioni di fatto, già adeguatamente esaminate nei precedenti gradi di giudizio, e le argomentazioni sulla non imputabilità, la Corte si è soffermata sul punto cruciale della visibilità e udibilità dell’offesa.
Conseguentemente, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della cassa delle ammende.
Le Motivazioni: Analisi del Reato di Oltraggio
Il cuore dell’ordinanza risiede nella motivazione relativa al secondo motivo di ricorso. I Giudici di legittimità hanno chiarito che, per la configurazione del reato di oltraggio, non è richiesto che i presenti abbiano effettivamente udito le espressioni offensive. È sufficiente che esista la possibilità concreta che le parole potessero essere udite.
La Corte spiega che questa “potenzialità” è di per sé un “aggravio psicologico” per il pubblico ufficiale, capace di compromettere la sua prestazione e di disturbarlo mentre compie un atto del suo ufficio. L’offesa, anche se solo potenzialmente pubblica, crea condizioni avverse per il funzionario e per la pubblica amministrazione che egli rappresenta, andando oltre il normale contesto operativo. Viene richiamato un precedente consolidato (Sez. 6, n. 15440 del 17/03/2016), a conferma di un orientamento giurisprudenziale stabile.
Per quanto riguarda gli altri motivi, la Cassazione li ha ritenuti generici: il primo perché riproponeva questioni di fatto, il terzo perché la Corte d’Appello aveva già motivato adeguatamente sull’assenza di vizi di imputabilità, e l’ultimo perché le attenuanti generiche erano già state concesse in primo grado in misura equivalente alle aggravanti.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame consolida un’interpretazione rigorosa della norma sull’oltraggio a pubblico ufficiale. L’implicazione pratica è chiara: chiunque offenda un pubblico ufficiale in un luogo pubblico e alla presenza di altre persone rischia una condanna, a prescindere dal fatto che i passanti o i presenti fossero distratti o non abbiano prestato attenzione. La legge non protegge solo l’onore del singolo funzionario, ma anche e soprattutto il prestigio e il corretto funzionamento della Pubblica Amministrazione, che vengono minati dalla semplice potenzialità che l’offesa diventi di dominio pubblico.
Per configurare il reato di oltraggio è necessario che qualcuno abbia effettivamente sentito le offese?
No, secondo la Corte di Cassazione non è necessario. È sufficiente che le espressioni offensive potessero essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico per il pubblico ufficiale e compromette la sua funzione.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti generici o manifestamente infondati. In particolare, il ricorrente ha riproposto questioni di fatto già valutate, ha sollevato dubbi sull’integrazione del reato già chiariti dalla giurisprudenza e ha contestato aspetti (come l’imputabilità e le attenuanti) su cui i giudici di merito avevano fornito adeguata motivazione.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35764 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35764 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo dedotto dal ricorrente è generico perché ripropone questioni di fatto già adeguatamente valutate nel giudizio di merito;
ritenuto che il secondo motivo è manifestamente infondato considerato che per integrare il reato di oltraggio non è richiesto che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale devono essere udite dai presenti: basta che possano esserlo perché già questa potenzialità è un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione di cui fa parte, ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez. 6, n. 15440 del 17/03/2016, Rv. 266546);
ritenuto con riferimento al terzo motivo, che contrariamente a quanto si assume nel ricorso, la Corte di appello di Palermo ha fornito adeguata motivazione in relazione alla verifica della insussistenza di cause di non punibilità per difetto di imputabilità;
ritenuto che e le deduzioni sviluppate nell’ultimo motivo di ricorso in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche sono affette da genericità perché, seppure, in equivalenza alle aggravanti, le attenuanti generiche erano state già concesse in primo grado;
rilevato che dalla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in euro 3000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno il 9 settembre 2024
Il Consi liere estensore
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Il Presidente