LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Reato di molestie: insulti e dispetti tra vicini

Una donna è stata condannata per il reato di molestie per aver ripetutamente insultato la vicina e averle gettato addosso una secchiata d’acqua sporca. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, rigettando il ricorso. La Corte ha chiarito che la condotta, essendo reiterata, non può essere considerata di particolare tenuità e integra pienamente il reato di molestie, distinguendolo dal mero getto pericoloso di cose, proprio a causa della petulanza e del biasimevole motivo che anima le azioni.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Molestie: Insulti e Secchiate d’Acqua tra Vicini, la Decisione della Cassazione

Le liti condominiali possono facilmente degenerare, ma quando un comportamento insistente e fastidioso supera il limite della civile convivenza? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12189 del 2024, offre un chiaro esempio di come una serie di dispetti tra vicini possa integrare il reato di molestie previsto dall’art. 660 del codice penale. Questo caso analizza la differenza tra un singolo atto di disturbo e una condotta persecutoria reiterata, delineando i confini della responsabilità penale.

I Fatti del Caso: Più di una Semplice Lite Condominiale

La vicenda giudiziaria nasce da una situazione di forte tensione tra due vicine di casa. Una di esse è stata condannata dal Tribunale per aver arrecato molestie alla vicina in più occasioni. Le condotte contestate non si limitavano a un singolo episodio, ma includevano:

* Insulti ripetuti: La persona offesa veniva frequentemente apostrofata con epiteti offensivi come “lorda e bastarda”.
* Un gesto eclatante: In un’occasione, la vicina del piano superiore ha gettato un’intera secchiata d’acqua sporca sulla vittima che si trovava sul suo balcone.

Questi episodi si inserivano in un contesto di litigiosità pregressa, già oggetto di contese civili e procedimenti penali. La prova della responsabilità si fondava sulle dichiarazioni della persona offesa e di altri testimoni, corroborate da un video che documentava il getto d’acqua.

L’Appello in Cassazione: i Motivi della Difesa

L’imputata ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su quattro punti principali:

1. Errata qualificazione del reato: La difesa sosteneva che il getto d’acqua dovesse essere classificato come “getto pericoloso di cose” (art. 674 c.p.) e non come molestia, in quanto mancava l’elemento della “petulanza” o del “biasimevole motivo” richiesto dall’art. 660 c.p.
2. Violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza: Collegato al primo punto, si lamentava che la condanna per molestie non corrispondesse alla reale natura dei fatti.
3. Mancato riconoscimento della “particolare tenuità del fatto”: In via subordinata, si chiedeva l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che l’episodicità della condotta e l’esiguità del danno giustificassero la non punibilità.
4. Mancanza di motivazione sulle spese civili: Si contestava la condanna al pagamento delle spese legali in favore della parte civile, ritenendola non adeguatamente motivata.

Il Reato di Molestie e la Decisione della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in ogni suo punto, confermando la condanna. Le motivazioni della Corte sono fondamentali per comprendere la corretta applicazione del reato di molestie.

Distinzione tra Molestie (Art. 660 c.p.) e Getto di Cose (Art. 674 c.p.)

La Corte ha sottolineato come la difesa si sia concentrata erroneamente solo sull’episodio della secchiata d’acqua, ignorando il quadro complessivo. Il capo d’accusa, infatti, faceva esplicito riferimento anche ai reiterati episodi di insulti. Proprio questa pluralità di azioni dimostra la sussistenza della “petulanza o altro biasimevole motivo” che caratterizza il reato di molestie. La Corte ha ribadito che i due reati tutelano beni giuridici diversi: la tranquillità pubblica (art. 660) e la sicurezza delle persone (art. 674).

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il motivo relativo all’art. 131-bis è stato giudicato infondato. Secondo un orientamento consolidato della Cassazione, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può essere applicata quando la condotta tipica del reato di molestia è reiterata. La pluralità di episodi (insulti, getto d’acqua) è intrinsecamente incompatibile con il concetto di “tenuità”, che presuppone un’offesa minima e un comportamento non abituale.

La Liquidazione delle Spese Civili

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo sulle spese civili, in quanto generico. Il giudice non è tenuto a fornire una motivazione dettagliata sulla liquidazione delle spese se si attiene ai valori medi previsti dalle tabelle ministeriali.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha basato la sua decisione su principi chiari. In primo luogo, ha evidenziato che per valutare la sussistenza del reato di molestie, non si deve isolare un singolo atto, ma analizzare l’intera condotta dell’agente. La ripetizione di insulti e dispetti è la chiave per identificare la “petulanza” e il “biasimevole motivo” che la legge richiede. In secondo luogo, ha confermato che la reiterazione delle condotte ostacola l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, poiché la serialità del comportamento esclude di per sé la sua lieve entità complessiva. La decisione riafferma l’importanza di tutelare la tranquillità pubblica da comportamenti insistenti e vessatori che, pur essendo composti da atti singolarmente non gravi, nel loro insieme creano un disturbo penalmente rilevante.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre un importante monito: le liti tra vicini, se caratterizzate da una serie di azioni offensive e di disturbo, possono integrare a tutti gli effetti il reato di molestie. Non è possibile difendersi analizzando ogni singolo episodio in modo isolato. La giustizia penale, in questi casi, valuta il quadro d’insieme, riconoscendo che la ripetizione di dispetti è proprio ciò che rende la condotta intollerabile e meritevole di sanzione. La decisione chiarisce inoltre che la strada della “particolare tenuità del fatto” è preclusa a chi adotta comportamenti molesti in modo continuativo, anche se di modesta entità.

Qual è la differenza tra il reato di molestie (art. 660 c.p.) e quello di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.) in un contesto di liti tra vicini?
La differenza fondamentale risiede nel bene giuridico tutelato e negli elementi del reato. Il getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.) protegge la sicurezza pubblica da oggetti che possono offendere, imbrattare o molestare. Il reato di molestie (art. 660 c.p.) tutela invece la tranquillità pubblica e richiede un elemento soggettivo specifico: la “petulanza o altro biasimevole motivo”. Come chiarito dalla sentenza, la presenza di insulti reiterati, unita al getto d’acqua, qualifica il tutto come molestia, in quanto rivela un’intenzione fastidiosa e insistente.

Quando un comportamento è reiterato, si può ancora invocare la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può trovare applicazione in relazione al reato di molestia quando la condotta è reiterata. La pluralità di azioni (in questo caso, plurimi episodi di ingiurie e il getto d’acqua) è incompatibile con il requisito della tenuità dell’offesa.

Un singolo episodio di disturbo, come gettare una secchiata d’acqua, è sufficiente per configurare il reato di molestie?
La sentenza chiarisce che il reato di molestie è stato configurato non solo per il getto d’acqua, ma per la combinazione di tale gesto con i “reiterati episodi di insulti proferiti”. La difesa ha errato nel focalizzarsi esclusivamente sull’episodio singolo, mentre l’accusa e la condanna si basavano sulla pluralità e ripetitività delle condotte vessatorie, che nel loro insieme integrano il requisito della “petulanza”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati