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Reato di molestia: SMS offensivi e Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per il reato di molestia a seguito dell’invio di messaggi telefonici. La Corte ha stabilito che una stessa condotta può integrare sia la molestia sia l’ingiuria (reato ormai abrogato), poiché tutelano beni giuridici diversi. Inoltre, ha ribadito che per il reato di molestia non è richiesta la necessaria abitualità della condotta, essendo sufficienti anche pochi episodi.

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Pubblicato il 28 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Molestia via SMS: Quando è anche Ingiuria?

L’invio insistente di messaggi dal contenuto offensivo integra il reato di molestia anche se l’ingiuria, di per sé, non è più un illecito penale. Con l’ordinanza n. 24177 del 2024, la Corte di Cassazione torna a delineare i confini di questa fattispecie, chiarendo importanti aspetti sulla coesistenza con l’ingiuria e sul requisito dell’abitualità. Approfondiamo l’analisi di questa decisione.

I Fatti di Causa e il Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di merito per il reato di molestia o disturbo alle persone. Il ricorrente, tramite il suo difensore, aveva basato la sua impugnazione su tre argomenti principali:

1. Riqualificazione del fatto: Si sosteneva che la condotta dovesse essere inquadrata nel reato di ingiuria (ora abrogato), data la natura offensiva dei messaggi inviati.
2. Insussistenza del motivo biasimevole: Si contestava la presenza di un movente riprovevole, elemento costitutivo del reato.
3. Mancanza di abitualità: Si deduceva che, per configurare la molestia, fosse necessaria una condotta abituale e non episodica.

Il Reato di Molestia e la distinzione con l’Ingiuria

Il punto centrale del ricorso riguardava la possibilità di considerare i messaggi telefonici come una forma di ingiuria, ormai depenalizzata, piuttosto che come molestia. La Suprema Corte ha respinto nettamente questa tesi, richiamando un suo precedente consolidato (Sent. n. 21158/2007). Secondo gli Ermellini, non esiste un rapporto di specialità tra le due fattispecie. Essi tutelano beni giuridici diversi: la molestia protegge la quiete e la tranquillità pubblica e privata, mentre l’ingiuria tutelava l’onore e il decoro della persona.

Di conseguenza, una medesima condotta, come l’invio insistente di SMS con contenuto ingiurioso, è perfettamente in grado di integrare entrambi i reati. La depenalizzazione dell’ingiuria non esclude quindi la rilevanza penale del fatto sotto il profilo del reato di molestia.

Il Reato di Molestia: Motivo e Abitualità

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili gli altri due motivi di ricorso. La valutazione sulla sussistenza o meno di un “biasimevole motivo” è una questione di fatto, il cui esame è precluso in sede di legittimità. La Cassazione, infatti, non può rivalutare le prove e le circostanze del caso, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Anche l’argomento sulla necessità dell’abitualità della condotta è stato ritenuto infondato. La giurisprudenza di legittimità (Sent. n. 3758/2014) ha già chiarito che il reato di molestia è solo eventualmente abituale. Ciò significa che non è richiesta una serie indeterminata di azioni, ma possono essere sufficienti anche poche condotte intrusive, come nel caso di specie, dove i messaggi molesti erano stati più di uno.

le motivazioni della Corte di Cassazione

Sulla base di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Le argomentazioni del ricorrente sono state giudicate manifestamente infondate. In primo luogo, la tesi della riqualificazione in ingiuria si scontra con la consolidata giurisprudenza che ammette il concorso tra i due reati. In secondo luogo, la richiesta di una nuova valutazione sul motivo della condotta esula dai poteri della Corte. Infine, la deduzione sulla necessaria abitualità non è conforme all’orientamento giurisprudenziale che considera il reato configurabile anche con un numero limitato di azioni.

le conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la tranquillità personale è un bene giuridico tutelato autonomamente. L’invio di messaggi insistenti, anche se dal contenuto “solo” offensivo, può superare la soglia dell’illecito civile (l’ex ingiuria) per configurare il reato di molestia. La decisione conferma che per la sussistenza del reato non è necessaria una persecuzione continua, ma bastano poche azioni, purché siano idonee a recare disturbo per petulanza o altro biasimevole motivo. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Uno stesso comportamento può costituire sia reato di molestia che ingiuria?
Sì. La Corte di Cassazione ha affermato che una singola condotta, come l’invio di SMS offensivi, può integrare sia il reato di molestia che l’ingiuria (quest’ultima oggi depenalizzata). Questo perché le due norme proteggono beni giuridici diversi (la quiete pubblica/privata per la molestia, l’onore per l’ingiuria) e non sussiste tra loro un rapporto di specialità.

Per configurare il reato di molestia è necessario un comportamento ripetuto a lungo nel tempo?
No. La Corte ha ribadito che il reato di molestia è solo “eventualmente abituale”. Ciò significa che non è richiesta una condotta protratta nel tempo, ma possono essere sufficienti anche poche azioni, purché realizzate per petulanza o altro biasimevole motivo. Nel caso specifico, più di un messaggio molesto è stato considerato sufficiente.

La Corte di Cassazione può riesaminare le motivazioni di un’azione per decidere se sono biasimevoli o meno?
No. La valutazione sull’esistenza di un “biasimevole motivo” è una questione di fatto, la cui analisi spetta ai giudici di merito (Tribunale, Corte d’Appello). La Corte di Cassazione, in sede di legittimità, può solo controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, ma non può riesaminare i fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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