Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 44745 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 44745 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME NOME nato a Catania il 19 ottobre 1973;
avverso la sentenza del 28 febbraio 2024 della Corte d’appello di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; letta la memoria depositata il 2 ottobre 2024, dall’avv. NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME parte civile costituita, con la quale si chiede dichiararsi il ricorso inammissibile o rigettarlo.
RITENUTO IN FATTO
Oggetto dell’impugnazione è la sentenza con la quale la Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la condanna di NOME COGNOME per i delitti di
tentate lesioni aggravate e minaccia grave, rideterminando il trattament sanzionatorio.
Il ricorso, proposto dall’imputato, si articola in tre motivi d’impugnazione.
Con il primo si deduce la nullità della sentenza per violazione del diritto difesa e la mancata assunzione di una prova decisiva. Il Tribunale avrebbe ignorato, senza alcuna giustificazione, tutte le prove proposte dalla dife precedentemente ammesse, allorché, mutato l’organo giudicante, non sono state più prese in considerazione. E la Corte d’appello ha rigettato la richiest rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale sul presupposto della riten completezza dell’istruttoria. Da ciò il vulnus per le prerogative difensive e la conseguente nullità della sentenza.
Con il secondo motivo si deducono violazione di legge e vizio di motivazione. Da un canto, non sarebbe stato effettuato un vaglio critico sull’attendibilità persone offese, dall’altro, per la particolare modalità della condotta ascrivi all’imputato e in ragione dell’intenzionalità dell’azione, l’ipotizzato tentativ sarebbe compatibile con il delitto di lesioni. D’altronde, l’aver scagliato piantina di plastica di pochi grammi non avrebbe potuto avere alcun intento lesivo, nemmeno sotto il profilo del dolo generico.
Il terzo motivo, in ultimo, attiene al reato di minaccia e deduce – alla luce contesto all’interno delle quali sono state profferite (una lite condominiale) e d assoluta genericità del male prospettato – la radicale inidoneità delle f pronunciate ad intimorire il soggetto passivo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Quanto al primo motivo di censura, questa Corte ha già avuto modo di precisare come la parte che intende censurare con ricorso per cassazione l’ordinanza del giudice che, all’esito dell’istruttoria, abbia revocato una p testimoniale già ammessa è tenuta, in ossequio al principio di specificità di all’ 581, comma primo, lett. c). cod. proc. pen., a spiegare il livello di decisività prove testimoniali che il giudice ha ritenuto superflue (Sez. 6, n. 5673 19/12/2011, dep. 2012, Rv. 252581). E, in concreto, il ricorrente non ha dedotto le specifiche circostanze (in ipotesi decisive) sulle quali il teste avrebbe do riferire. Onere che non può ritenersi soddisfatto attraverso il semplice riferimen contenuto nella lista testimoniale depositata, ai “fatti di causa” (Sez. 1, n. del 21/01/2022, Rv. 282915); tanto più che non risultava la presenza dei test / e, indicati all’episodio in contestazione.
Sotto altro parallelo profilo, poi, l’eventuale nullità conseguente ad un’asserita illegittimità del provvedimento di revoca, deve ritenersi sanata in quanto non immediatamente eccepita dopo il provvedimento di revoca (Sez. 3, n. 8159 del 26/11/2009, dep. 2010, Rv. 246255).
In ultimo, la prova decisiva, la cui mancata assunzione può essere dedotta in sede di legittimità a norma dell’art. 606, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., deve avere per oggetto un fatto certo nel suo accadimento e non può consistere in un mezzo di tipo dichiarativo, il cui risultato, invece, è destinato ad essere vagliato e confrontato con gli altri elementi di prova acquisiti al fine di prospettare l’ipotesi di un astratto quadro storico valutativo favorevole al ricorrente (Sez. 5, n. 37195 del 11/07/2019, D., Rv. 277035).
Ugualmente indeducibili sono le censure sollevate con il secondo motivo di ricorso.
La doglianza con la quale si censura il vaglio di attendibilità delle persone offese è, da un canto, generica (in quanto formulata in termini oggettivamente essertivi), dall’altra, manifestamente infondata, alla luce dell’ampia e dettagliata disamina prospettata dalla Corte territoriale (cfr. pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata).
Il profilo della compatibilità del tentativo con il delitto di lesioni non era stato dedotto in appello e dunque non è valutabile in questa sede. In ogni caso, è manifestamente infondato. Il delitto di lesioni volontarie richiede un dolo generico, consistente nella consapevolezza che la propria azione provochi o possa provocare danni fisici alla vittima; non occorre, al contrario, che la volontà dell’agente sia diretta alla produzione di determinate conseguenze lesive (Sez. 5, n. 17985 del 09/01/2009, COGNOME, Rv. 243973). E ciò rende del tutto eccentrica la prospettazione difensiva.
Quanto, in ultimo, alla prospettata inidoneità della condotta contestata ad incidere sulla libera determinazione della persona offesa (terzo motivo di ricorso), è sufficiente ribadire che, ai fini dell’integrazione del delitto di cui all’art. 612 co pen. – che ha natura di reato di pericolo – non è necessario che il turbamento psichico si verifichi in concreto e, quindi, che la persona offesa si senta, effettivamente, intimidita. È sufficiente che la minaccia sia anche solo potenzialmente idonea (secondo un criterio medio ed in relazione alle concrete circostanze del fatto) a cagionare effetti intimidatori sul soggetto passivo (Sez. 5, n. 644 del 06/11/2013, dep. 2014, Rv. 257951; Sez. 5, n. 9392 del 16/12/2019, dep. 2020, Rv. 278664). E la Corte territoriale ha dato atto non solo dell’entità del turbamento psichico e del tenore delle espressioni verbali profferite, ma anche del
contesto nel quale tali condotte sono state poste in essere. A fronte di ciò, le censure difensiva, da un canto, riproducono gli stessi argomenti già prospettati nell’atto di appello (ai quali la Corte territoriale ha dato risposte adeguate e argomentate, esaustive in fatto e corrette in diritto), senza prospettare profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, dall’altro, sollecitano una diversa valutazione del materiale probatorio, dimenticando che il controllo di legittimità sulla motivazione non attiene alla ricostruzione dei fatti, né all’apprezzamento che di essi ne fa il giudice di merito, ma alla sola verifica della non (manifesta) illogicità della motivazione e della sua coerenza con i dati processuali richiamati.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile che liquida in complessivi euro 3.500,00, oltre accessori di legge.
Così deciso il 11 ottobre 2024
Il Cons ler- est: .ore