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Reato di maltrattamenti: quando non si configura

La Corte di Cassazione ha annullato una condanna per il reato di maltrattamenti, stabilendo che tale delitto non è configurabile per condotte avvenute dopo la cessazione della convivenza. La Suprema Corte ha precisato che, in assenza di un rapporto di coabitazione, eventuali comportamenti persecutori devono essere valutati nell’ambito del reato di stalking (art. 612-bis c.p.), in ossequio al principio di tassatività della legge penale.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di maltrattamenti: la Cassazione traccia il confine con lo Stalking

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 29928/2025, offre un chiarimento fondamentale sulla differenza tra il reato di maltrattamenti e quello di atti persecutori (stalking). Il caso analizzato riguarda la condanna di un uomo per maltrattamenti ai danni della sua ex compagna, anche per il periodo successivo alla fine della loro convivenza. La Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha stabilito un principio cardine: senza convivenza, non può esserci maltrattamento ai sensi dell’art. 572 c.p.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato ritenuto colpevole del delitto di maltrattamenti per una serie di condotte vessatorie nei confronti della sua ex partner. La Corte d’Appello aveva confermato la condanna, includendo nel perimetro del reato anche i comportamenti tenuti dall’uomo dopo che la relazione e la coabitazione erano terminate. Il ricorso in Cassazione si è fondato proprio su questo punto: l’errata applicazione della norma incriminatrice a un contesto fattuale che non ne rispettava più i presupposti.

La Decisione della Corte: Annullamento con Rinvio

La Sesta Sezione Penale della Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, rinviando il caso a un’altra sezione della Corte d’Appello per un nuovo giudizio. La decisione si basa su una rigorosa interpretazione della legge penale, volta a tutelare il principio di legalità e tassatività sancito dall’art. 25 della Costituzione.

Le Motivazioni: il confine tra maltrattamenti e stalking

Le motivazioni della sentenza sono cruciali per comprendere la distinzione tra le due fattispecie di reato. La Corte sottolinea che il reato di maltrattamenti, previsto dall’art. 572 del codice penale, presuppone necessariamente un rapporto qualificato tra l’autore e la vittima, come un legame familiare o una relazione di convivenza. Questo legame crea una posizione di supremazia o di affidamento che viene abusata attraverso condotte vessatorie abituali.

Quando la convivenza cessa, viene meno il presupposto fondamentale del reato. Le eventuali condotte persecutorie successive, pur essendo penalmente rilevanti, non possono più essere qualificate come maltrattamenti. Esse devono, invece, essere valutate alla luce di un’altra norma: l’art. 612-bis c.p., che punisce gli atti persecutori (stalking). Questa norma, infatti, è stata introdotta proprio per coprire quelle situazioni in cui le molestie e le minacce reiterate provochino un grave stato d’ansia o di paura nella vittima, a prescindere dall’esistenza di una convivenza.

La Corte richiama anche un intervento della Corte Costituzionale, ribadendo che in materia penale è vietata qualsiasi interpretazione analogica in malam partem, ovvero un’interpretazione che estenda l’applicazione di una norma a sfavore dell’imputato oltre il suo significato letterale. Applicare l’art. 572 c.p. a un ex convivente costituirebbe una violazione di tale divieto.

Le Conclusioni: l’importanza della corretta qualificazione giuridica

La sentenza in esame riafferma con forza un principio di civiltà giuridica: la necessità di rispettare la lettera della legge penale per garantire la certezza del diritto. La distinzione tra reato di maltrattamenti e stalking non è un mero formalismo, ma risponde a logiche e beni giuridici differenti. La decisione della Cassazione impone ai giudici di merito un’attenta valutazione del contesto relazionale in cui si inseriscono le condotte. Per il periodo successivo alla cessazione della convivenza, la condotta dell’imputato dovrà essere nuovamente esaminata per verificare se essa integri gli estremi del reato di stalking, con tutte le conseguenze che ne derivano anche in termini di rideterminazione della pena.

È possibile essere condannati per maltrattamenti verso un ex partner dopo la fine della convivenza?
No, la sentenza chiarisce che il reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.) presuppone un rapporto di convivenza o familiare. Una volta cessata la convivenza, tale reato non è più configurabile per le condotte successive.

Quale reato si configura per le condotte persecutorie dopo la fine di una relazione?
Le condotte persecutorie o moleste commesse dopo la fine della convivenza possono integrare il reato di atti persecutori (stalking), previsto dall’art. 612-bis del codice penale, ma non quello di maltrattamenti.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza precedente?
La Corte ha annullato la sentenza perché il giudice precedente ha erroneamente applicato la norma sul reato di maltrattamenti a un periodo in cui la convivenza tra le parti era già terminata, violando il principio di tassatività della legge penale, che vieta interpretazioni estensive a sfavore dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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