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Reato di lieve entità: quantità e modalità contano

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Corte ha stabilito che per la configurazione del reato di lieve entità non basta valutare la sola quantità di droga, ma occorre considerare anche le modalità organizzative dell’attività, come l’allestimento di una piantagione in un appartamento dedicato, che escludono la minore gravità del fatto.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato di Lieve Entità: Quando Quantità e Modalità Escludono l’Ipotesi Meno Grave

L’applicazione della fattispecie del reato di lieve entità in materia di stupefacenti è spesso al centro di dibattiti giudiziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale: la valutazione non può fermarsi al solo dato quantitativo della sostanza. Con l’ordinanza in esame, la Suprema Corte ha chiarito che le modalità organizzative dell’attività illecita sono un elemento decisivo per escludere la minore gravità del fatto.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo a un anno e un mese di reclusione e 4.000 euro di multa, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato era stato ritenuto colpevole di un reato legato agli stupefacenti. Nello specifico, le indagini avevano portato alla scoperta non solo di un ingente quantitativo di droga (oltre 500 dosi medie di marijuana e 146 di hashish), ma anche di una vera e propria attività produttiva. L’uomo, infatti, aveva affittato un appartamento con l’unico scopo di allestirvi una piantagione di cannabis, completa di bilancini di precisione e materiale per il confezionamento delle dosi.

Il Ricorso in Cassazione e la questione del reato di lieve entità

L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge. La sua difesa si basava su un unico motivo: i giudici di merito avrebbero dovuto qualificare il fatto come reato di lieve entità ai sensi del comma 5 dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990, anziché applicare la più grave fattispecie del comma IV. Secondo il ricorrente, la valutazione si sarebbe basata esclusivamente sul dato ponderale (la quantità) dello stupefacente, senza considerare altri aspetti.

La Posizione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha respinto tale tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno sottolineato come la decisione della Corte territoriale fosse del tutto corretta e priva di vizi logici o giuridici. La valutazione per stabilire la gravità del reato non può essere parziale e limitata alla sola quantità di droga.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha chiarito che l’esclusione del reato di lieve entità era ampiamente giustificata da una serie di elementi che, complessivamente, delineavano un quadro di notevole gravità. Gli elementi decisivi sono stati:

1. Quantità e Qualità: Il numero di dosi ricavabili (oltre 650 in totale tra marijuana e hashish) era già di per sé un indicatore rilevante.
2. Modalità dell’Azione: L’aspetto più significativo era l’organizzazione dell’attività. L’aver affittato un immobile appositamente per coltivare lo stupefacente dimostra una pianificazione e una professionalità che mal si conciliano con un’ipotesi di lieve entità.
3. Strumentazione: La presenza di bilancini di precisione e materiale per il confezionamento confermava che non si trattava di una detenzione per uso personale o di un’attività sporadica, ma di un’operazione strutturata e finalizzata allo spaccio.

In sostanza, la Corte ha ribadito che la valutazione deve essere globale e deve tenere conto di tutti gli indici previsti dalla norma, quali i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità e qualità delle sostanze.

Le Conclusioni: un Criterio di Valutazione Olistico

Questa ordinanza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui un’analisi meramente quantitativa è insufficiente per qualificare un fatto come reato di lieve entità. È l’insieme della condotta a determinare la gravità del reato. L’aver allestito una vera e propria base logistica e produttiva è un elemento che, di per sé, può escludere l’applicazione della norma più favorevole, anche a fronte di quantitativi non eccezionali. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro alla Cassa delle ammende.

Per definire un reato di spaccio come ‘reato di lieve entità’ è sufficiente considerare solo la quantità di droga?
No, secondo la Corte di Cassazione non è sufficiente. La valutazione deve includere anche la qualità della sostanza, le modalità di produzione, i mezzi utilizzati e le circostanze dell’azione, delineando un quadro complessivo della condotta.

Quali elementi specifici hanno portato i giudici a escludere il reato di lieve entità in questo caso?
Oltre alla quantità significativa di stupefacente (oltre 500 dosi di marijuana e 146 di hashish), sono state decisive le modalità organizzative: l’aver affittato un appartamento appositamente per allestire una piantagione e la presenza di bilancini di precisione e materiale per il confezionamento.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta che la Corte non esamini il merito della questione perché il ricorso manca dei presupposti richiesti dalla legge. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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