Reato di Lieve Entità: i Criteri della Cassazione per la Punibilità
La qualificazione di un’attività di spaccio come reato di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti non comporta automaticamente l’impunità per il suo autore. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato e facendo chiarezza sui criteri di valutazione che i giudici devono adottare. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i confini tra lieve entità e non punibilità.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello, che aveva confermato la condanna di un individuo per spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, le forze dell’ordine avevano osservato una cessione di droga e, successivamente, avevano sequestrato all’imputato ulteriori 14 dosi di eroina. Nonostante la difesa avesse contestato la ricostruzione dei fatti, i giudici di merito avevano ritenuto provata la responsabilità penale, configurando l’ipotesi del reato di lieve entità.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende. La decisione si fonda su una valutazione di inammissibilità dei motivi di ricorso, ritenuti generici e finalizzati a ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità.
Le Motivazioni: Perché il Reato di Lieve Entità Non Garantisce l’Impunità
Le motivazioni dell’ordinanza offrono spunti cruciali per comprendere la linea interpretativa della Corte. I giudici hanno spiegato perché, pur in presenza di un reato di lieve entità, non fossero applicabili ulteriori benefici per l’imputato.
1. Valutazione Complessiva del Fatto: La Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero correttamente valorizzato sia il dato quantitativo (le 14 dosi sequestrate) sia la condotta di cessione. Questi elementi sono stati ritenuti sufficienti per escludere la riconducibilità del fatto all’uso personale e per negare l’applicazione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62, n. 4 c.p.). Secondo la Corte, le circostanze indicavano l’inserimento dell’imputato in un circuito criminale di medio livello, con la possibilità di conseguire un profitto non trascurabile.
2. L’Esclusione della Non Punibilità (Art. 131-bis c.p.): Il punto centrale della decisione riguarda la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Cassazione ha chiarito che la sua applicazione non è una conseguenza automatica della qualificazione del fatto come reato di lieve entità. I giudici di merito avevano correttamente escluso tale beneficio valorizzando i precedenti specifici dell’imputato in materia di stupefacenti. Questo conferma che la valutazione richiesta dall’art. 131-bis c.p. è autonoma e deve tenere conto della condotta complessiva e della personalità dell’autore del reato.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. La qualificazione di un’ipotesi di spaccio come reato di lieve entità apre la porta a un trattamento sanzionatorio più mite, ma non costituisce una garanzia di impunità. I giudici sono tenuti a svolgere un’analisi completa che includa la quantità e qualità della sostanza, le modalità dell’azione, i precedenti penali e la capacità del reato di generare profitto. La decisione riafferma inoltre un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito dei fatti, ma deve limitarsi a denunciare vizi di legittimità.
Commettere un reato di lieve entità per spaccio garantisce automaticamente la non punibilità?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non è una conseguenza automatica della configurabilità di un reato di lieve entità (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990). I giudici devono valutare concretamente tutti gli elementi, inclusi i precedenti penali dell’imputato.
Quali elementi vengono considerati per escludere l’uso personale e confermare un reato di spaccio, seppur di lieve entità?
La sentenza evidenzia che il dato quantitativo (nel caso specifico, 14 dosi di eroina) e la condotta di cessione (l’atto di vendere la droga) sono elementi correttamente valorizzati dai giudici per escludere l’ipotesi dell’uso personale e confermare il reato di spaccio.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove per ottenere un giudizio diverso sui fatti?
No, il ricorso è stato dichiarato inammissibile proprio perché i motivi erano generici e miravano a un ‘apprezzamento alternativo delle risultanze di prova’. La Corte di Cassazione giudica la corretta applicazione della legge (giudizio di legittimità), non può riesaminare i fatti come un tribunale di primo o secondo grado (giudizio di merito).
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46962 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME nato il 31/08/1979
avverso la sentenza del 19/02/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi di ricorso, concernenti la responsabilità per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/1990, sono generici perché volti all’apprezzamento alternativo delle risultanze di prova essendo stata osservata dagli inquirenti una cessione di droga e conseguente sequestro di ulteriori 14 dosi di stupefacente tipo eroina.
Il dato quantitativo e la condotta di cessione sono state correttamente valorizzate dai giudici del merito sia per escludere la riconducibilità del fatto alla fattispecie dell’uso personale sia l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4 cod. pen. poiché si trattava di circostanze 09 idonee a denotare l’inserimento dell’imputato in un circuito delinquenziale almeno di livello medio e la possibilità di conseguire dall’illecito un profitto tutt’altro che trascurabile, tenuto conto del prezzo medio su strada delle dosi di eroina. I precedenti in materia di stupefacenti sono stati, infine, correttamente valorizzati per escludere l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. che non consegue automaticamente alla configurabilità del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. cit., secondo la corretta interpretazione dei giudici del merito;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 novembre 2024 La consigl’ GLYPH relatrice GLYPH
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