Reato di Lieve Entità: Quando la Coltivazione di Droga Diventa Grave?
La qualificazione di una condotta illecita legata agli stupefacenti come reato di lieve entità è una questione centrale nel diritto penale, poiché comporta una notevole differenza nel trattamento sanzionatorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri utilizzati per escludere tale ipotesi, soffermandosi in particolare sulla quantità della sostanza e sulle modalità organizzate della coltivazione.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un individuo condannato dalla Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73 del Testo Unico Stupefacenti. L’imputato era stato ritenuto responsabile della coltivazione e detenzione di un quantitativo di marijuana superiore a 400 grammi. Nel suo ricorso, l’imputato sosteneva che la sua condotta dovesse essere inquadrata nell’ipotesi attenuata del reato di lieve entità (comma 4 dello stesso articolo) e contestava il diniego delle circostanze attenuanti generiche.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Secondo i giudici, i motivi presentati dall’imputato erano generici e riproponevano censure già correttamente esaminate e respinte nel giudizio di merito. La Corte ha confermato la valutazione della Corte d’Appello, ritenendola giuridicamente corretta e adeguatamente motivata sia sulla qualificazione del reato sia sul trattamento sanzionatorio.
Le Motivazioni: Analisi del Reato di Lieve Entità
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno escluso la configurabilità del reato di lieve entità. La Corte ha sottolineato che la valutazione deve tenere conto di diversi parametri, e nel caso specifico due elementi sono risultati decisivi:
1. La Quantità della Sostanza: Il possesso di oltre 400 grammi di marijuana è stato considerato un dato oggettivo incompatibile con la nozione di “lieve entità”. Un quantitativo simile indica una potenziale offensività che supera la soglia della modesta gravità.
2. Le Modalità Organizzate: La Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato le modalità dell’attività di coltivazione, definite “organizzate”. L’imputato, infatti, era in possesso di strumentazione idonea, un elemento che dimostra una pianificazione e un’intenzione criminale non estemporanee o superficiali. Questa organizzazione è stata ritenuta un indice chiaro della gravità della condotta.
Anche per quanto riguarda il diniego delle circostanze attenuanti generiche, la Cassazione ha ritenuto la motivazione adeguata. Le stesse modalità “organizzate” della coltivazione sono state utilizzate come criterio per escludere la concessione di uno sconto di pena, in quanto rivelano una maggiore intensità del dolo e una preparazione che mal si concilia con un giudizio di minore gravità complessiva del fatto.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per stabilire se un fatto rientri nel reato di lieve entità, il giudice non deve limitarsi a un’analisi meramente quantitativa della sostanza, ma deve condurre una valutazione complessiva di tutte le circostanze del caso concreto. La presenza di un’attività organizzata e l’uso di attrezzature specifiche per la coltivazione sono elementi che, sommati a un quantitativo non irrisorio, possono legittimamente portare a escludere l’ipotesi attenuata. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Perché la coltivazione di oltre 400 grammi di marijuana non è stata considerata un reato di lieve entità?
Perché, oltre al notevole quantitativo, la coltivazione era supportata da modalità “organizzate” e da strumentazione idonea, elementi che, secondo la Corte, sono incompatibili con la nozione di lieve entità.
Quali elementi ha usato la Corte per negare le circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha basato il diniego sulle stesse modalità “organizzate” della coltivazione, ritenendole indicative di una maggiore gravità del fatto e di un’intensità del dolo che non giustificavano una riduzione della pena.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, rendendo definitiva la sentenza di condanna impugnata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47501 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47501 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PATERNO’ il 21/07/1994
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché i motivi dedotti, in punto di responsabilità per il reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990 e di trattamento punitivo, sono generici e riproduttivi di censure adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice del merito valorizzando, ai fini del dolo, le modalità dell’attività di coltivazione, il possesso strumentazione idonea e la detenzione di un quantitativo non compatibile con il fatto di lieve entità (oltre 400 gr. di sostanza tipo marijuana).
Anche sulla determinazione della pena e diniego delle circostanze attenuanti generiche le argomentazioni della sentenza impugnata, che hanno valorizzato le modalità “organizzate” della coltivazione, sono adeguate ed assolvono alla finalità di motivazione con riferimento ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 18 novembre 2024
Il Consigliere é –ensore