Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11889 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11889 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BOLOGNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte dl appello di Bologna ha confermato la sentenza del Tribunale di Bologna del 22 marzo 2021, con cui NOME era stato condannato alla pena complessiva di anni uno di reclusione in relazione ai reati ex artt. 337 cod. pen. e 189, commi 1 e 7, C.d.S..
Il COGNOME ricorre per Cassazione avverso tale sentenza, proponendo due motivi di impugnazione.
2.1. Violazione di legge per difetto del dolo del reato di cui a ll’art. 189 C.d.S..
2.2. Vizio di motivazione per l’ingiustificato diniego delle circostanze attenuanti generiche.
3. Il ricorso è inammissibile.
Con riferimento ad entrambi i motivi di ricorso, da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione logica, la Corte territoriale ha fatto corretto uso dei principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, il reato di fuga previsto dall’art. 189, comma 6, C.d.S. è reato omissivo di pericolo che impone all’agente di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, che sia riconducibile al suo comportamento e che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l’esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza (Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223499; Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009, COGNOME, Rv. 245354; Sez. 6, n. 21414 del 16/02/2010, COGNOME, Rv. 247369).
L’accertamento sull’esistenza del dolo, pertanto, va compiuto in relazione al momento in cui l’agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro (Sez. 2, n. 42744 del 22/09/2021, COGNOME, Rv. 282294; Sez. 4, n. 5510 del 12/12/2012, dep. 2013, Meta, Rv. 254667; Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223500).
Nella sentenza impugnata si è dato conto della circostanza che il NOME, pur essendosi reso conto di aver provocato un incidente suscettibile di aver provocato lesioni a danno di vari soggetti, si era allontanato velocemente, disinteressandosi delle sorti dei presenti.
La difesa dell’imputato, in contrasto coi principi sopra esposti sulla natura del reato in oggetto, si limita a dedurre erroneamente che l’esigenza di un’effettiva necessità di assistenza alle persone ferite rappresenta un elemento costitutivo del reato.
4. In relazione al secondo motivo di ricorso, va osservato che, in tema di circostanze attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché non sia contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell’art. 133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269, fattispecie nella quali la Corte ha ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sentenza a numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, infatti, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli fac riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altr disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 7, Ord. n. 39396 del 27/05/2016, Jebali, Rv. 268475; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826; Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014, NOME, Rv. 259899; Sez. 2, n. 2285 dell’11/10/2004, dep. 2005, Alba, Rv. 230691).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 1:33 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all’uopc sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la Corte di appello, con motivazione lineare e coerente, non ha concesso le circostanze attenuanti generiche alla luce della condotta spregiudicata del ricorrente, che ha posto a rischio la vita dei due passeggeri, degli altri utenti della strada e degli operanti di P.G., costringendoli ad un pericoloso inseguimento.
La difesa non si confronta con tale percorse argomentativo e non indica elementi valutabili in favore dell’imputato.
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 14 marzo 2024.